Davo la schiena al piccolo palco. Non so perché avevo scelto quel ristorante. La musica quasi non la sentivo. Non mi piaceva quel posto. Me lo avevano suggerito amici che poi che non si erano visti. Ero solo. Il vecchio era salito incespicando negli scalini. Era buffo: un papillon rosso, uno smoking nero troppo usato, i capelli bianchi. La voce era un sussurro. Certo, abiti adatti per chi cantava quelle note così invecchiate. Sorrisi e non mi voltai. Eppure quella voce rimase sospesa nell’aria anche dopo che la musica si era ammutolita e il brusio del ristorante era ricominciato indifferente. Quella voce non dava pace. Era dolcissima. Si era come fusa con la carne che stavo mangiando e stava scendendo dentro di me. Dov’era quel vecchio? Mi girai. Mi resi conto che non lo avevo nemmeno guardato mentre con passi lenti mi era scivolato accanto. Lo cercai per la sala, la musica silenziosa si era trasformata in un vortice leggero di note. Non poteva essere. Era seduto in un angolo, quasi accasciato sul tavolo. La sua mano giocava con la bottiglia che un cameriere aveva subito posato davanti a lui. Non beveva, i suoi occhi non erano lì. Vedevano cose che nessuno poteva scorgere. Seguii il suo sguardo e mi persi in un spazio con una strana luce. Come il colore del cielo sul mare dopo un temporale. Seguii il suo sguardo e lui ne approfittò per scomparire. Il tavolo vuoto, un bicchiere lasciato mezzo pieno.
Non rividi mai più Andy Moss. Nessuno seppe dirmi dove trovarlo. Tornai più volte in quel ristorante troppo elegante di Santiago. La sua voce non mi arrivò più come una sorpresa. Nessuno conosceva il tuo vero nome. Ma io, lo giuro, capii. Anche se non avevo mai ascoltato un tuo concerto.
Jeanette, molti anni dopo, mi rintracciò. Una telefonata strana, silenziosa, notturna. Ero nella mia casa della Ciudad. Lei mi ricordò quella sera in un ristorante lontanissimo. Mi disse che aveva per me una cassetta registrata. La sua voce era sopravvissuta. Mi arrivò per posta pochi giorni dopo. A mano, la grafia di un vecchio: ‘Lo so che lei ha sentito. Era il segno che aspettavo per cantare l’ultima canzone’. C’era anche una lettera di Jeanette che mi spiegava che il vecchio aveva avuto il mio indirizzo dal portiere dell’albergo. Andy era sepolto davanti all’oceano e la sera il cielo cambiava colore per lui. Con uno scatto metallico la cassetta cominciò a suonare. Chiusi gli occhi.
Non so dove scrissi questo frammento. Forse qui, a San Casciano in Val di Pesa. O forse in una notte che non voleva avere fine a Santiago del Cile. Molti anni fa. Ricordo bene quel vecchio cantore.
Ma poi trovo un appunto: questa storia è nata da un ritaglio di giornale malamente conservato. Parlava di Andy Moss. Era la voce dei Platters. Morì, come a volte accade, poverissimo. Ma non se ne lamentò mai. Nessuno lo riconosceva quando cantava per i clienti dell’hotel Los Condes. Jeanette gli regalò il mare. Stasera potrei cercare anche quel disco antico.
San Casciano in Val di Pesa, 24 dicembre
San Casciano in Val di Pesa, 24 dicembre
Ma quante storie racconti!!
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