Saba in giapponese |
Le parole come coincidenze. Vado a vedere Piazza Garibaldi. Un bel film senza distribuzione di Davide Ferrario: è un on the road italiano. Ferrario segue le
tracce lasciate dai Mille in camicia rossa: da Bergamo, città del regista, fino
in Sicilia. Poi risale la penisola. E, a un certo punto, lascia lì una breve
frase di Umberto Saba, il malinconico poeta triestino:‘Gli italiani sono
l’unico popolo, credo, che, alla base della loro storia, abbiano un fratricidio’.
La coincidenza è che, in quello stesso pomeriggio, ero davanti all’antica porta della
libreria Umberto Saba a Trieste.
Umberto Saba |
Via San Niccolò, strada elegante del centro di una delle più
belle città italiane. C’è una statua del poeta che sta camminando verso la sua
bottega. Memoria di Trieste. Altrove camminano James Joyce e Italo Svevo.
Nello sfolgorio di caffè e negozi del lusso la differenza della libreria Saba obbliga a rallentare i passi. C’è
ancora la libreria. Mi ero spaventavo vedendo un negozio vicino sbarrato da assi di
legno. Sapevo che, negli ultimi mesi, erano corse voci della sua chiusura. Anni fa avevo già conosciuto
il ‘solido pessimismo’ di Mario Cerne, 72 anni, il figlio del primo commesso di
Umberto Saba. Ricordo Mario: sommerso dai libri accatastati sugli scaffali
novecenteschi. Questo pomeriggio sbuca da dietro colonne di libri. Quasi stupito da qualcuno entri in libreria. ‘Domenica c’era la Barcolana qua a Trieste – mi dice subito
- Avevo preparato una vetrina con carte nautiche e libri preziosi di barche.
Non si è visto nessuno’.
Ascolto, ma cerco di nascondere la mia piccola felicità: la libreria è aperta, Cerne è
sempre in battaglia con il mondo, ma la sovrintendenza ha finalmente ‘vincolato’ ‘la
scrivania del poeta, la macchina da scrivere, le schede del catalogo, gli
scaffali, l’insegna, i cataloghi storici, i quaderni degli acquisti’. Questo
luogo non si perderà. Guardo l’insegna dorata, so che ha un riflesso sulla più
celebre delle foto di Umberto Saba: il poeta cammina, leggermente incurvato,
appoggiandosi a un bastone, in una strada di Roma, con lo sguardo sornione, la
pipa in bocca, un berretto in testa. Il fotografo è rimasto sconosciuto.
Mario Cerne |
Torno nel pomeriggio. Aspetto. Vedo arrivare Mario Cerne. Azzardo:
cammina con il passo che fu di Saba. Mi regala un inchino. E un nero, un caffè normale a Trieste. Ecco, sono pronto: posso
affrontare la malinconia del libraio.
Il palazzo della libreria appartiene alla comunità ebraica. Da
qualche parte ho letto che l’affitto della libreria è di mille e cento euro al
mese. Non chiedo se sia vero. Forse questo locale, costruito ai primi del ‘900 e oggi invaso dalla bellezza
confusa dei libri, era un magazzino. Certamente, nel 1914, era già la libreria
Mayländer. Da otto anni James Joyce non abitava più nella casa della porta accanto. Umberto Poli (Saba era il nome che si scelse), nel primo
dopoguerra, lavorava nel cinema di suo cognato. Nel 1919 la libreria fu messa
in vendita. Saba esitò: ‘Non voglio passare la mia vita in un antro scuro’,
avrebbe confidato agli amici. Cambiò idea. Scrivere era già una sorta di terapia
contro il pessimismo. Forse avrebbero potuto esserlo anche i libri. Grazie a
un’eredità, comprò la libreria e la chiamò ‘antica e moderna’. Cinque anni più
tardi, si presentò un ragazzo di diciassette anni. Cercava un lavoro. Divenne
il mulo della libreria. Era Carlo Carletto Cerne, il padre di Mario.
