giovedì 29 settembre 2011

Etiopia/Il raglio di un asino ad Ahmed Ela

I rumori raccontano Ahmed Ela, il villaggio dei cavatori della Piana del Sale.

Awa intreccia le foglie di palma per farne stuoie

Raglio di un asino nella notte. Raglio disperato. Prolungato. Senza una apparente ragione. Lamento strappacuore per una disperazione improvvisa. Sobbalzo nel letto. L’animale a bocca aperta protende il collo verso il vuoto. E' l'unico rumore che ora ricordo di Ahmed Ela.
Gli afar camminano senza far rumore. Non ci sono galli ad Ahmed Ela. Qualche cane circola a coda bassa e occhi sconsolati. Bramiti dei cammelli. Si richiamano. Gridano la loro stanchezza. Qualche risata da una capanna. Chiacchiericcio di uomini. Rumori impercettibili. Concerto silenzioso. Gli uomini affilano la piccozza con la quale intagliano le lastre di sale. Si strofina con forza la lama del godmà su una pietra, si riduce l’attrito versando acqua. Strofinio inudibile. Ma se fate attenzione è come se un’orchestra stesse accordano gli strumenti. Ascoltate il fruscio delle mani. Le donne, instancabili, intrecciano le foglie delle palme dum. Fanno stuoie. Non ho mai visto le mani di Medina e di sua figlia Aisha rimanere ferme. Stanno nella capanna e lavorano. Camminano e si portano sulla schiena la treccia delle foglie. Preparano il caffè e la stuoia cresce sotto le loro dita. Le mani hanno gesti automatici ed eterni. L’intreccìo delle donne è un controcanto alle lame degli uomini che slittano sulle pietre lisciate da decenni di un movimento incessante. Come vorrei riconoscere le note che stanno volando nell’aria.

Ahmed affila la lama della sua piccozza


Non ci sono veri rumori ad Ahmed Ela. Fino a quando il sole non tramonta oltre la cordigliera dell’altopiano. E’ il segnale. Mahammuda, allora, tira una corda e il generatore ha il rombo di un aereo. Per due ore la pace di Ahmed Ela è infranta dal rimbombo di un motore fuori giri. Se vedeste gli occhi stupiti dei cavatori davanti alla televisione, sareste disponibili a perdonare questo ruggito meccanico. Facciamo andare anche noi il nostro generatore. E’ come se avessimo dato il via a un concerto tecnho in un monastero benedettino. Due ore di fracasso e poi torna il silenzio assoluto. Fino al raglio dell’asino.
Ahmed Ela, 20 settembre

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