Il pastore William |
Il pastore William è ecumenico. Uomo carismatico, dalla parole che corrono. La chiesa evangelica è in costruzione: sarà una grande chiesa, a due piani. Nel bateye 9. Un luogo difficile, a sentire i suoi stessi abitanti. La scorsa settimana sono arrivati almeno un centinaio di clandestini, ci dicono nemmeno sottovoce. Haitiani ‘in transito’ verso l’Oriente del paese. Finiranno, in qualche mondo, nei cantieri delle costruzioni. Il bateye 9 è ‘haitiano’. ‘Ci considerano dei cani’, dice Carmen e indica verso il vicino villaggio di bateye 8.
Il culto |
Ma il culto del pastore William è allegro. Quasi tutte donne. Un gruppo di giovani, un po’ di ragazzine in prima fila. Suono di tamburi e guira, una sorta di grattugia dal timbro metallico. Siamo utili a William, usa la nostra presenza per raccontare. ‘Un solo Dio – dice – Ci sono religioni diverse, ma c’è un solo Dio, un solo battesimo, una sola fede, una sola speranza. Il nostra sangue ha lo stesso colore: è rosso’. Lo chiede a noi. Con insistenza. Parole non da poco nel profondo Sud dell’isola lontana dal mare. Qui il razzismo si tocca con mano. Parla e si muove, il pastore William. Ruota attorno al leggio. Non riesce a stare fermo un solo istante.
Ci sono undici congregazioni protestanti e una cinquantina di pastori nei villaggi sorti fra le piantagioni della canna da zucchero. Sorprende la mappa delle religioni in questa pianura soffocata da un sole biancastro. I cattolici hanno una parrocchia e due missionari stranieri. Le chiese protestanti hanno pastori locali. Alcuni di loro sono catechisti cattolici che hanno cambiato chiesa. La potente Organizzazione Non Governativa, Vision Mundial, protestanti (chi vi lavora deve partecipare a incontri teologici), invia i suoi cooperanti nei bateye. A frotte. Finanzia scuole, progetti agricoli ed educativi. Presenza forte. Capillare. I suoi cooperanti vivono nei bateyes e parlano uno strano spagnolo dall'accento gringo. Qui, al bateye 9, c’è una sala con 15 computer. Nessun accesso a internet (per ora). Le storie dei bateyes si raccontano nello spazio di un villaggio accerchiato dalle piantagioni e dai canali di irrigazione.
Bateye 9 |
Una moto con le guardie armate del Consorzio: i due uomini parlano di politica con i vecchi. Uno dei due uomini ha un fucile a pompa. Ma non ha l’aria minacciosa. Ci sono altre due moto: sulle selle le foto di una donna bianca e nuda. I fedeli escono dal culto evangelico. Al lato opposto del villaggio, è finita anche la funzione dei cattolici. Ragazzi giocano a domino sotto l’ombra di un albero. I clandestini aspettano chiusi in una baracca. La catapecchia del sacerdote del voodoo è deserta e cadente: ci dicono che il vecchio ougun è morto. Un altro ragazzo ci dice di essere uno dei maestri a cui il consorzio dà uno stipendio per dare lezioni ai bambini. Anche i piantatori fanno 'il sociale'. Alcune case del bateye 9 sono state costruite con donazioni di un vecchio presidente (è lo stesso che si ricandida alle prossime elezioni), ma nessuno di chi le occupa ha titoli di proprietà o di affitto. C’è un biliardo, un bar. E un’altra ong ha perfino piantato un cartello con la mappa del bateye. Una famiglia si lava nell’acqua lurida del canale di irrigazione. Come raccontare tutto questo?
La casa del pastore William è bella. Una grande windmachine rende piacevole fermarsi nel suo salotto. ‘E’ un grande regalo avervi qui’, dice il pastore. Interessa a qualcuno la normalità di una domenica in un bateye?
Sull’isola, 14 agosto
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