domenica 31 ottobre 2010

San Isidro





Guardo i maestri, cartelle azzurre sotto braccio, salire la  giravolta di gradini che si arrampica lungo la scarpata franante di San Isidro. Guardo la ragazza dai lunghi capelli neri e uno spolverino bianco addosso. Un normale giorno di scuola in un paese solitario. Non arriva la strada a San Isidro. Da qualche mese hanno tracciato una pista nel letto del fiume: un camion al giorno può risalirne il corso.
Cammino di quasi tre ore per noi inadatti a queste altitudini. Sette chilometri. Il fiato da cercare. Si guada trenta volte il fiume. Equilibrio sulle pietre. Attorno le montagne avvolgono il paesaggio. Finca solitarie, un bambino, tre vacche, qualche capra. Oggi è giorno di semina a San Isidro, ottanta famiglie di contadini del popolo Colla. Queste sono terre comunitarie (propriedad comunitaria privada), terre di gente originaria di queste montagne (qui non amano la parola indigeni). Nel cielo volano le aquile. Un bambino silenzioso gioca a pallone lungo il cammino del fiume. Non c’è niente attorno. Da dove è spuntato? Non ci degna di uno sguardo. Quando, nell'estate australe, arrivano le piogge, San Isidro è tagliato fuori dal mondo. Ci si abitua alla solitudine, alla lontana. Lontananza da che? Dona Eleuteria ci offre una meravigliosa zuppa di patate verdi. Ci guarda, inforca gli occhiali. Pensa che l’Italia sia lontanissima. Lo è. Poi chiede a Leonardo che dice di essere di Cordoba. Lei ha un pensiero: ‘Deve essere più vicino dell’Italia’.
L’elettricità è arrivata a San Isidro solo da cinque mesi. E’ già spuntata una parabola. Il camion, in un marcia annaspante e coraggiosa, ogni giorno, porta merci che prima risalivano la valle a dorso di mulo. L'autista, una donna dalla lunga coda di capelli intrecciati, ha lasciato due travi di fronte alla casa di fango di un contadino (casa sospesa a mezza costa), una donna, invece, attende con i muli il camion (e dopo avrà un’ora di cammino). 
San Isidro è costruita su un costone franante, è quasi nel vuoto, alcune case sono già state abbandonate. C’è un pozzo comunitario per la spazzatura. Qui si seminano mais e patate. E, ora che anche qui arrivano i turisti (i più intraprendenti), i contadini si trasformano in artigiani. Gli uomini tessono scialli, le donne filano la lana di lama. Ci sono ben sei comedor e quattro hospedaje a San Isidro. Un’assemblea comunitaria ha deciso i prezzi. Di tutto: dall’empanadas (dieci pesos la dozzina) al quizo de papas verdes. Un letto a una piazza costa 15 pesos (tre euro). Un cartello avverte: senor turista, le chiediamo di non domandare uno sconto, abbiamo deciso assieme questi prezzi e sono molto economici. Por favor, rispetti los acuerdos del pueblo. Mi immagino le assemblee in questa sala comunitaria oggi deserta. Settanta ragazzini fanno le scuole primarie. Il direttore è un uomo ancora giovane: fa il maestro in queste solitudini da undici anni: ‘Voi venite qui e vedete la bellezza di queste montagne. Provate a viverci per una settimana…’. Una grande lavagna accoglie i ragazzi (mi sembrano tutti ‘vecchi’ per una primaria): ricorda che oggi è l’anniversario di Listz e Sarah Bernard (chi mai scriverà ogni mattina queste cose, in quale google ha saputo queste notizie?), ma la stessa lavagna dice anche di non dimenticare le Madri di Plaza de Mayo. Ne accadono di cose a San Isidro. Un cane, istinto pastore, ci ha seguito per tutto il cammino.  
Cafayate, 31 ottobre (fuori il sole delle vallate, caffè sul tavolo, le campane della domenica)

1 commento:

  1. ...tornate presto, che qui ci si stà divertendo da matti...
    Baci Brozzi

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