Umberto Saba e Carletto Cerne (dalla pagina facebook dell'associazione librai antiquari) |
Carlo Cerne salverà la libreria negli anni delle leggi
razziali. Saba era ebreo e non poteva conservare la ‘bottega’. Doveva fuggire. Solo
alla fine del fascismo, tornò a Trieste. Carlo, allora, divenne socio del
poeta. ‘Saba aveva un carattere poco socievole. Da ragazzo non mi facevo vedere
molto in libreria – ricorda Mario – Ma era un uomo generoso. Faceva il libraio
a suo modo: apprezzava solo chi gli era simpatico. Era capace di cacciar via
clienti dalla libreria. Altre volte regalava libri all'insaputa di mio padre’.
Umberto Saba muore nel 1957. La figlia Linuccia rimane a
Roma. Carletto acquista la quota del poeta. Il giovane commesso è diventato un
eccellente libraio: quattro volte all’anno pubblica cataloghi che invia in
tutt’Italia. Il figlio Mario comincia a lavorare in libreria nel 1960. A 19
anni. Ha passato più di mezzo secolo in questo piccolo ‘antro scuro’, sovraffollato di
libri. Carlo Cerne muore nel 1981. ‘Capii che era giunta la sua fine quando non
mi chiese più nessuna notizia dei libri’, dice Mario.
Mario Cerne e la foto di Umberto Saba |
Non credo che nemmeno lui sappia quanti libri ci siano in
questa piccola stanza-labirinto che si attorciglia su se stessa. Gli scaffali
vanno da terra al soffitto. Tutto sembra precario. Sul punto di crollare. I tavoli sono sepolti sotto
i libri. La muraglia di carta fa una giravolta ancorandosi a una colonna di
marmo. Non riesco a fare un passo. Il pavimento cigola: è legno del 1907. Entrano
due persone distratte, alcuni turisti fanno un passo solo per scattare una foto.
Sono state attirate dall’aria diversa
di questo luogo. Ne escono in fretta. Mario si adombra: ‘Almeno un saluto. Non
c’è più curiosità. Non c’è tempo per i libri. Oggi vi è solo velocità. Anche
lei sta guardando l’orologio perché ha un treno. Ora si cerca tutto su internet
o su wikipedia’. Temo che mi cacci, non oso confessargli che quanto scriverò
finirà nel vuoto troppo pieno del
web. So che ha fatto un tentativo di catalogazione elettronica dei libri: si è
spezzato l’hard-disk. So che qui dentro, da qualche
parte, vi è un libro stampato a Venezia nel 1484. E’ in bella vista (e
incomprensibile se non ti viene spiegato), invece, una edizione
microcalligrafica della Divina Commedia. Raccolta tutta in una pagina. Foto e ritratti
di Saba sono appesi ai libri. Piccole statuine sono in posa accanto
all’edizione giapponese delle sue poesie.
Via San Nicolò, 30 |
Mario Cerna è un custode malinconico. Pensa che Trieste non
abbia fatto molto per il suo poeta. Io lo vedo come un uomo solitario. A differenza
di Saba, non ha voluto un commesso. Però, nel tempo passato con lui, ho visto
che salutava molte delle persone che passavano davanti alla libreria. Alcuni si
fermavano per chiacchierare. Vedo una bella testardaggine nell’aver tenuto in
vita la libreria: ‘Dovevo farlo. Per Saba. Per mio padre’. La figlia di Mario
vive a Londra. Non tornerà a Trieste. Non chiedo del futuro a Mario.
Allargherebbe le braccia e direbbe:‘No, questo è un paese senza futuro’. E mi racconterebbe le mille ragioni per le quali non dà molte speranza alla libreria.
Posso dire? Non ci crede nemmeno lui. O, almeno, questo è quello che voglio pensare. La sua è una libreria ostinata. Ha retto a guerre e modernità. E' andata contro tutte le regole del mercato. Troverà il mondo di continuare a vivere per altri cento anni. Io ne amo
il disordine, il caos, la confusione. Persino la polvere. Mi appare qualcosa di
vero rispetto ai book-store patinati. So che qui si possono trovare tesori dimenticati. Mi piace la contraddizione di questa bottega fra i luccichii di via San
Niccolò.
La Libreria Antiquaria Umberto Saba è in Via San Nicolò, 30, a Trieste.
Aperta dalle 9 alle
12.30/dalle 16 alle 19.30 (chiusa al lunedì). Tel. 040.631741. Non c'è un sito internet, ma una mail sì: mario.cerna@iol.it
Trieste, 18 ottobre
Trieste, 18 ottobre
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