venerdì 30 marzo 2012

Luoghi di resistenza inconsapevole/Il barbiere di via Euganea


Pino nel suo negozio


Ammiro commosso il suo negozio. E nel suo viso trovo somiglianze con Jean Gabin. Vecchio gilet a quadri, una cravatta rossa con strisce oblique, sigaretta in bocca. Pino si guarda attorno e non condivide il mio piccolo entusiasmo. ‘Una porcheria’, dice della sua bottega. Non è una sua parola, immagino. E’ una mia traduzione. Pino parla un veneto stretto e, a volte, io ho bisogno di un interprete per capire. Pareti con perlinato, vecchie stampe di Venezia che devono essere lì da decenni. Siamo in via Euganea. A Padova. Vado da Pino a tagliarmi i capelli. Forse sono l’unico cliente ‘straniero’. No, c’è anche un ragazzo greco. Ma lui parla perfettamente il veneto, vive qui da molti anni.

Pino al lavoro


I clienti di Pino sono gente di ‘fuori’. Vecchi abitanti del centro storico di Padova che ora vivono nelle periferie. Ma al barbiere di fiducia non si rinuncia. Perché qui si viene anche, e forse soprattutto, per parlare. Per tenere allacciato un filo rosso. Vengono i figli di quei vecchi abitanti di via Euganea. Strada strana, quasi un confine. Case dell’antica nobiltà padovana e, di fronte, case popolari. Un tempo qui c'era perfino una generosa casa di appuntamenti.

Pino è un barbiere involontario. Controvoglia. Colpa di un maestro che, sessanta e più anni fa, decise che quel ragazzino di dieci anni, cresciuto nelle campagne di Montà, appena fuori Padova, non era adatto alla scuola. ‘Che impari un mestiere’, disse al padre. Che si rivolse a un barbiere sotto casa e così Pino se ne andò di negozio in negozio a vendere rasoi e creme da barba. Arrivò in via Euganea e vi rimase. Apprendista in una bottega. Il resto lo potete immaginare. Da 58 anni, Pino sta qui. E’ in pensione, ma ogni giorno tira su il bandone. E, pensate, dice di non aver mai amato questo mestiere. Ma poi non ha mai smesso.

Pino


Niente tagli scolpiti. Forbici e pettine. Macchinette tosabarba. Niente concessioni a una moda impossibile. Qui, ancora, si viene perché c’è complicità. Quasi amicizia. Perché dopo il taglio si va a prendere il caffè assieme. Nell'attesa si chiacchiera o si legge Tex. Vengono gli studenti fuori sede per risparmiare qualche euro. Poi tornano e scattano anche loro fotografie. Nostalgie di un mondo che non hanno conosciuto? ‘Un tempo fra il centro e qui c’erano almeno novanta negozi. Vada a contare quanti ne sono rimasti’, dice Pino. Avverte che smette. Troppe spese tener aperto il negozio. Ma poi ogni mattino è lì. Saluta i suoi vicini, il ragazzo greco, e si mette a spazzare il negozio.
San Casciano in Val di Pesa, 30 marzo

Devo una spiegazione. Molti anni fa proposi a una piccola rivista un rubrica che volevo chiamare: ‘Luoghi di resistenza inconsapevole’. Volevo raccogliere storie di gente che stava in questo mondo con spirito leggero. Faceva un lavoro (non importa quale), ma non stava a tutte le regole del mercato. Doveva sopravvivere, ma intuiva che le ‘relazioni’, il tempo donato, le amicizie fossero ben più importanti della fretta, dei soldi per i soldi, del ‘il tempo è denaro’. Volevo, però, che questa ‘resistenza’ fosse inconsapevole. Non volevo andare a trovare chi, per scelta ‘ideologica’, si metteva in una nicchia ai margini del mercato. Alla fine, si corre sempre il rischio di esserne un frammento. 
La rubrica non si fece. Non ho grandi strumenti per andare in cerca di questi luoghi di resistenza. Ma a volte mi ci imbatto. E allora ne scrivo su questo blog. Corro anch'io un rischio: di incontrare solo vecchi artigiani che insistono nei loro mestieri o di relegarmi in un ‘folclore’ sterile. Spero che non sia così. A volte trovo giovani come il libraio di Castel del Piano che hanno il coraggio di metter su realtà controcorrente. A volte conosco Pino e allora mi taglio i capelli. Non saprei dove altro andare. Gli altri miei barbieri stanno in Irpinia e in Aspromonte. 


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