giovedì 14 luglio 2011

Confessioni di un impiegata delle Poste

Ufficio postale ad Addis Abeba


Alcuni giorni fa ho spedito da un piccolo ufficio postale tre buste (non erano lettere, dovevo far avere un dischetto) a tre diversi indirizzi.
Una delle lettere, quella indirizzata a un paese del Sud, è arrivata il giorno dopo. Le altre due erano dirette a Milano. In due redazioni. Cinquecento metri di distanza una dall’altra. La prima è arrivata dopo due giorni. Dell’altra, a oggi, non conosciamo la sorte.

Negli stessi giorni, ho atteso quattro giorni la consegna di un pacco spedito per corriere. Ogni volta si creavano problemi che rendevano impossibile il recapito. Un po’ di telefonate al costo di centesimi 14,28 (e perché questa cifra?) al minuto. Al più mi scontro con il comprensibile malumore di una ragazza che sopravvive rispondendo alle telefonate.

In questo tempo ho anche fatto un gesto inutile. Ho scritto una mail che non potevo spedire perché non vi era alcuna connessione. Ho pensato che è bello compiere gesti inutili.

Una mia amica, F., lavora in un ufficio postale di un paese della Toscana. Ha parole sconsolate: ‘Conosco tutti in paese. E’ quasi trent’anni che lavoro nello stesso ufficio. La gente ha fiducia in me. Mi cerca per problemi con le pensioni, mi chiede consigli. Spesso riempio i bollettini di conto corrente delle persone più anziane. Oggi mi chiedono di vendere dei ‘gratta e vinci’ a chi si presenta al mio sportello. Devo cercare di convincere chi vuole mandare una raccomandata, a usare la tariffa più cara, anche se in realtà non ne ha alcun bisogno. Devo vedere prodotti finanziari. Suggerire carte telefoniche. Non sono più un impiegata di un ufficio pubblico, sono una venditrice che deve decantare merci alle persone con le quale va a prendere, da anni, il caffè. Non capisco perché chi viene a spedire una lettera, deve sentirsi offrire un ‘gratta e vince’. Tanto vale che gli venda un maglione e o un orologio. E so che ho addosso gli occhi della direttrice: ‘Non vuoi fare carriera?’, mi domanda. Controllano la mia efficienza. Che dipende da quanto ‘ho venduto’. Ma io le conosco tutte le persone che entrano nell’ufficio. Come faccio a ingannarle?’.
F. rigira fra le mani il ‘gratta e vinci’.
San Casciano in Val di Pesa, 14 luglio

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