lunedì 25 novembre 2013

Non ho mai visto una gazzella a Waideddu

Ibrahim

Non ho mai visto una gazzella a Waideddu. Eppure questo significa il nome di questa oasi di palme dum. Ho sempre dovuto andare in cerca delle capanne che, dicono, vi si nascondano. Sta a Nord della piana di Dodom. E' la Dancalia della polvere, del fango risecchito, delle piene improvvise del Saba River quando piove in altopiano e del vento di Dio che soffia impietoso nei giorni della primavera. Dodom è terra da evitare. Non c’è un vero orizzonte. Non c’è bellezza. Non c’è gloria. Non c'è nemmeno un vera pista. Almeno noi e la gente dell'altopiano non vede le tracce invisibili che solo un afar riesce a scorgere. Pensi solo: per fortuna non sono nato qui. Eppure, la guardo come si osserva un mistero.
Tutti gli esploratori che sono passati di qua, quasi sorvolano con le loro parole sulla piana di Dodom. Come se volessero dimenticare quei giorni. Ricordano solo la fatica e la sete che non può essere placata. Sono sbruffoni e allora parlano della ‘lussuria del rischio’.

Ibrahim ha l’aria del capo. Barba arrossata dall’hennè. Se ne fa beffe dei nostri pensieri. Da un po’ di tempo, i bianchi si accampano a Waideddu. E lui viene a vedere. Dicono che qui vi siano duemila abitanti. Io fatico a trovare poche capanne isolate. E non ho domande da fare a Ibrahim. Come se la piana di Dodom mi avesse disseccato le parole. Eppure ci guardiamo a lungo. Sì, non ho voglia di sapere. Mi basta una foto. Per essere certo che questa piana esista davvero. Che ci sia gente che qui vive. Scambio solo il nome con l’uomo che è apparso. 

In realtà incontro Ibrahim quasi ogni anno. Ora so che i nomadi (seminomadi afar) della Dancalia sono ben stanziali. Li ritrovo sempre. Nel solito posto. 

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