Mi smarrisco, senza una mappa e senza voler sapere, nel
labirinto del Santo Sepolcro. Tutti scrivono e dicono che è una brutta chiesa. E’
vero, a ben guardarla è un patchwork di cappelle assiepate una sull’altra. Un
accrocco di ricostruzioni su ricostruzioni. Antica chiesa crociata.
‘Snaturata’, leggo nella guida del Touring Club. Chi ha scritto la guida ha
voglia di gridare all’orrore, ma poi si contiene: ‘Decorazione composita e pesantissima’.
L'Edicola della Tomba di Cristo protetta dalle transenne della polizia |
I pellegrini si affollano come sempre. I preti hanno un’aria
stanca e arrabbiata. Rassegnati alla folla. Il Santo Sepolcro è un grande
business. Sono alluvioni di uomini e donne che si spingono, si intasano
all’ingresso dell’Edicola dove si trova la tomba al centro della Rotonda. Spesso,
ora che arrivano i passeggeri delle crociere, non si va né avanti, né indietro.
‘Costruzione assai infelice’, annota ancora la mia guida. Mi distraggo. Un
prete copto si arrabbia perché lo fotografo. Le transenne della polizia
israeliana contengono la fila della gente dentro la chiesa. I preti sono tutti
dei colossi e nessuno ti guarda in faccia. La dannazione di Gerusalemme è
l’invisibilità.
La Pietra dell'Unzione nel Santo Sepolcro |
Le donne lustrano la Pietra dell’Unzione e vi si prostrano
sopra. Ho una sensazione: oggi si prega per farsi fotografare. Sei arrivato fino
a Gerusalemme e vuoi farlo sapere alla tua gente. Ti inginocchi, tiri fuori un
rosario appena comprato da un mercante della Via Dolorosa, fai saltar fuori
dalla borsa un crocifisso in ‘vero’ legno d’oliva o semplicemente un pezzo di
stoffa e strofini sulla pietra con un
occhio alla tua amica, a tuo marito, a tuo figlio che ti sta fotografando.
Poi ho un ripensamento: vedo gente in estasi, donne che
stanno chinate a terre per un’ora, uomini con le lacrime agli occhi. Un giovane
dondola su se stesso con le palme rivolte al cielo. E penso all’emozione di
questa gente. Questo è un luogo di matti. Con regole da manicomio. Però non credo
di avere il diritto di giudicare chi viene fino a qui per inseguire un Dio che
gli aiuti a sopportare la vita.
Via Dolorosa |
‘Al Santo Sepolcro tocchi con mano lo scandalo della
divisione della chiesa’, mi dice un giovane frate. ‘Hai la raffigurazione del
peccato dell’orgoglio’. Un altro prete cerca una via di uscita: ‘Verissimo, qui
vi è la divisione delle chiese, ma cambiamo punto di vista: è anche la
ricchezza di liturgie diverse’.
Davanti al Kotel |
A sera, al Kotel, Hakotel Ham’aravi. Il Muro Occidentale. E’
il grande muro di contenimento che sorreggeva le fondamenta del secondo tempio
ebraico, distrutto dall’imperatore Tito nel 70 dopo Cristo. E’ il luogo simbolo
dell’ebraismo. Qui il Dio degli ebrei aspetta la costruzione del Terzo Tempio. Indosso
una kippà di carta ed entro nel recinto. So cosa mi aspetta, ma ora lo vedo e
mi azzardo a sfiorarlo. E’ impressionante. Decine e decine di ortodossi, con i
loro pastrani neri, i loro cappelli dalle grandi falde, i riccioli che pendono
dalle tempie, le barbe ottocentesche, le camicie bianche. Camminano, poggiano
la fronte al muro, toccano la pietra con la mano, gridano, cantano, discutono.
Dentro il tunnel, è un’altra follia religiosa.
Preghiera per un matrimonio |
C’è chi dorme stremato sul
leggio, chi trema di freddo, chi si dondola, chi urla, chi ha il corpo avvolto
nello scialle bianco, chi si arrabbia con se stesso per un passaggio troppo
difficile del libro. Chi sbatte il pugno sul legno di un bancone, giovani si
affollano attorno a un vecchio rabbino che sussurra versetti. Oscillano,
dondolano, non mi vedono, ancora una volta sono invisibile, scivolo fra di loro
con le mie macchine fotografiche e non mi vedono. Non ci sono. E’ un’estasi di
follia. E’ una preghiera urlata. Qui il passato è il presente. Questi uomini
pallidi e dagli sguardi che ti attraversano senza vederti piangono un tempio
distrutto duemila anni fa.
‘Vedo la storia, il passato immobile’, mi dice una donna
cristiana. ‘Penso che il Dio dei cristiani è vivo, è nel presente. Il kotel mi
affascina. Ma non potrei vivere sempre nel passato. Ho bisogno di Dio incarnato
nella vita di ogni giorno’.
Il grande spiazzo davanti al Muro Occidentale è la plaza. Il 10 giugno del 1967, dopo la
guerra dei Sei Giorni, gli israeliani demolirono le case del quartiere
maghrebino. 135 edifici distrutti e 650 palestinesi espulsi, scrive lo
scrittore William Darl
La preghiera del barbiere |
A sera sono stanco di sacro.
Ma è impossibile sfuggirvi, mi riappare subito in maniera inaspettata e
quasi mi riconcilio con la santità. Nella minuscola bottega di un barbiere, a
pochi passi dalla folla del Santo Sepolcro, a cento metri dall’ortodossia del
Kotel, un uomo è in attesa seduto sulla grande e vecchia sedia. E’ paziente. Il
barbiere è inginocchiato a terra in uno spazio di un metro per un metro. Il
tappetino sotto le ginocchia. La fronte a terra. Prega il suo Dio. Ha
interrotto il suo lavoro per pregare. Il cliente del barbiere apre la porta del
negozio, mi invita a entrare, non c’è spazio, mi rincantuccio in un angolo. Sì,
a sera ho trovato un momento di sacro.
Lunedì, 24 febbraio. Gerusalemme
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