Il mercato attorno alla Medina di Tripoli. Un anno fa |
Nessuno saprà mai quanti uomini e quante donne hanno perduto la vita nella guerra civile in Libia. Vittime civili di un conflitto che avrebbe dovuto essere disinnescato.
In questa guerra, in Occidente, soprattutto in un paese come l’Italia, hanno perso i pacifisti. Incapaci perfino di balbettare, di prendere posizione, di sostenere idee. Silenziosi e lacerati. Insostenibile schierarsi in difesa di Muammar Gheddafi, responsabile dei campi di prigionia per i migranti africani. Insostenibile schierarsi con le bombe della Nato. Il pacifismo italiano è stato incapace di dire alcunché quando l’esercito di Gheddafi stava per entrare a Bengasi, a marzo, minacciando sanguinose vendette. Ed è stato incapace di organizzare qualsiasi cosa per dire almeno che Tripoli, Beni Walid, Sirte e Sebha avevano diritto, come Misurata, a essere considerate città assediate, con una popolazione civile. Davvero, la Marcia Perugia-Assisi, a fine settembre, diventa rituale e imbarazzante.
Ha perso l’Africa. Gheddafi non è mai stato amato dai leader africani. Ma è stato, fra il 2009 e il 2010, presidente dell’Unione Africana. Tentò un secondo mandato e venne rifiutato con giubilo sotterraneo dei governi africani. I giornali di Addis Abeba, in quei giorni, fecero titoli trionfanti sulla ‘liberazione’ da Gheddafi. Il rais costringeva i capi di stato africani a spossanti riunioni a Sirte. Ma era anche il principale finanziatore dell’Ua: copriva almeno il 15% delle sue spese. Sorreggeva paesi come il Mali o il Burkina-Faso. Lo stesso Mandela è sempre stato grato a Gheddafi per il sostegno alla resistenza dei neri sudafricani negli anni dell’Apartheid. L’Ua era figlia della testardaggini e della demagogia di Gheddafi. Ma i neri non sono mai stati amati in Libia. Maltrattati, ingaggiati per i lavori più umili e pesanti, espulsi a ondate, offesi, uccisi, imprigionati, taglieggiati. Ieri come oggi.
L’Unione Africa non ha saputo prendere alcuna posizione sul conflitto libico. Le sue mediazioni sono state impotenti e risibili. Nessuno ne ha tenuto conto. La sconfitta politica dell’Ua è enorme. L’Africa non riesce a dire niente su una guerra che si svolge sul suo territorio. E, tutt’oggi, ad Addis Abeba si oscilla fra il riconoscimento del Consiglio di Transizione e ‘una antipatia’ di pancia verso ogni cambiamento di regime. Temono per la loro sorte, i governanti africani.
E ora saranno anche i giorni delle vendette. Contro i migranti africani in Libia. Perseguitati per il colore della loro pelle. Fuggiti a centinaia di migliaia. Coloro che non sono riusciti a scappare sono prigionieri in un paese ostile. Ma che, ben presto, ci si renderà conto di non poter fare a meno del lavoro di questa moltitudine di uomini e donne.
I tuareg del Sud saranno le altre vittime dei rancori di questa guerra. A torto o a ragione sono considerati alleati di Gheddafi. In realtà i tuareg pensano a loro stessi. Indubbiamente molti di loro erano e sono militari dello sgangherato esercito di Gheddafi. Furono richiamati fin dal febbraio scorso. Gli arabi del Nord non li hanno mai considerati libici. E hanno anche ragione: molti tuareg del Sud sono migranti delle guerre nei loro paesi, sono maliani e nigerini, ma da decenni vivono nel Sud della Libia. Non hanno documenti, ma singolari permessi di soggiorni che non consentono di tornare nei dimenticati paesi di origine. Molti hanno la pelle scura. Sono pochi: circa ventimila in Libia. I ribelli ancora non controllano Sebha e le oasi del Grande Sud, terra delle famiglie tuareg, ma la caccia è già cominciata. I tuareg non sono civili?
Ha perso il Sahara. Gli arsenali di Gheddafi sono stati svuotati. Armi di ogni genere (dalle mitragliatrici ai missili terra aria) sono scomparsi. Per riapparire nelle oasi nigerine, nei deserti attorno a Kidal in Mali, nei contrafforti dei Tassili algerini. Viaggiano verso la Nigeria o il Centrafrica. Raggiungono il Darfour. Armeranno per anni e anni banditi, contrabbandieri, frammenti di jihad islamica, gente di al-Qaeda, guerriglieri di ogni bandiera.
La guerra civile di Libia è destinata a scomparire dei giornali. Vi riapparirà ogni volta che Gheddafi e i suoi figli dimostreranno di essere ancora vivi. Ma le sue conseguenze su vaste regioni del Nord-africana saranno un’oscenità. E i suoi contraccolpi salperanno dalla sponda Sud del Mediterraneo per raggiungere un’Europa incapace di proporre tentativi di discussione come strumento per risolvere i conflitti.
San Casciano in Val di Pesa, 12 settembre
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