sabato 20 agosto 2011

Dominicana/Adios a Neyba


La piazza de arriba di Neyba


Ecco, i giorni di Neyba stanno per finire. Ne sono già passati venti. Domani andremo verso Nord. Lungo la frontiera. Mi rendo conto di non aver raccontato di questa città. Di non averne fotografie. Se non di qualcuno dei suoi abitanti.

So ben poco di Neyba.

Non sono stato attento. Avevo altro per la testa. So che alla sua banca c’è sempre una coda che dura ore. E nessuno ha capito come si smuove, però c’è l’aria condizionata e le poltroncine sono comode. So che ci sono i succhi di lechosa di Palin dolci di sei cucchiaiate di zucchero: valgono la pena e il vecchio indossa sempre una canottiera bianca. Ha nostalgia di Trujillo. Davanti al supermercato c’è anche l’uomo con gli occhiali gialli che prepara empanada fritte stirando la pasta con una bottiglia. All'angola, la signora del caffé nel thermos.

L'uomo delle empanada


Neyba ha poco meno di 30mila abitanti. Non è nemmeno citata nella Lonely Planet. Non ho visto un solo turista passeggiarvi. E’ uno dei capoluoghi del Sur Profondo dell’isola lontana dal mare. A un’ora dalla frontiera con Haiti. Mi raccontano che è una città conservatrice, ‘perché qui la gente non vuole cambiare’.

I ragazzi aspettano il finesettimana per la discoteca. Non c’è lavoro a Neyba. I dominicani si impigriscono e vivono con le rimesse dei parenti migrati negli Stati Uniti. Altri fanno botella, hanno un qualche impiego pubblico, uno stipendio senza lavorare, dicono le malelingue, che qui non mancano.

I ragazzi passano ore in compulsavi sms. Stanno parlando con te e continuano a mandare sms. Bevono molta birra. A sera si va al centro ricreativo Allà. Fracasso di amplificatore , un inquietante tipo con gli occhiali dalle stanghette rosse e birra Presidente. Nessuno va al bar Retorno. Il suo proprietario deve essere arrabbiato: è sempre vuoto e lui scaraventa nell’aria decibel che fanno vibrare le case di legno.

Il narcotraffico è sottotraccia, ma un ragazzo mi indica le case costruite con i soldi della droga. Che arriva dalla Colombia e transita per qui. I mula, i contrabbandieri della droga, vivono nei paesi dei dintorni.

Mi piace il fatto che un gruppetto di ragazzi sogna un cinema all’aperto e che lo vuole chiamare espacio de ocio.

Nella loma per sfuggire al caldo


Neyba sorge in una piana dal caldo soffocante. Le montagne, le due lomas che chiudono gli orizzonti della piana, sbiadiscono nel caldo. Ma appena ti arrampichi l’aria si fa più fresca e tersa.

L’acqua non è potabile, l’acqua è grande business a Neyba e nell’isola. Viene venduta in bottiglioni a stantuffo. L’elettricità manca ogni giorno per ore. Tutti abbiamo inversores in casa. Ma si inceppano i frigoriferi e i ventilatori. Si bloccano le pompe dell’acqua. Non funzionano le lavatrici. A notte, le strade sono buie come la pece. Non ci sono molte macchine. Qualche Suv dei potenti e una foresta di motorette e motoconchos, mototaxi. Si va in tre in moto. In quattro, per pagare meno e perchè è più divertente. Sono piccole Yamaha o Suzuki truccati. Privi di parafanghi. Quando piove si mettono sistemano foglie di neem sulla ruota posteriore a proteggersi dagli schizzi. I motorini sembrano avere la coda.

Il negozio delle acque sacre


C’è un’infinità di saloni di bellezza. Le donne si sfiniscono nello stirarsi i capelli. Il supermercato è pieno di creme sbiancanti. Una donna ha fatto una 'diversificazione' (ha detto proprio così) e invece di fare il solito colmado, il negozio che vende un po' di tutto, ha messo una bottega di acqua e filtri per le consultas dei brujos. Ho comprato acqua per amore, negocios e acqua florida, non so a cosa serva, ma ha un bel nome.

Ogni negozio ha un suo amplificatore. Bisogna fare fracasso sull'isola. Cosa avrebbero fatto i dominicani senza gli amplificatori.  Per la festa patronale è arrivato un camion-muraglia: tre metri per sette di casse acustiche, se ti avvicini vieni scaraventato dieci metri indietro.

Terra della plastica. La mia amica Marinella fuggirebbe con spavento da questa isola. Si mangia in piatti di plastica con posate di plastica, si beve in bicchieri di plastica, per ogni cosa che compra al mercato ti danno una busta di plastica e non c’è verso di fargli fare altrimenti. Quando arrivano i cicloni disperdono la plastica per ogni strada. Poi, come per miracolo, scompare. Viene nascosta.

Le donne di Botero


La domenica si va fare il bagno nelle acque fredde dello stagno delle Marias. Il mercato è al sabato e al mercoledì. Mercato immutabile. Trovi le stesse donne di Botero agli stessi posti.

A Neyba, ma credo in tutta l’isola, vince l’inseguridad. Si vive nell’ossessione dei ladri, dei violenti, dei tigres. Che, in genere, per voce popolare, sono neri e haitiani. Sono i neri a rubare, a dar retta a tutti quelli con i quali parliamo. I dominicani non mi sembrano bianchi. Si vive asserragliati in case-zoo. Sbarrate da inferriate. Dicono che ti rubano i panni stesi e non puoi avere un orto perché ti portano via i pomodori. L’insicurezza assedia i dominicani e fa marcire la loro anima. Il guardiano dell’ufficio non voleva lasciarci andar via una sera che avevamo fatto tardi e dovevano fare mezzo chilometro al buio.
La nostra casa ha le finestre negate da alte mura. Si vive male con l’insicurezza fra i piedi.

Si sta in veranda. O ai bordi della strada. Seduti su sedie di plastica bianche. Seduti e attenti a non far arrabbiare il caldo. Si sta immobili. A guardare strade dove passa qualche motoconcho. Da cinque giorni passo davanti a un tipo: non l’ho mai visto in altre posizione che seduto con i piedi stesi sulla sella del suo motorino. Immobilità totale. Ci salutiamo con un sorriso leggero. E il solo movimento che gli ho visto fare.
Sull’isola, 19 agosto




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