domenica 19 febbraio 2012

Incontri in Maremma/Luciano Bianciardi


Luciano Bianciardi (da letture.wordpress.com)

Da qualche settimana viaggio per la Maremma. Un altro libro da scrivere.

Terra strana, la Maremma. 228mila, gli abitanti della provincia di Grosseto. Densità da 50 abitanti a chilometro quadrato. Un quarto della media italiana. E’ terra di campagne e colline. Di mare bellissimo. Di antiche paludi. I casali sembrano non conoscere trucchi. Hanno il disordine della fatica vera. I paesaggi non sono pettinati come in Chianti.

La Maremma. La strada della Valentina


E poi in Maremma si fanno incontri. Con uomini solitari, dal carattere brusco. Luciano Bianciardi lo trovo a Gavorrano, di fronte alle miniere dismesse della Montecatini (Bianciardi avrebbe voluto 'far saltare per aria' il grattacielo milanese di questa società che, proprio qui, a Gavorrano, ha cominciato a fare soldi). Se andassi fino a Ribolla, lo vedrei ancora lì, davanti alla miniera nella quale, nel 1954, morirono 43 uomini. Alla fine lo ritrovo a Grosseto. Nelle periferie della città, ma anche nelle strade del centro. Mi accompagna anche sull’Amiata perché vuole dirmi dei minatori del mercurio. Si arrabbia mentre mi racconta. 
‘E’ stato uno dei pochi arrabbiati italiani sinceri’, diceva di lui Oreste Del Buono. Era come Pasolini, Bianciardi. Aveva scritto: ‘Chi non ha l’automobile, l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due lavatrici…a tutti. Purchè tutti lavorino, purchè tutti siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo’. Non aveva la lucidità da chirurgo di Pasolini. Ignorò il ’68. Era già fuori. Era già lontano. Era andato oltre. Aveva intuito in anticipo.

Gavorrano. Le medagliette dei minatori


Leggo: ‘Si inventò una vita diversa, ma poi non seppe cosa farsene’. Ricordo il libro, La vita agra: era uno dei pochi libri che mio padre si era comprato. Perché lo aveva comprato? Edizioni Rizzoli, un serpente si allunga sulla copertina. Cosa c’entrava mio padre con Bianciardi? Non leggeva poi molto. Forse condivideva una rabbia che non riusciva a esprimere. Ho ancora quel libro.

Mi imbatto per caso in ‘via Luciano Bianciardi’. Una brutta periferia. Grosseto oggi non assomiglia a Kansas City, come si convinsero, sessanta anni fa, un gruppo di ragazzi grossetani arrabbiati. Oggi, sembra, che Grosseto voglia nascondere il suo più grande scrittore. Come se non gli avessero perdonato una ribellione impotente. Ma queste parole non hanno senso. Non sono giuste, mentre Bianciardi aveva ‘l’istinto della parola giusta’. Mi piace Grosseto. Per il suo languore.

In miniera


Massimo Raffaelli mi dà una traccia preziosa: scrittore beat. Un’esistenza beat. Bianciardi era beat? Chi altri avrebbe scritto di minatori in una Italia che si affannava, senza niente chiedersi, a costruire il miracolo economico? E' lui, assieme a Carlo Cassola, a scrivere: ‘i minatori sono gente assai parca del parlare’. E quegli erano gli anni del grand boom. 
Chi, se non un beat, avrebbe sprecato il suo immenso talento con una dolorosa incuranza? In Italia non è mai esistita una storia beat. Ma forse non ci sono stati occhi e intelligenze per vedere. Feltrinelli lo licenzia, dice lui, perché ‘strascica i piedi, si muove piano, si guarda attorno anche quando non è indispensabile’. