Gerardo in avenida Indipendencia |
Non so come sia successo. Non ci saranno foto della capitale dell'isola. A volte, prende così. Qualcosa che invischia, non paralizza, ma impedisce. La fotografia, per me, è un mezzo di comunicazione. Un tentativo di contatto. E questo, qui, non è successo. Potrei raccontare metro per metro i miei passi. Santo Domingo ha il dono della immobilità. C'è sempre lo stesso cane steso sul marciapiede sotto l'ultimo albero della rotonda. C'è sempre lo stesso ragazzo dalle basette folte che mi grida dietro: 'Peluquero'. C'è sempre il venditore di quadri con le stesse parole: 'Buen precio'. C'è sempre la stessa, vecchia medicante. Non cambia nemmeno posa. C'è sempre la ragazza con la maglietta rosa e tette colossali: 'Mi amor...'. C'è sempre lo stesso cameriere con i baffi da film yankee sui Caraibi e la pancia che ci prova a contenersi, ma proprio non ce la fa. E il ragazzo che fa una specie di tortilla con queso, pollo che non è pollo e mais, non si è ancora stufato? Marchionne sarebbe fiero di lui, fa gli stessi movimenti almeno mille e seicento volte al giorno. E le tortilla hanno sempre le stesso sapore stupido. Ma costano 70 pesos con una Kora Kola con ghiaccio. Inutile chiedere di non metterlo.
Ma poi c'è Gerardo. Con lui si fanno chiacchiere. Ora è arrivato a offrirmi il caffè in microbicchierini di plastica (scusami, Marinella). Ogni giorno il prezzo della sua vaschetta di frutta scende. Di cinque centesimi. Mi ha fatto perfino credito sulla banana. Ha un camioncino che parcheggia all'angolo del mio albergo. Ogni mattina si sveglia alle tre e quarantacinque, domenica compresa. Va al mercato. Compra la frutta. Alle cinque è qui e si beve un caffè con un guardiano. Fa così da ventun'anni.
'Devo avere capitale da investire per comprare la frutta. Oggi non ce l'ho fatta a comprare i mango. Troppo cari', mi spiega. Ma ha scambiato venti ananas con un commerciante che gli procurava uniforme e quaderni per le due figlie che ancora vanno a scuola. Ci vogliono seimila pesos, mi dice, per mandare a scuola le due. Quasi centoventi euro. Una somma spropositata. 'Senza quei soldi non riesco a comprare la frutta e il lavoro si ferma'. Gerardo mi spiega le regole per vivere in città, mi descrive i tigres, i delinquenti dall'aria torva, mi consiglia di entrare nei bar dove sta seduta almeno una famiglia.
Lui viene dalla loma di Neyba. Conosco quella montagna. I suoi genitori stanno all'Aguacate. Sono stato lassù. Nocca contro nocca, allora. Occhi che si illuminano. Cerca di spiegarmi dove è la loro capanna. Mi dice che ci torna una volta all'anno. Per Semana Santa. Hanno un po' di terra con il caffè. Mi viene da dirgli una bugia: che andrò presto all'Aguacate. Non so perché. E' venuta così.
Sì, ho scattato la sola foto di Santo Domingo a Gerardo.
Santo Domingo, 28 agosto
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