Hussein, notabile di Hamed Ela, è stato di parola. La fatica
di Paolo, fotografo di Trento, è stata premiata. Le foto del villaggio, dei
suoi abitanti, degli uomini della cava del sale, delle donne che sgobbano con
le taniche dell’acqua, sono appese a delle corde in una sorta di piazza fra le capanne dell'ultimo villaggio prima del nulla. Questa è la più
straordinaria delle mostre fotografiche. Siamo orgogliosi di aver esposto le
nostre foto in un avamposto del deserto di sale, in un villaggio ai confini del
mondo, fra capanne prive di colori. Hamed Ela, ‘il pozzo di Hamed’, è il
terminale delle carovane del sale. Qui, nei mesi dell’inverno dancalo, da
ottobre e marzo, vivono quattrocento cavatori, gente che taglia pezzi di sale
da un fondo marino disseccato. Solo una ventina di famiglie afar è stanziale. Capaci di resistere a temperature assassine. Sette anni fa, questo era un luogo isolato. Dimenticato. Solo gli uomini dei
dromedari ne conoscevano l’esistenza. Qui da secoli e secoli si viene a cavare
il sale.
Oggi Hamed Ela è Far-East. Sono arrivate le compagnie
minerarie (con i camion, le ruspe, le trivelle, i prefabbricati con aria
condizionata), è arrivato l’esercito (l’Eritrea è a un passo), sono arrivate le
puttane. Gli afar hanno visto cambiare il loro mondo.
Ma gli afar hanno fatto in tempo a donarci le loro immagini, sono stati gli attori delle nostre fotografie. Legioni di
fotografi sono passati di qua. Le foto di Hamed Ela, della fatica di questa
gente, i luccichii di Dallol, sono apparse su tutte le riviste. E tutti hanno scritto che questo è ‘un
inferno’. Gente senza fantasia. Io penso che Hamed Ela sia un posto intrigante, dove va in scena il gioco
del mondo. Con quanto di schifoso ha addosso e con quanto di umano possiede. Paolo spiega: ‘Era tempo di
restituire agli afar quanto avevamo preso’. Era davvero tempo di portare queste
foto fino ad Hamed Ela. Non so cosa abbiano capito gli afar quando si sono
trovati davanti le loro immagini. Io ne ero così sorpreso ed emozionato che mi
sono dimenticato di regolare gli iso della mia macchinetta fotografica. Quasi
non ho scattato. Mi sono goduto la scena: gli afar che guardano le foto tenendosele in mano. Nemmeno se avessi esposto al MoMa sarei
stato così felice. Hussein alla fine ha detto: ‘Tolgo le foto, altrimenti
stanotte se le mangiano le capre’.
Se passate ad Hamed Ela, per favore, chiedete a Hussein che monti nuovamente questa mostra. Dovrebbe essere conservata nella sua capanna. Anche
se in cuor mio spero che queste immagini servano a tappare i buchi nei tetti
delle capanne.
La prossima volta, la portiamo nella Piana del Sale.
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