mercoledì 23 aprile 2014

Cartolina da Alessandria del Carretto

Murale ad Alessandria del Carretto

Da molto tempo volevo andare ad Alessandria del Carretto. Solo per il nome. I nomi attirano i viaggiatori. Sapevo che il paese era in terra di Calabria. ‘Lucania calabra’, mi corresse subito una pagina di Franco Arminio. Il confine fra le due regioni è a due passi. Sul crinale della montagna. Ma il narratore del Sud, dell’Italia interna, ha dedicato solo cinque righe a questo paese dell’ultimo sperone orientale del monte Pollino. Non mi bastavano. Non mi aiutavano. Qui dovevo venire. E poi, ad Alessandria, fra la fine di aprile e il primo finesettimana di maggio, c’è la Festa dell’Abete. Rito arboreo. Come altrove in queste montagne. Ma qui, mi dicono subito al bar dell’ostello (si chiama Ambrosia l’ostello, è gestito da una cooperativa di sei ragazzi), la ‘festa è particolare’. Vero, hanno ragione, dovunque questi riti del bosco sono ‘particolari’. Qui l’albero, un colossale abete bianco, sarà trasportato a braccia. Scenderà dalla montagna la prossima domenica, tirato dagli uomini del paese. Niente buoi. Saranno le mani, le spalle, la forza della gente di Alessandria del Carretto a spingere le tire, bastoni di pero selvatico o cerro, legati al tronco con nodi di prugnolo scaldato sulle braci di un fuoco. ‘Non si romperanno mai’, mi assicurano. Festa bellissima e selvatica.

Antonio si gode il sole

Ci sono sparvieri in caccia nei cieli dei valloni. Sulle vette del Pollino, la neve è ancora aggrappata alla montagna. Sul crinale, le foglie dei cerri non hanno ancora nemmeno provato a spuntare. Siamo a mille e più metri. Il paese è un attorcigliamento scosceso di case. Sembra scivolare verso la valle. Padre Pio è nella piazza del Comune e appare un po’ dovunque. Ragazzi hanno dipinto murales, complice una festa estiva, per i vicoli del paese. C’è l’ufficio postale e la postina ha l’aria di avere buone gambe. Spesso consegna la posta al bar. La chiesa deve essere stata costruita prima delle case tanto sono stretti i passaggi attorno alle sue mura. Mi dicono subito che il prete è africano. Arrivato venti anni fa dalla Tanzania. Si è trovato bene, si vede.

I paesani nel bosco per tagliare l'albero

Il primo giorno della festa quasi solo per paesani, si va a tagliare l’albero in montagna, sul crinale di Spinazzeto. Bisogna faticare, salire su un costone ripido, farà freddo. In mezzo pomeriggio di attesa conosco il paese. Il vecchio Vincenzo ha un solo dente e mi regala ‘le figure’, i santini con san Vincenzo e la madonna del Carmine. L’impiegato del comune mi offre vino buono e asprigno. 

Vincenzo e le 'figure'

E’ domenica di Pasqua e gli uomini si danno la mano e si baciano sulle guance nella minuscola piazza del paese. I ragazzi dell’ostello che mi raccontano della loro storia e dei turisti pugliesi che non vengono più. Tutti loro hanno un altro lavoro. Saprò poi che al mattino fanno ‘il giro degli anziani’. Vanno a tenere compagnia a chi è solo. Antonio, 83 anni, si gode l’ultimo sole sotto l’affresco che ritrae la pita scalata da un arrampicatore coraggioso. Un altro vecchio mi dice: ‘E’ bella la nostra festa. C’è gente che viene apposta’. E ricorda ancora le minigonne delle ragazze di Milano.

Padre Pio per il paese

C’è un negozio di alimentari, tre bar e una macelleria. Una scuola elementare con due/tre bambini. Una scuola media con altrettanti ragazzini. Quasi tutti i paesani di Alessandria hanno casa a Trebisacce. Giù al mare.

Mascheroni


Al paese, nel 1959, venne Vittorio De Seta e vi girò uno dei dieci cortometraggi del suo documentario ‘I dimenticati’. Al taglio dell’albero, incontro il sindaco. Mi ripete: ‘Eravamo dimenticati, allora. Lo siamo ancora’. Alessandria del Carretto ha, a cercare in Internet, 511 abitanti. L’impiegato dell’anagrafe ha promesso che farà una ricerca per me. Lo scorso anno non è nato nessun bambino. Quest’inverno la strada che sale dal mare è franata. Il paese è rimasto isolato.

Villapiana, 22 aprile

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