sabato 14 gennaio 2012

Angelo, Accettura, il Maggio, i fuochi di San Antonio Abate

Angelo, il giorno del Maggio


Chiama Maria Luisa. Al mattino presto. Da Accettura. Giù, in Lucania. Lascia un messaggio: ‘Devo dirti una cosa’. Penso d’istinto: ‘E’ morto qualcuno’. Penso a lui. A un uomo massiccio, grande e grosso, dalla voce alta. Perché penso a lui? A Sciabolone. Perché ho questo pensiero?

Maria richiama. E’ così. E’ morto Angelo Labbate. Sciabolone. Sciablo.

Avevamo il suo indirizzo in tasca, quando, per la prima vota, qualche anno fa, siamo arrivati ad Accettura. Paese della più straordinaria festa, sacra e pagana, del Sud italiano: il Maggio, il matrimonio degli alberi, San Giuliano, quattro giorni di libertà e follia. Prima di partire, un amico di amici, emigrato a Torino, mi aveva consigliato di cercare Angelo. Antropologo di paese, guida e amico degli antropologi che erano venuti ad Accettura per scoprire i misteri del Maggio. Fu lui a parlarmi di Mario Dondero, il più grande dei fotografi del ‘900: una sua foto del Maggio è in copertina nella sua biografia appena uscita per Bruno Mondadori. Fu lui a tessere il primo legame attraverso il quale conoscemmo Dondero.

Angelo, ci disse l’amico accetturese, migrato al Nord, ci avrebbe raccontato il Maggio.

Lo trovammo intento a giocare a carte. Tavolo all’aperto. Di fianco a un bar. Era sera. Fece un cenno con la testa. E continuò a giocare. Era immenso sulla piccola sedia. Poche mani. Silenziose. Perse la partita, credo. Sbuffò. E, con lentezza, cominciò a soppesarmi. Immagino che pensò: un altro giornalista che arrivava per la festa. Fu una complicità lenta. Alla fine, credo, fu una piccola amicizia. Noi tornavamo ad Accettura. E questo è importante. 
Angelo mi raccontò davvero il Maggio. Mi offrì carne alla griglia davanti a casa sua. In quei giorni i macellai accendono i carboni in strada. Portò i piatti dalla cucina e ci sedemmo su due sedie sconnesse. Facemmo lo stesso in un gelido giorno di gennaio, san Antonio Abate, quando ardono i fuochi nei paesi. Penso: Angelo se ne è andato alla vigilia dei nuovi fuochi. Saranno accesi dopodomani.

Mi donò le pagine dei suoi articoli. Non mi disse niente, mi guardò muovermi nell’andirivieni degli alberi che stavano sposandosi. Spariva e riappariva. Osservava i riti della festa che conosceva in ogni suo movimento. In silenzio. Era un custode, Angelo. Un custode di una storia. Che ci raccontò. Angelo lavorava alla biblioteca del paese.

Alla fine, l’ultimo giorno della festa, Angelo mi sorprese: apparve vestito nella maniera più elegante che potessi immaginare. Abito nero, cappello, golf girocollo bianco, occhiali scuri. Quel pizzo bianco, strano e autorevole. Un capo. Era raggiante. Tutto era andato bene. Mi accompagnò da una sua amica. Una grande senegalese dalle vesti sgargianti che ogni anno veniva ad Accettura per i mercati della festa. Mi chiese di fotografarlo assieme a lei. Erano bellissimi.

Una volta tanto mi sono ricordato di spedirgli quella foto.

Lunedì i fuochi di Accettura saranno per lui. E quest’anno noi torneremo al Maggio. 
Padova, 14 gennaio

1 commento:

  1. Complimenti Andrea veramente una bella è veritiera descrizione del nostro AMICO Sciablone.

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