domenica 25 settembre 2011

Etiopia/Il vecchio compagno di Maometto

Il mausoleo di Negash

Mohammed Omar davanti alla tomba di Negash


Ho fatto la domanda stupida. ‘Non ci piace dividerci fra musulmani e cristiani. Siamo qui, viviamo nello stesso paese’. Le parole dello sceicco Mohammed Omar sono un sussurro gentile, ma tagliente. Vorrei rimangiarmi la mia domanda fuori luogo. Negash è un bel posto. Ai confini orientali dell'altopiano etiopico. Terra del Tigray, isola musulmana in una terra di cristiani. I turisti trovano ben poco interessante fermarsi in questo villaggio tigrino lungo la strada fra Makallè e Adigrat. Perché non hanno occhi per guardare una splendente cupola verde. E’ il mausoleo che protegge la tomba di Negash, uno dei più fedeli compagni di Maometto, e dei suoi quindici amici. Negash, ai tempi delle predicazioni del Profeta, perseguitato nella penisola arabica, trovò rifugio dai suoi nemici nel regno dei Negus. Venne ben accolto, fu libero di professare la sua fede. ‘Chi entra in questa terra con benevolenza è protetto dalle nostre leggi’, dichiarò il Negus d’Etiopia. Il re dei re respinse l’oro di chi voleva la morta di Negash. Nacque, su questo altopiano, il diritto di asilo. Un re cristiano ospitò un musulmano in fuga. E io, mille e quattrocento anni dopo, non trovo di meglio che chiedere a un vecchio con la barba dipinta di hennè se in questo villaggio vi sono più cristiani o più musulmani. Alla fine mi risponde: ‘Sono più i cristiani’, ma ripete: ‘Noi ci consideriamo uomini e donne sulla stessa Terra’.
Rimango solo con Rush, il mio autista, nella moschea. Rush prega. Io faccio due passi indietro e rimango in piedi al centro della sala delle preghiere.
Negasi, 17 settembre

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