Dopo i mesi dei Balcani e della Palestina….con la testa alla paura della questione ‘identità’ nella mia Italia, mi ritrovo, in Argentina, a farci i conti a ogni passo.
Gli argentini sembrano chiederselo ogni momento. Abuelos italiani, spagnoli, tedeschi, gallesi, arabi (che qui chiamano ‘turchi’)…..chi siamo? Di chi siamo figli? Quale è la nostra storia? Si pongono davvero questa domanda oppure è un gioco di intellettuali? Qui, a Iruya, una delle famiglie più potenti celebra le sue origini slave (dalla Yugoslavia fino a queste montagne!) chiamando l’Hosteria di famiglia ‘Federico III’. Mi dicono che hanno poco a che spartire con il paese. Ma non so cosa voglia dire.
A Humaucha incontro Mansur. Cognome arabo. Suo padre era siriano. Lui ha 56 anni. E non sa una sola parola di arabo. Ignora tutto della sua storia. Ma il suo viso potrebbe essere quello di un commerciante della casbah di Damasco. In una generazione si è perso ogni memoria.
E poi ci sono gli aborigines. Figli di un mosaico di antenati. Sanguemisti. In una nazione dove gli indigeni sono davvero pochi. Nascono gruppi contrapposti per rivendicare le terre. Si cerca di ricreare una ‘identità’ che è stata cancellata con una perfidia meticolosa. La sensazione (superficiale) è che davvero comunità indigene stiano cercando di affrontare un mondo nuovo. Con la coscienza confusa di un passato troppo lontano.
E sulla lavagna della scuola di San Isidro, la identitad affronta il delitto dei figli dei desaparicidos a cui è stato negato di conoscere perfino le loro origini. La ‘guerra sporca’ degli anni ’70 è uno spartiacque impossibile da ignorare.
E ancora: le mummie incas di Salta a chi appartengono? Sono un patrimonio di un sapere umano (e quindi devono essere conosciute, studiate, mostrate) oppure devono essere restituite alle comunità indigene? A quali? Anche gli incas erano invasori in questa terra.
Non so se mi aiuta, il musicista Ricardo Vilca: ‘La vida es como un pasaje que tenemos para estar en la tierra, con la tierra, y el cuerpo es un tesoro que nos permite partecipar….eso que sentimos se llama identidad y es mas que nada lo que hablaron los abuelos, lo que vivimos en nuestra casa’.
Cos’è identidad, per me. Confuso in un paese delle Ande.
La tentazione è quasi ovvia: vorrei provare a fermarmi un po’ qui. Davanti a queste montagne. Provare a camminare come fa questa gente che ha tracciato sentieri di milioni e milioni di passi.
Non accadrà. Però Pablo ci è riuscito. E, a sera, suona il violino per i suoi ospiti.
Iruya, 23 ottobre
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