venerdì 8 ottobre 2010

Diario

Ho sempre detestato i diari in pubblico. Dovrei provare a fare giornalismo e non autocoscienza. In fondo questo era o è il mio mestiere. Radio e giornali parlano solo di quanto accaduto in un paese del Sud. Un ragazza uccisa, violenza, omertà (omertà femminile, scrivono amiche che stimo). Il nostro raccontare, il nostro rimanere incollati alla televisione o ,al rovescio, spegnere lo schermo lcd e ignorare, non voler sapere. Non aver la televisione, dicono gli amici che ritengono questo saggezza. Ho come la sensazione che si sia cancellata la storia: che, ancora una volta, il mezzo abbia oscurato il messaggio. Siamo (io in prima fila) più interessati al 'mezzo', al 'medium', alle trappole della televisione e del comunicare che non alla morte di una ragazza.
E poi penso che noi, così 'equi  e sostenibili', non avremmo mai alzato gli occhi sulla normalità, per noi anormale (a volte siamo davvero insopportabile nel nostre pensarci da 'un'altra parte', ovviamente più giusta, di quella ragazza, del suo paese, della sua famiglia.

Basta, non ho resistito, scusatemi. Ho chiuso le valige, fuori è una giornata di straordinaria bellezza, ho dimenticato quando era possibile dimenticare. Chiudo anche il computer. E come mille altri (l'aereo sarà pieno, gli aerei saranno pieni) mi metto in cammino. Con la sensazione che il mondo vada da sé.  Vado in Argentina. Una danza immobile? No, un andare.

1 commento: