Bamako, ai tempi del Social Forum |
Ho letto queste parole:
‘Le Mali prend
doucement le chemin de la guerre’.
E così il Mali è riapparso nel mio cuore e nella mia testa.
So che a settembre sono arrivate le piogge nei deserti fra
Gao e Timbuctu. Un sollievo dopo un’estate di siccità e arsura. So che nessun
convoglio di cibo può raggiungere il Nord. Gli islamisti controllano con
ferocia le piste delle savane e cercano denaro per la loro violenza. ‘Non
pagate alcun riscatto’, dicono da laggiù. Come è possibile spiegarlo ai sei
ostaggi francesi ancora nelle mani delle bande dei predoni?
Questi sono i messaggi che, in qualche modo, ogni tanto, mi
raggiungono da quella terra.
Il Nord. La cantante Disco |
Il Sud del Mali |
Ma quel rigo, scritto, all’inizio di un suo post, da Thierry
Helsens sul suo blog su Liberation,
bel giornale francese, a mettere in moto un’emozione: ‘Il Mali si incammina
dolcemente sulla via della guerra’. Dolcemente può essere tradotto 'lentamente'. Ma io scelgo il primo significato: 'dolcemente'. Thierry è un idrogeologo che vive a Bamako
da dieci anni. Il Mali è il ‘suo’ paese. Sa cosa sta scrivendo. E io credo di
comprendere il paradosso della dolcezza e della guerra.
Carovane. Dal deserto alle savane. Sul confine fra Nord e Sud |
Pochi giorni prima Thierry raccontava di Douentza, grande
villaggio del Sud, distretto di Mopti, confini con il Nord, regione di contatto
fra gli avamposto degli islamisti e le sgangherate barriere dell’esercito
maliano: Jeune Afrique aveva scritto che Douentza era caduta nelle mani degli
islamisti. Thierry chiamò subito un amico. L’uomo gli spiegò con calma: ‘Stiamo
parlando con loro. Vengono in paese, ma non lo hanno occupato. Stiamo trattando’.
Hanno denaro, gli islamisti. Con la guerra, con la rivolta tuareg, con la
sconfitta dei laici nella ribellione
del Nord, i ‘progetti’ hanno lasciato Douentza. Interrotta la corrente
elettrica, chiusi servizi di acqua pubblica, incerta la riapertura delle
scuole. Non gira più il denaro. Come è possibile resistere a chi entra al paese
con i soldi? Gli islamisti avanzano nel vuoto dell’economia e del potere.
Miliziani tuareg (da BuongiornoAfrica.it) |
La resistenza tuareg sta nei cuori di un popolo deprivato da decenni e decenni. Gli impauriti
notabili di Bamako sono costretti ad accettare i soldati della Comunità dei
paesi dell’Africa Occidentale. Ministri ivoriani e gli ambigui militari
burkinabè hanno oramai un quartier generale nella capitale maliana. Si
preparano basi a Mopti. A New York, all’Onu, si muovono i passi per la
copertura diplomatica a un’offensiva militare per la riconquista del Nord. Sono
mesi che appare imminente. Il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius,
dice che ‘tutto va in una buona direzione’. Contento lui.
A Ouagadougou si
incontrano militari francesi e statunitensi. Fonti tuareg confermano che ‘ufficiali’ dell’Mnla, il Movimento di Liberazione dell’Azawad, stanno cercando
apprendere l’arte della guerra moderna nelle basi americane dell’Africom in
Mauritania. Altri sono in Svizzera, se non negli Stati Uniti (come il loro
comandante militare Mohamed Ag Najim). Il gioco maliano è un intrico. E una
tragedia: in estate sono arrivate le cronache delle amputazioni, delle
esecuzioni sommarie, di un uomo e una donna lapidati per concubinaggio, della
distruzione dei mausolei sufi a Timbuctu. Uno scenario quotidiano di orrori. Una tempesta pericoloso e 'perfetta'. Niente sarà uguale dopo la fine di questa guerra. Se avrà fine.
Le donne al Social Forum |
Scuola per le strade di Bamako |
Per le strade di Bamako |
E io mi trovo a pensare al passato. Ha ragione, Thierry: il Mali è un paese dolce. Ai nostri
occhi era il paese dei dogon, dei racconti di Marco Aime, del primo forum
altermondialista tenutosi in Africa (con tuareg, neri del Sud, arabi che
marciavano assieme per le vie di Bamako), il paese di Aminata Traorè, star
degli incontri europei. Ci illudevamo della forza della ‘società civile’ di
Bamako. Il Mali è il paese della musica. Intenso è sempre stato il via vai di
musicisti celebri sulle sponde del Niger. Cercavano Alì Farka Tourè e gli
innumerevoli griot della savana. E’ il paese del festival del deserto, il Mali.
Celebrato da Talking Timbuctù e dagli accordi della
chitarra di Ry Cooder che si mischiavano con i suoni dell’Africa. Il Mali era una
esperienza democratica che, ai nostri occhi bianchi, appariva più che
incoraggiante.
Così non era?
Nessuno, dopo un viaggio in Mali, voleva dimenticare questo
paese: non era un semplice ricordo da turista, vi è sempre stata, quasi in
tutti, l’esigenza di mantenere un contatto, di ‘fare qualcosa’.
E ora il Mali va ‘dolcemente’ verso la guerra. Che appare
inevitabile. E che in realtà già si combatte, con crudeltà, da mesi e mesi.
Eravamo ciechi quando raccontavamo tutto questo del Mali?
Thierry si chiede: ‘Cosa rimarrà del Mali dopo che questa
guerra sarà finita?’
Un altro mondo è possibile? |
Sella in Valsugana, 4
ottobre
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