La danza dei cristiani |
Attraverso mille mondi in poche ore.
Tassi per l’aeroporto
di Firenze. L’autista è una ragazzina bionda dai capelli decolorati. Unghie
color verde pisello e l’aria di chi ha fatto tardi la notte. Chiodo sotto il
labbro. Voce inesistente. Parla a sussurri. Non esista a chiedermi 25 euro.
Aereo per Roma. Viaggio
dentro il mondo arabo e cinese. Hanno voli in connessione a Fiumicino. Famiglie
arabe che tornano a casa per una vacanza. Donne con il velo. Uomini sovrappeso.
I figli più grandi che parlano con accento fiorentino. Scarpe da ginnastica con
i brillantini e pantaloni attillati sotto gli spolverini. Gli arabi sono eccitati
da ritorno, gli uomini guidano le donne con fare da macho. I cinesi sono sfingi
silenziose.
Aeroporto di Fiumicino.
Un ebreo dalla pancia enorme indossa i filatteri e prega mormorando versetti della
Torah. Muove le labbra e cammina ondeggiando. Un giovane accanto a lui dondola
con occhi commossi. Pregano e poi aprono il computer e si mettono a frugare
nelle mail bevendo coca-cola. Molti uomini indossano la kippà. Alcuni preti
cattolici silenziosi con la croce di Tau sopra il maglione.
Aeroporto di Tel Aviv.
In fondo alla scaletta, una ragazza falasha
di seconda generazione. I genitori devono essere emigrati dall’Etiopia
quasi trent’anni fa. L’architettura da superbia dell’aeroporto. Arrivi sempre
con apprensione. Ci si mette anche il pilota: ‘Le autorità militari israeliane
chiedono di non fotografare dall’aereo….’. Temi i controlli israeliani. La loro
insistenza. Trovi la normalità. Tre domande in croce: perché sei qui, dove
dormi, chi è con te. E hai la entry card blu che puoi tenere fuori dal passaporto.
Tutto semplice. Solo l’autista del taxi collettivo per Gerusalemme è brusco e
scortese. Viaggio con due ragazzi svedesi senza soldi, con un haredim pallido,
con un americano stravolto da un viaggio dall’Alaska, con un ebreo brasiliano
dalle grandi occhiaie.
Preghiera al Kotel |
Salita agli ottocento metri di Gerusalemme. Torrette qua e là. Alcuni reticolati. Il
muro, vicino alla città, chiude
l’orizzonte della strada. Periferie in costruzione. Gru e palazzi che salgono
verso l’alto in una città-formicaio. In giro solo haredi, un alveare nero di
cappelli, pastrani, camicie bianche, bambini dai lunghi riccioli. Non ne non
conosco le diverse appartenenze, so che sono il 37% degli abitanti di
Gerusalemme. E’ cambiata la composizione della città. Al solito camminano in
fretta.
Lo shuttle mi molla Jaffa Gate. Devo attraversare tutta la
Città Vecchia. Le ruotine del mio zaino fanno un bel fracasso sulle pietre
bianche di Gerusalemme. Nessuno nei vicoli. Mi sento un po’ assurdo. Mi perdo.
Dei ragazzi con l’aria da bullo mi rimettono in strada, ci scambiamo battute. Mi
chiedono a che stazione è il mio
ostello. E intendono le stazioni della Via Crucis. Vanno di moda i capelli
rasati alla mohicano. Alla fine, un ragazzo mi accompagna fin davanti alla
porta dell’ostello. Mi saluta: ‘Questa è Palestina. Benvenuto. Non è Israele’.
E alza il pollice con l’aria serissima’. L’ostello è a due passi dalla porta di
Damasco. Ti fanno pagare dove sei, per il resto non vale i soldi che chiedono.
Ma l’uomo all’ingresso è simpatico. Scrive a penna il mio nome e parla
lentamente.
La moschea di al-Aqsa |
Cammino verso la porta di Damasco. Operai palestinesi stanno rifacendo la pavimentazione della strada. Pietre bianche. Se la prendono mentre
scatto una foto. Un uomo si avvicina, mi chiede di dove sono: ‘Viva l’Italia,
viva la Palestina. Benvenuto’. Soldati
israeliani passeggiano pigramente (divise mimetiche, divise blu scuro) con i
loro fucili. Un ragazzo si ostina a vendere frutta sui primi scalini della Porta di Damasco. Fuori, nella piazza, il mio ristorante preferito. Casa.
Maxi-schermo con l’Atletico Madrid, gruppetti di ragazzi, una microcoppia di
ragazzi giapponesi tutti presi dai loro strumenti musicali. L’humus, al solito,
è colmo d’olio. Intingo, con piacere silenzioso, la pita. E guardo la partita.
E come sempre ho la voglia di tornare a casa e fare lo zaino.
RispondiEliminaE' che questa volta, con un biglietto gentile, i servizi di sicurezza israeliani hanno aperto e perquisito il mio zaino....alla fine, hanno rotto la cerniera (era già difettosa) e lo hanno avvoltolato al nastro isolante....ma sì, domani riparto...
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