lunedì 10 ottobre 2011

Etiopia/La notte di Narga

L'attesa del prete di Narga


Molti anni fa, il mio primo pensiero, sbarcando sul pontile scivoloso della isola-penisola di Narga, fu: ‘Qui voglio dormire una notte’. Allora c’era un prete dagli occhi rotondi appoggiato al portale che conduceva ai recinti sacri della chiesa. Era vestito di bianco, appariva ogni volta che sentiva avvicinarsi il rumore di una barca. Narga Selassie, una chiesa rotonda, di pietre e mattoni, lontana, smarrita al centro del lago Tana. Una penisola che, nella stagione delle piogge, si trasforma in un’isola. Quest’anno le piogge sono state abbondanti. Le onde del lago sono irrequiete. Si frangono con schiume untuose sulle pietre e sui grandi alberi che affondano le loro radici nell’acqua e lasciano penzolare una foresta di liane.

La regina Mentwab

Narga venne costruita su ordine della regina Mentwab. Un prete mi racconterà una storia: Narga potrebbe significare ‘Facciamola là’. Consiglio dei preti di Dega Estefanos, altra isola del lago Tana, all’ultima regina di Gondar che stava cercando un’isola dove edificare un suo romitorio.

Il porticato della chiesa di Narga


Il prete è ancora lì. Quanti anni sono passati? Due pescatori pagaiano sulle loro piroghe di papiro. Indifferenti alle onde. Il tempo si è fermato a Narga. Tre guardiani a piedi scalzi, armati di fucili assomigliano a burattini di un presepe. Solo due preti, oggi, a Narga: pregano, aprono le porte della chiesa, mostrano gli affreschi, indossano guanti bianchi per far vedere croci e messali. Tre vecchi fanno compagnia ai preti con la loro decrepitezza. I piedi di un prete sono malati, ma il suo sorriso è luminoso. E’ un luogo perfetto e lontano, Narga.

La notte di Narga


Notte di Meskal. Non riusciamo a raggiungere il villaggio dell’isola. Troppa acqua nel canale. Sono stanco. La notte del Meskal si accendono i falò. Per celebrare la Croce di Cristo e per avere auspici sui raccolti e sulle nuove semine. Finisce la stagione delle piogge nella notte di Meskal. Cominciano i raccolti, si preparano terreni per semine ancora lontane. Brucia il falò, brucia la Croce, bruciano i fiori gialli. Cade verso Nord la Croce. Le fiamme l’hanno spinta, con qualche aiuto dei preti, verso Nord. E’ augurio di abbondanza, presagio di una buona stagione. Non avrebbe potuto essere altrimenti.

Il pescatore di Narga


Stanotte dormirò a Narga. Ho realizzato un desiderio antico. Ascolto i rumori del lago. Le rane. Gli uccelli notturni. Suoni che non riconosco.
Narga Selassie, 27 settembre 

Back stage. Ma è davvero andata così? Narga, in quella notte, mi è apparsa il luogo più bello della terra. Ma, nella notte, è piovuto sulle nostre tende. Apprensione, il campo era montato in discesa. I preti, giustamente, non avevano voluto che alzassimo il campo nel recinto sacro. I viaggiatori che avevamo condotto fino a qua non erano poi molto felici di trovarsi su questa isola per la notte. I due preti e i due guardiani hanno fatto, per noi (dietro pagamento), un piccolo falò. Loro erano contenti di un Meskal così personale.
Alle quattro del mattino, giorno della festa, un gracchìo metallico improvviso: i preti hanno azionato, in un’isola senza elettricità, un generatore e dato corrente a un microfono (chi porta la benzina fino a qui? Quasi quattro ore dalla terraferma). Hanno recitato la loro messa, gridando in un altoparlante. Due preti e un microfono graffiante. Messa urlata per le rane e gli uccelli. Che si svegliano. Mi arrendo, esco dalla tenda e vado alla messa. Almeno siamo in sei (due preti e quattro turisti). Othodox? domanda il prete giovane e bello. Sfioro con la fronte e le labbra i libri che i due preti leggi al microfono. Fuori il cielo si schiarisce. Al mattino le acque del lago sono tranquille, soddisfatte della loro notte agitata.  

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