venerdì 10 febbraio 2012

Sahara/La ribellione

La pista



Un uadi polveroso, raccontano, segna il confine fra Algeria e Mali a Ti-n-zaouatene. Da qui passa la pista che collega Tamanrasset a Kidal e poi a Gao, città tuareg del Nord del Mali. Il soldati dell’esercito maliano avrebbe cercato scampo in Algeria. Il posto di frontiera è in mano ai ribelli del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (così i tuareg chiamano le loro regioni in Mali). Da metà in gennaio, una nuova ribellione targhi scuote il Sahara maliano. Battaglie a Aguelhok, villaggio di nomadi a Nord di Kidal (una cinquantina di morti, assalto a una caserma dell’esercito maliano); a Menaka, all’est del paese, da sempre epicentro delle rivolte tuareg; a Niafounke, quasi a metà strada fra Mopti e Timbuctu, il paese natale del griot Alì Farka Tourè; perfino a Lerè, a occidente, ai confini con la Mauritania. E’ guerra civile, è ribellione armata.

A Sud del fiume Niger, i neri del Mali si vendicano sui tuareg che vivono nelle regioni saheliche del paese. Caccia ai tuareg a Kati e a Segou. In fuga la comunità targhi di Bamako (vi vivevano tremila tuareg). Si parla di trentamila profughi. Cercano scampo in Mauritania, in Burkina-Faso. Kidal, dicono, è assediata dai ribelli. La città è deserta. Vi sono solo i militari dell'esercito. Gli abitanti tuareg sono fuggiti. 

Tracce


Forse si tratta ad Algeri. Ma questa volta i tuareg non nascondono di aver la forza per reclamare ciò che sempre hanno voluto. L’indipendenza del loro deserto. Adesso la reclamano anche i più moderati. Chiedono la separazione dal Sud del Mali. C’è il precedente del Sud Sudan, 54esimo paese africano. In Mali è ‘Noi e Voi’. I ‘bianchi’ e i ‘neri’. Per decenni, il Nord del paese è stata terra negletta, abbandonata, miserabile. Non c'era futuro per i giovani nati negli accampamenti nomadi. Ora i tuareg hanno le armi. Hanno, probabilmente (e non solo loro), i Sam7 (ne sono scomparsi, dicono, ben 13mila dagli arsenali di Gheddafi). I bene informati dicono che molti aerei di linea diretti verso l'Africa del Sud hanno cambiato rotte e non sorvolano più i territori di Libia, Mali e Niger.

Il Nulla


Ecco, questa è una delle ripercussioni dirette della guerra civile di Libia, il sangue di Gheddafi sta ricadendo sulle sabbie del Sahara. Il vaso di Pandora oramai è stato sollevato. Armi su armi sono svanite nei deserti. Saranno usate. I tuareg che hanno combattuto a fianco di Gheddafi sono tornati in Mali. Ma sono arrivati anche i tuareg che avevano scelto di combattere con i ribelli di Bengasi: non si fidano più degli ‘arabi’, sono già delusi dai nuovi governanti di Tripoli. Ora i due gruppi possono trovare una guerra e una causa comune. I ragazzi tuareg non sono più cammellieri. C’è una gioventù che ha studiato alla testa della nuova ribellione. Hanno stretto alleanze con militari, ufficiali che hanno disertato dall’esercito maliano, altri che sono superstiti dalla scassata armata di Gheddafi. Alla guida dei ribelli dicono che ci sia Mohammed ag Najin, ex-ufficiale libico. Intesa anche con i ‘Seguaci della Religione’, islamisti di Iyad abu Ghali, ex- console del Mali a Geddah. I ribelli dichiarano ostilità contro al-Qaeda, presente in quei deserti (ha in mano, probabilmente, 17 ostaggi occidentali).

Vita in dserto


Il presidente del Mali, Amadou Toumani Tourè, tenta una disperata mediazione. Cerca, a parole, di fermare i pogrom anti-tuareg al Sud. Ma nessuno sembra credere ai suoi tentativi. Nessuno sembra credere più a niente in questo pezzo di Sahara. Ricostruire saggezza sarà difficile. Qualcuno dovrà farlo.
San Casciano in Val di Pesa, 10 febbraio







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