domenica 7 ottobre 2012

A Ferrara danno il bicchier d'acqua con il caffè





Mi piace Ferrara. Anche perchè danno un bicchier d'acqua con il caffè. Come al Sud.





Bisogna essere esperti al festival di Internazionale. Averne esperienza. Bisogna essere pazienti, tenaci, determinati. Avere una disciplina ferrea. Conoscere i meccanismi delle file, dei ‘tagliandi’, prenotare con un anticipo impensabile gli incontri ai quali si vuole partecipare. Bisogna essere quasi preveggenti. Non decidere all’ultimo minuto. Alle sette devi essere già in coda per un dibattito fra David Carr del NY Times e Alan Rusbridger del Guardian. L’incontro comincerà alle nove, ma senza ‘tagliando’ non si entra. Le code sono doppie. Così è per i film: devi sapere che i biglietti sono in prevendita.
Tutto è affollato attorno alle parole di Internazionale. E l’età media è bassa. Bassissima. ‘E’ cool venire a Ferrara per Internazionale’, mi dice Valentina. Ma non sono così sicuro che lo creda davvero. Sì, è figo essere qui, ma questi ragazzi hanno bisogno di qualcosa di bello. Non si accontentano. Sono esigenti. Vogliono sapere dei cammini verso il futuro. Vogliono costruire un futuro. Possibilmente memorabile.
Sala stampa


Valentina e Diana hanno cercato di entrare in più luoghi. Senza successo, sempre respinti, dallo sbarramento dei ventenni dello staff (se penso ai buttafuori taurini di Pittimoda….). Non ne sono amareggiate. Sono felici di essere qui.
Il trucco (da faccia tosta, da illusione) per scansare le code e fare finta (o quasi) è accreditarsi come giornalista. Non viene negato a nessuno. Al tavolo della birreria ci sono cinque ragazzi, nessuno di loro è giornalista ‘vero’ (chi è un giornalista vero e chi è falso?), ma tutti dribblano le code e si vedono ciò che vogliono con il passi Stampa. Valentina (giornalista vera) non lo ha chiesto.

Davanti alla cattedrale


Le mattine, come si usa, sono lente. Anche a Internazionale. Quasi nessun appuntamento prima delle undici. Giornalisti in coda per prenotare un posto agli ‘eventi’. Noto nuovamente Giuseppe Laterza in coda. Mi piace che uno dei più importanti editori italiani sia pazientemente in coda.
Mi siedo a un tavolo e scopro che è prenotato da una pattuglia di ragazzi. Redazione di una rivista che si chiama Meridiani-online. Il web dà spazio a chi vuole fare giornali. Solo che questi sono di Firenze, si occupano di politica internazionale e io non ne ho mai sentito parlare. Qualche passaggio non ha funzionato. Copio dalle loro ‘pagine’ le ultime notizie sul Mali. E presento la ‘nostra’ rivista on line Erodoto108. L’incontro, por suerte, è fisico. Guardo con sorpresa questi ragazzi dividersi decine di interviste da fare in giornata. Nessuno li paga per questa fatica. A sera vedrò Elena, la direttrice, stremata.
Mi cacciano dal loro tavolo, però.

Ufficio stampa


‘Affrettati lentamente’, scriveva Italo Calvino.

L'Italia delle Storie
La storia dei Pirati


Davanti alla cattedrale, incontro Mario Dondero e Laura. Ferrara ha il dono di far aprire il cuore. Nel mondo virtuale c’è posto anche per un uomo così reale come Mario, fra i più grandi fotografi italiani. Ci perdiamo in chiacchiere divertite, complice Concita, sull’assenza dei fotografi ai funerali. Ci ripromettiamo di andare a fare foto ai funerali.
Poi ci sono due ragazze che, telecamera su cavalletto, registrano le storie di chi ha un progetto. Anna e la sua amica girano le piazze d’Italia a raccogliere queste storie (www.italiadellestorie.it ). Metto Marco davanti alla telecamera: che racconti di Erodoto108.

