Bisogna ricordare Irena Tarlowska. Non sono stato capace di
trovare una sua foto. La immagino come una bella donna. Dallo sguardo curioso e
intelligente. Fu lei a cambiare il destino di Ryszard Kapuścińki, il più
celebre scrittore-giornalista del ‘900. Fu lei, nel 1956, a decidere di inviare
quel ragazzo che vagava per le stanze dello Sztandar
Mlodych, ‘La Bandiera dei Giovani’, in India. Ryszard fu stordito dalla
notizia. Le frontiere della Polonia comunista, allora, erano chiuse come camere
stagne. Quasi nessuno poteva uscirne. Ma quel giovane giornalista voleva
varcare una frontiera a tutti costi. Voleva compiere solo quel movimento:
attraversare un confine. Non era possibile in quel mondo rinchiuso in se stesso.
Chi comandava si illudeva di poter imprigionare perfino l’immaginazione e
l’irrequietudine. Si sbagliavano.
Kapu (da eastjournal.net) |
Irena era davvero una grande donna. Donò a Ryszard le chiavi
per varcare la frontiera. Si accorse subito dello sconcerto del ragazzo. Della
sua paura. E allora aprì un armadio, andò a colpo sicuro e ne estrasse un libro
‘rilegato in tela gialla’. Erano le Storie
di Erodoto. Erano state pubblicate in Polonia solo due anni dopo la morte
di Stalin. Prima non sarebbe stato possibile.
Fu Erodoto a guidare i primi passi di uno scrittore
destinato a diventare leggenda. Fu Erodoto a fornirgli ‘i ferri del mestiere’. Fu Erodoto a spiegargli che raccontare (e
viaggiare) aiuta non dimenticare le ‘imprese…né le gesta grandi e meravigliose
così dei Greci come dei Barbari’. Per anni e anni, Erodoto sussurrò nelle
orecchie di quel giornalista inesperto che la memoria è storia importante. Erodoto
fu la miglior guida che Ryszard potesse avere. Il vecchio viaggiatore greco
viaggiava perché voleva vedere con i suoi occhi, voleva prendere parte. Ryszard ne è consapevole: ‘Voglio diventare parte
del mondo che descrivo…ho bisogno di illudermi, sia pure fuggevolmente, che il
mondo dove mi trovo in quel momento sia l’unico esistente’.
Questo proviamo a fare con questa nuova rivista. Oggi
viaggiare è molto più facile che ai tempi di Erodoto e di Ryszard. Oppure: oggi
viaggiare è molto più difficile che ai tempi di Erodoto e di Ryszard (io sono
convinto di questo). Ma noi vogliamo vedere il mondo. Siamo testardi. Vogliamo
raccontarlo. Con parole e immagini. Vogliamo esserci. Il web non ci basta (se solo potessimo questa rivista
sarebbe di carta e ci faremmo aeroplanini per farla volare). Per ora ci basta che
questa rivista sia fatta da uomini e donne con occhi sensibili, con cuore che
si emoziona, con testa che ragiona e che coltiva dubbi. Chi parte così sa già
scrivere, fotografare, filmare. Potrà mandarci le sue storie, se ne ha voglia. Vorremmo
che chi viaggia sia fratello e sorella di coloro che incontra per strada. Vogliamo
essere capaci di empatia. Ne abbiamo
bisogno. Per questo fare questa rivista di viaggi è una necessità alla quale
non vogliamo rinunciare. Ci proveremo.
Foto di Chiara Bridi |
Molti anni fa, incontrai Ryszard. Alla fine di un lungo
parlare e ascoltare, mi disse: ‘Il nostro dovere è essere insoddisfatti,
cambiare sempre punto di vista, ma avere rispetto per il mondo. Bisogna
camminare, riscoprire la lentezza. Avere dubbi e timori. Ma continuare a
viaggiare’.
Noi vi chiediamo di viaggiare, di varcare frontiere e di leggere questa rivista.
Foto Chiara Bridi |
Vi dobbiamo una
spiegazione. Sono tentato di dire che abbiamo aggiunto 108 al nome di Erodoto
perché così ce lo chiedessero in tanti. E noi non avremmo risposto, ci saremmo
limitati a un sorriso. No, chi ha creato questa rivista è più matto di quel che
sembra. E sa di aritmetica e sacralità orientali. Un anno fa quattro persone si
ritrovarono in via 27 aprile a Firenze per creare questa rivista. 27 per
quattro fa 108. Tutto qui.
No, non è tutto qui. I
grani del rosario indiano, il Mala, sono 108. Le divinità induiste sono 108.
Krishna, nella città di Vrindavana, si è ritrovato a ballare con 108
pastorelle. Le stelle sacre dell’astrologia cinese sono 108. In Giappone il nuovo
anno è salutato con 108 rintocchi di campana.
Questa rivista vivrà,
una prima volta, almeno 108 anni.
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