sabato 24 novembre 2012

Adios, Addis Abeba


La donna che pulisce le strade



Torciglio di corpi sui minibus che attraversano Addis Abeba.
Si respira la pelle del tuo compagno di viaggio, se ne avvertono le ossa e le rotondità.
Si porta con sè, per ore, l'odore di questo sfregarsi di abiti e braccia.
Si siede in quattro in un sedile per due. E quando l'ultimo deve scendere ci si contorce come anguille.
I minibus sono intimità volontaria.
Quando sale una uomo grasso, si sento un sospiro e un sussurro, ma poi si ritaglia un triangolo di spazio.
Quando bisogna scendere è uno storcigliarsi di braccia, fianchi, grandi tette, spalle, gambe, sederi. Ognuno cerca di liberarsi dal nodo che lo ha legato al suo compagno di viaggio.

La donna che vende dischi


Gli uomini si sfiorano, si toccano, si prendono per mano. A tavola, il mio amico mette la mano sulla coscia del compagno che sta lì accanto. Ci si abbraccia.

Le donne fanno lo stesso.

Le donne che pregano


Ma poi non c'è affettività pubblica fra uomo e donna. Nessuno si accarezza. Tantomeno ci si bacia. Niente smancerie a mezza strada. Si parla a voce silenziosa. Strano paese. Per salutarsi è uno sbatacchiarsi di spalle una contro l'altra. E' un toccarsi continuo, ma prendere per mano la tua fidanzata non esiste.

Qui si balla separati, anche se a volte, ai nostri occhi, le allusioni sono sensuali. Si agitano le spalle, si muove la testa come se fossero muscoli da marionetta, si lanciano sguardi a pupilla piena. Ma non ci si tocca.

Le donne che corrono


La gente dell'altopiano ama la penombra, i sottointesi, i silenzi. Alza i sopraccigli per dire sì o no.

Cera e oro. 'Due significati', mi dice una donna. Cera e ora, wax and gold: una parola, una situazione, un qualcosa che può essere inteso in una doppia maniera. Cera e ora, wax and gold, paese dell'ambiguità, del non chiarito, del non detto. Dire e non dire. Cera e ora, wax and gold, inutile che i miei occhi bianchi cerchino risposte. Non ne avrò.
Addis Abeba, 24 novembre

Lascio questa città. Ne avevo preso uno dei suoi ritmi, mi sono mentito. Ma c'è il momento del saluto. Qua non vorrei essere. Qua vorrei essere. Non ho desiderio di andare altrove. Vado altrove. Ho ancora da scrivere. Ho un elenco di fotografie da fare. Vado altrove. Perchè? A novembre perfino il cielo di Addis Abeba ha le stelle. E quelle le possono vedere tutti. Vado, le parole non troveranno una connessione, io proverò a scriverle e, forse, a leggerle in una lingua sconosciuta alla gente dell'altopiano. 

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