Don Jerez |
‘La nuova divinità è il peso. E’ come se fosse tatuato sulla nostra fronte. In dieci anni, è cambiato il mondo nel nostro villaggio. Prima avevamo tempo, eravamo agricoltori, non eravamo poveri, ci salutavamo e ci conoscevamo tutti. Ora è arrivato il turismo e nessuno ha più tempo. Pensiamo solo ai pesos’. Bisogna sapere che don Jerez, 45 anni, una viso colla, la gente di queste montagne, eredi di incroci fra inca e popoli della Quebrada, possiede uno dei negozi più belli di Purmamarca. In un angolo strategico. Là dove fermano i pulmini dei turisti. Che, dalle dieci del mattino, invadono a plotoni affiancati le poche strade del villaggio della Montagna dei Sette Colori. Anni fa, l’Unesco dichiarò questa valle Patrimonio dell’Umanità, un paesaggio culturale, e il vento cambiò in questa quebrada. La svalutazione del peso nei primi anni del nuovo millennio ha fatto il resto. Sono arrivati, a plotoni affiancati, i turisti.
‘I soldi non danno la felicità, ma calmano i nervi’, dice don Jerez. A sera, trova il tempo per parlare. Al mattino è inavvicinabile. ‘Quando ho bisogno di pace, vado a Jujuy. In città’, spiega ancora. Ecco, il mondo ribaltato:i turisti arrivano a Purmamarca in cerca di tranquillità, gli abitanti di questo villaggio andino vanno in città per non aver pensieri.
‘Il turismo e la ricchezza sono arrivati improvvisi. E ancora non si sa bene cosa fare con il denaro. Gli uomini si comprano macchine sempre più grandi’, mi dice una giovane sociologa che è venuta a vivere qui.
Montare e smontare carretti di tappeti, bamboline, maglioni pesanti, sciarpe, guanti è la cerimonia del mattino e della sera. Le donne (sono loro le commerciati della piazza) arrivano con lentezza un paio d’ore prima del primo turista.. Spingono carretti di ferro, si aiutano a montare la bancarella. Una musica andina vola per l’aria. Nuovo rito del paese. ‘Me compra una pulsera?’: sono il solo straniero a quest’ora del mattino. Non si può perdere un solo cliente. La merce arriva dal Perù, sono già apparsi le prime statuette made in China. ‘Nessuno ci comprerebbe i mantelli che tessiamo a mano – mi dice una donna mentre a capo chino ripiega l’ennesimo maglione con la lampo - Ci vogliono giorni per tesserli. Costano troppo cari per i turisti. A loro preme solo comprare. Non importa cosa’.
Eppure c’è un’aria strana a Purmamarca. C’è il tempo dei turisti (dalle dieci del mattino fino al tramonto) e il tempo della pace. Il rituale dei carretti ha sostituito i saluti fra i contadini. Ma, ai miei occhi, il legame di una società silenziosa appare ancora resistente. Cosa faranno i figli di queste donne? Oramai tutto il centro del villaggio è occupato da negozi, bancarelle e hostal…..
Al mattino, prima ancora dei carretti delle donne, si muove un piccolo popolo. Le ragazze che lavorano negli alberghi e negli hostal arrivano dai paesi vicini, non benedetti dal turismo. I ragazzi vanno a fare i muratori per gli imprenditori di Salta o di Buenos Aires che costruiscono nuovi hotel di lusso. I bambini (tre, quattro per motoretta) vanno verso la scuola. Tutti con il sacchettino della comida in mano.
Purmamaraca, 21 ottobre
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