Mario Monti e Abdurrahim al-Keeb (da grr.rai.it) |
Il premier Mario Monti ha una resistenza invidiabile. Firma il decreto sulle liberalizzazioni e parte per Tripoli. Cambiano i tempi: il primo viaggio fuori dall’Europa di un nuovo presidente del consiglio è in Libia.
L’andirivieni dei premier italiani (dai tempi di Gheddafi a oggi) appare immutato. Come se seguisse un rituale. Anche Mario Monti (come Silvio Berlusconi nel 2008 dopo una doverosa promessa fatta da Massimo D’Alema: le loro foto erano al Museo archeologico del Castello Rosso) riporta a Tripoli un’antica statua trafugata. La testa di Domitilla era stata rubata a Sabratha nel 1969. Battuta a un’asta di Christie’s, venne acquistata da un collezionista italiano. Lo stato italiano l’ha ricomprata. Monti ha consegnato al premier libico, Abdurrahin al-Keeb, anche le chiavi di 15 fuoristrada. Serviranno, dicono, per pattugliare i pozzi petroliferi. E ha firmato accordi per le cure in Italia di feriti di guerra libici e intese militari.
Ma il lavorio diplomatico che ha preceduto l’incontro non deve aver dato grandi risultati. Mario Monti è volato a Tripoli per firmare una dichiarazione di ventiquattro righe. Che non menziona nemmeno una volta il controverso Trattato di Amicizia firmato a suo tempo da Berlusconi e Gheddafi. Eppure sia il presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, Mustafa Abdul Jalil, che al-Keeb, avevano promesso la sua riattivazione. L’Italia faticherà a riconquistare il suo primato economico in Libia. La lotta per potere, affari e petrolio sarà complicata e spietata.
Stazione del gasdotto Eni |
Nemmeno Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni (ha viaggiato con la delegazione di Mario Monti), è tornato a Milano con una firma sotto il memorandum di intesa sui progetti di cooperazione (380 milioni di dollari, a quanto si legge. Il doppio di quelli promessi a suo tempo a Gheddafi) del colosso petrolifero in Libia. Ma l’Eni mostra grande ottimismo sul suo futuro in Libia.
Mustafà Abdul Jalil (da Iljournal.it) |
Strane coincidenze hanno accompagnato la visita di Mario Monti a Tripoli. Nessun incontro con Mustafà Abdul Jalil, il vecchio ministro della Giustizia di Gheddafi. Anche perché il presidente del Consiglio di Transizione era assediato a Bengasi da una folla minacciosa. Assalito il suo quartier generale, distrutto il suo fuoristrada. Reclamavano, si racconta ora, la cacciata dei vecchi funzionari di Gheddafi. Ma si parla anche di tre granate lanciate contro gli uffici del Cnt. Per fortuna che il ministro degli esteri italiano, Giulio Terzi, nei giorni scorsi, aveva tranquillizzato sulla sicurezza in Libia.
Sono finiti anche i tempi delle spese senza limiti dei libici. Anzi, sono giorni di retromarcia. Il governatore della Banca di Libia, Saddeq Omar El-Kaber, ha annunciato che non parteciperà all’aumento di capitale Unicredit: ‘Non è il momento di investire all’estero’. La partecipazione della Libia diminuirà dal 4,9% al 2,8%. Anche il Fondo Sovrano libico, oggi controllato dal Ministero della Difesa di Tripoli, ridurrà la sua partecipazione: dal 2,59 all’1,5%.
Ci pensa Aabar, fondo di Abu Dhabi, a salire nell’azionariato di Unicredit: ha dichiarato che ha intenzione di arrivare al 6,5% ( anche se le regole Unicredit riconoscono il diritto di voto solo fino al 5%). Come dire: si sta ridisegnando la mappa di un immenso potere finanziario. Per la piccola storia: Unicredit, ai tempi di Gheddafi, aveva aperto una filiale a Tripoli, prima banca 'occidentale'. Accadeva sei mesi prima della guerra. Tempismo perfetto.
Ancora: nessuno riesce a fare calcoli precisi, ma i contratti sospesi di aziende italiane in Libia potrebbero ammontare a 500 milioni di euro. E società italiane, durante la guerra, hanno subito danni per 100 milioni di dollari. Nemmeno discussa, fra Monti e al-Keeb, l’eterna questione dei 620 milioni di dollari mai pagati dalla Libia ad aziende italiane. Volti incupiti ai piani alti di Finmeccanica, Iveco, Impregilo o Astaldi: la sorte dei loro contratti in Libia non è certamente al sicuro. E qualcuno si è messo a fare i conti anche del crollo dell’export di una regione come il Veneto verso l’Africa e il Medioriente: meno 70% nell’anno delle Primavere Arabe. La Libia non è più monopolio italiano: Turchia e Brasile sono i nuovi, imprevisti rivali. La Francia rivendica di continuo il suo ruolo ‘combattente’ contro Gheddafi. Germania e Inghilterra sgomitano.
Tripoli sarà più vicina di Washington, ma ci sono ragioni serie per le quali Mario Monti ha preferito incontrare al-Keeb prima di Obama. Sono davvero cambiate le priorità nel mondo.
Hotel Rixos |
Dimenticavo. Non vuol dire niente, ma l'incontro fra Monti e al-Keeb è avvenuto all’hotel Rixos (che appartiene a una multinazionale turca, inaugurato meno di un anno prima della guerra). Negli ultimi tempi era il palcoscenico amato da Gheddafi e da suo figlio Saif.
San Casciano in Val di Pesa, 22 gennaio
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