Sedik Abba

Abdourahman Waberi


Finisce che non dico delle parole di Internazionale. Troppo intrigante la scena alle sue spalle.
Incontro su Al-Qaeda. ‘Il radicalismo islamista è figlio di generazioni senza speranza. E’ una questione di economia e di politica. Nel Nord del Mali non c’è più una politica pubblica. Quando c’era, era corrotta. Arrivano gli islamisti con i soldi dei sauditi e del Qatar, i giovani vi intravedono un futuro’, dice Seidik Abba, giornalista nigerino. ‘Dove l’arte è intisichita, dove i ragazzi sono annoiati, disoccupati, privi del domani, cresce il radicalismo’, avverte Abdourahman Waberi, scrittore gibutino. Padri e figlio, a Mogadiscio come a Gao, sono musulmani, ma non hanno lo stesso Dio. I padri hanno spiritualità. Sono sufi. I figli conoscono solo le parole violente degli imam wahabiti. Al-Qaeda oggi è anche marketing, un marchio che in molti, fra Timbuctu e Kabul, vogliono indossare.



Non c’è tempo nemmeno per una piadina. All’altro capo del centro di Ferrara (dieci minuti a piedi) proiettano Reportero. Storie di Tijuana, confine fra il Messico e il Nordamerica. Storie di narcos. Di carneficine. I giornalisti di Zeta raccontano di questa guerra. Sono vittime di questa violenza feroce. Sangue e mitragliette. Vetri infranti delle auto e corpi macellati. Però non è possibile smettere di raccontare queste storie? Anche se i tuoi amici sono stati uccisi. Zeta continua a farlo. Da trentadue anni. Applausi.

Julio Villanueva Chang

Leonardo Faccio

Gabriela Wiener


Poi ci si affolla al Teatro Comunale. Concita sulla Poltrona Rossa di Internazionale. Ma sono le storie di Julio Villanueva, giornalista e direttore di Etiqueta Negra, mensile di giornalismo narrativo a Lima, di Gabriela Wiener e Leonardo Faccio, a emozionare. Raccontare è il loro lavoro. Prendere parte è il loro strumento. Sono guidati da passione e coraggio. Gabriela e suo marito diventano scambisti in un club barcellonese di swinger per narrare, da dentro, le storie attorno ai corpi. Gabriela è attratta dalle storie dove entra il corpo. Vuole capire, afferrare frammenti di mistero. Leonardo ha scritto una storia di Leo Messi. Fuori dal campo di calcio. Julio rivela: ‘Ho chiesto questo a Leonardo perché sapevo che non amava il calcio. Ne era ignorante. Mi piace partire dall’ignoranza’. ‘Leggere molto, percorrere molti chilometri, avere tempo, dimenticare la fretta, vivere le storie: ci siano regalati questi privilegi per poter raccontare’, dice Gabriela (che non dice che fa anche la caporedattrice di Marie Claire a Madrid). Gabriela ha donato i suoi ovuli fecondati per scrivere di maternità in affitto. ‘Vogliamo raccontare storie lunghe. Evitare la frammentazione e la distrazione del nostro tempo. Vogliamo prendere parte per poter narrare’, dice Leonardo. Ho la sensazione che a Julio, Gabriela e Leonardo (orgogliosi del loro lavoro, fieri, mossi da amor proprio e ‘narcisismo consapevole’) interessi davvero la gente. Hanno empatia. Sono persone giuste. Capaci di meraviglia, di complicità. Non sono oggettivi: sono ‘onestamente soggettivi’. Raccontano storie a partire dai dettagli.

Concita sulla poltrona rossa

Corpo a corpoa


Internazionale (e Ferrara) è generoso. Francesca è generosa: mi regala Corpo a corpo, il libro di Gabriela Wiener. Aveva capito la mia emozione.


Le piazza di Internazionale


Nella notte la città ha l’aria stravolta, felice, affamata, perditempo delle notti dolcissime dopo un giorno colmo di storie. I ragazzi del sabato di Ferrara si mischiano con quelli di Internazionale. Le musiche sono sbagliate: Vinicio Capossela si diverte a fare il dj, ma non trasforma in sagra senza pensieri le musiche che ha scelto. Al chiostro un band di ragazzi sbaglia il momento del jazz. Fanno solo fracasso, inadatto al portico delle colonne. Per fortuna, fuori, c’è il rumore leggero dei passi sui ciottoli delle piccole strade del centro di Ferrara.
Ferrara, 7 ottobre



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