giovedì 18 novembre 2010

Gastronomia



La sorprendente Argentina, passata la devastazione della crisi dell’inizio 2000 (che nessuno qui ha dimenticato), scopre la gastronomia. I ragazzi vogliono fare i cuochi. Alla Poma, solitario paese andino, meno di mille abitanti, Romina, 19 anni, studia gastronomia a Salta, il capoluogo della regione (in effetti le sua milanesa è fra le migliori assaggiate in queste settimane). Leonardo, 25 anni, a Cura Brochero, paese di vacanze popolari delle Sierras cordobesi, vuole andare in giro per il mondo e si prepara studiando la cucina italiana. A Iruya, villaggio delle Ande orientali, quasi sessanta chilometri di strada impervia fuori dalla rotta principale del Nord, abuela Rosa dà corsi di cucina alle ragazze delle montagne. A Cachi, villaggio piccolo e celebre, portico andino, tremila abitanti, conto tre scuole di gastronomia. A Purmamarca e a Molinos, villaggi di turismo andino, vanno di moda gli chef d’autore: mi convincono, qui sulle Ande, a mangiare fettuccine con pesto di avocado e noci (non male, se non fosse per l’olio). Tincho, poco più che trentenne, migrante di ritorno dal mare della Plata al vento delle Ande, scrive un bel libro (in materiali riciclati) sulla cucina andina (ma cucina pizza ed empanada in un forno elettrico). A Susque, mille e ottocento abitanti, ingolfato di camion, dogana fra Cile e Argentina, tremila e cinquecento metri di quota, Gustavo, esperto di carni di lama, sta già preparando il suo viaggio a Torino del 2013 per Terra Madre. Con lui parliamo a lungo di Slow Food. A sera mi prepara una mousse a forma di chiesa coloniale.
Susque, 4 novembre

Nessun commento:

Posta un commento