La chiesa della Natività |
Ha fretta, Ibrahim. Ha sempre urgenze. Ibrahim Shomali,
coppola in testa, barba lunga, è un parroco brusco. Ha le sue ragioni: prete
palestinese a Beit Jala, sobborgo di Bethlehem, nato quaranta due anni fa a
Beit Sahour, ‘il campo del pastore’, ha vissuto gli anni dell’ imprigionamento della sua gente dietro
la cortina di cemento del Muro. Ogni giorno affronta guai. Adesso Israele sta
per chiudere il recinto e l’ultimo tratto di questa barriera toglierà gli
oliveti a cinquantotto famiglie di Beit Jala. Ibrahim è sempre arrabbiato.
Padre Ibrahim (foto di Vittore Buzzi) |
A fine maggio, nella sua città arriverà Papa Francesco. Dirà
messa nella piazza della Natività. E Ibrahim non vorrebbe pellegrini o turisti:
‘Questa messa è per i cristiani di Terra Santa’. La piazza è piccola, non può
contenere più di diecimila persone. Bergoglio incontrerà i preti di Palestina a
Gerusalemme. Ibrahim non ci andrà. Perché non vuole andarci a piedi. Per una
sua personale protesta. Che è una piccola, serissima sfida collettiva. L’occupazione
militare israeliana (Bethlehem è territorio palestinese, ma è accerchiata dal
Muro e parte della città è sotto controllo diretto di Israele) è un’angheria di
‘piccole cose’. Ibrahim ha una macchina con targa israeliana e due patenti. Una
palestinese e una internazionale. Niente di questo vale per Israele. Padre
Ibrahim non può guidare fino a Gerusalemme. La sua patente non vale nulla oltre
il Muro. Un prete palestinese cattolico dei territori palestinesi (documento di
identità dalla copertina verde) non può andare in macchina nella città santa
del cristianesimo.
Tutto qui.
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