venerdì 1 luglio 2011

Barbara e Matera

Matera, Sasso Caveoso


E se davvero Matera ti mettesse di fronte alle tue origini? Se qui ci fosse sul serio un filo che ti riconduce verso la saggezza?


Camminare fra i Sassi
Non so. Diffido delle parole. Scopro che lo scrive (paradosso) anche Barbara: ‘là dove la parola non dice o è addirittura di ingombro’. Matera, a noi stranieri, appare un miracolo. Una volta ho scritto che qui si finisce nei guai. Perché hai la sensazione che se rimani troppo a lungo non riusciresti mai ad andartene. Perché la pigrizia è felice fra queste pietre.

Barbara Balzerani
Barbara è Barbara Balzerani. ‘Nei primi anni Settanta milita in Potere Operaio, poi nelle Brigate Rosse, con incarichi nella sua direzione strategica’. Non si nasconde, Barbara. E’ precisa. Non so quanti anni abbia oggi. So che ne ha trascorsi venticinque in galera. So, lo dice sempre lei, che era stata condannata a sei ergastoli. Ora è un donna libera. A Matera, in una osteria, in un giardino di pietra, parla del suo ultimo libro: Cronaca di un’attesa. L’attesa della fine delle sbarre, delle libertà vigilate e condizionali. L’attesa, la paura, la pazienza. Il ricordo. L’andare indietro, alla scoperta del mare, la fabbrica di esplosivi dove lavorava la madre. E anche, forse, la possibilità di andare avanti.

C’è Matera sulla copertina del libro. Una foto di Michele Di Lecce. Barbara che guarda i Sassi dal confine della gravina. Quel giorno, il giorno della foto, è scattato qualcosa. E’ stato un ritrovarsi. Un capire che Matera ti fa un dono: ti dice dove sei nato, ti racconta l’inizio della storia, ti parla di un appiglio dal quale ricominciare. Non siamo d’accordo, io e Barbara. Matera per me è bellezza. Per lei, no. Per me la bellezza non fa velo sul mondo. Non deve confondere. E’ un punto di vista che ti aiuta e che vive assieme agli altri punti di vista: non cancella la miseria di Matera negli anni ’50 o le sue trasformazioni da globalizzazione turistica in questi anni. Matera è una sintesi dei nostri anni.
Per Barbara, Matera è ‘terra madre, cuore scavato di prima memoria’. Se fosse una città invisibile, Matera sarebbe Ottavia, la città-ragnatela. Gli abitanti di Ottavia sanno bene che i fili della ragnatela ‘più di tanto non reggono’. Barbara ha ragione: Matera mostra, a chi vuol vedere, il senso dei limiti. Calma il delirio di onnipotenza degli uomini. Ascolta il silenzio, il rumore dei passi, il sospiro un po’ appesantito di chi sale le sue scalinate. A Matera si sentono i gatti fare le fusa. Il miagolio di Chico. Matera è radicale. E c’è bisogno di radicalità di pensiero nel mondo di trappole nel quale viviamo.

Devo ringraziare Barbara. Davvero fino a ora vedevo solo la bellezza a Matera. Abito in una casa generosa, ha una terrazza che si affaccia sul Sasso Caveoso. Sto scrivendo con le finestre spalancate sulla bellezza. Sono disperso in qualcosa di meraviglioso. Frastornato. Intuisco che Matera non è solo resistenza e memoria: è un agire, un indizio per una nuova strada, un avvio. Come vorrei che non fossero solo parole.

Barbara mi fa dono del suo libro (ho senso di colpa: io so quanto costa un libro). E scrive nella prima pagina: ‘Al tempo da percorrere’.
Matera, primo di luglio

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