mercoledì 25 gennaio 2012

Il volo della cicogna



Non è arrivata. Era attesa in Ciad e non è arrivata. Non so se qualcuno l’aspettava davvero, ma di Micki sono certo. Era abituato a vedere arrivare quell’uccello. Era sicuro che fosse sempre lei. Oramai aveva il nido sopra l’albero più alto del giardino. ‘Grandi Ali’ appariva quando il sole si abbassava sulle sponde del lago. Micki sapeva. Con qualche giorno d’anticipo era come se i suoi occhi volassero oltre l’orizzonte a incontrare l’uccello. Ma quest’anno l’aria è immobile, la polvere è dovunque, i vecchi guardano il cielo al riparo di una capanna e stanno immobili. Non dicono nulla. Micki non ha nemmeno la forza di giocare con la sua ruota abbellita con una grande penna di ‘Grandi Ali’.

Lei non verrà. Era una vecchia cicogna. Grande vita, la sua. Inverni in quel lago, assieme a quello strano animale terrestre che parlava al cielo. Estati su un tetto in una terra dove il buio non arrivava mai. Là nessuno le badava. Quegli animali senza piume, i più piccoli fra di loro, alzavano la testa verso il suo nido, qualcuno la indicava con un braccio, ma poi proseguivano inseguendo curiose palle che correvano da sole. Mi piacerebbe dare un colpo di becco a quella palla, pensava ‘ Grandi Ali’. Ma non lo fece mai. Pochi volteggi attorno al nido. L’estate era davvero un riposo, il lago, laggiù, era l’avventura. Nel mezzo, il volo. Sopra mare e sabbia. Quante volte aveva compiuto quella impresa? Mille, secondo lei. Poche, forse nemmeno dieci, a sentire chi ne teneva il conto. ‘Grandi Ali’ non capì perché a un certo punto non riusciva ad alzarsi in cielo: era finita in una rete e mani l’afferravano, le tenevano le ali, le chiudevano gli occhi con un sacchetto. Non seppe cosa le fecero: non provò dolore, solo una paura senza freni. Il suo cuore era risalito fino al becco. Quasi esplose. Poi all’improvviso si trovò libera e, come ubriaca, si impennò verso il sole. E non si fermò più. Aveva un qualcosa di metallo attorno a una zampa.



Arrivò in ritardo. Non trovò il gruppo delle compagne. Poco male: sorvolò il mare da sola. Con sicurezza. Si fermò qualche giorno sulle rive di un fiume al di là di quella traversata. Poi si rimise in viaggio sopra le terre della sabbia. Lei conosceva oasi segrete. La tempesta la soprese senza che se ne accorgesse, la sabbia era diventata uccello come lei e annebbbiava gli occhi, rendeva le piume pesanti, la mappa delle oasi non c’era più. ‘Grandi Ali’ sapeva che non c’era nulla da fare. Vide delle rocce e vi planò con dolcezza. Lì aspettò. Ebbe il tempo di guardare quel piccolo cerchio di metallo attorno alla zampa. Forse per colpa di quegli animali terrestri che l’avevano fermata aveva fatto tardi. Non voleva ammettere che era troppo vecchia. Pensò a Micki. La tristezza le saltò addosso.



Un ultimo sforzo. Con il becco riuscì a spingere l’anello fuori dalla zampa. Perse un’unghia, sanguinò. Tenne in equilibrio quello strano oggetto. Fece due balzi in avanti. Sembrava un aquilone che non voleva decollare. Ci riuscì. Lanciò il cerchietto verso il cielo. Un falco, apparso dal nulla, in un deserto senza un solo cenno di vita, lo afferrò come se fosse una preda ghiotta.
Non so cosa accadde dopo. Micki guardava il lago, le acque si erano ritirate, i vecchi ancora non si erano mossi. Fu da un nuvola che cadde quell’anello. Quasi affondò nella polvere davanti ai piedi del ragazzo. Qualcuno vi aveva inciso sopra: ‘Grandi Ali’. Micki prese quel piccolo pezzo di ferro. Riuscì a leggere una lingua non sua. Non disse nulla, non sorrise, non tradì una sola sola sorpresa. Solo il suo cuore batteva. Come un matto. I vecchi si alzarono. E indicarono una nuvola. Poche ore dopo arrivò la pioggia.

Molti anni, nel deserto del Gilf Kebir, trovammo il corpo di una grande cicogna. Aveva un anello alla zampa. Anche questa storia ha molti anni.


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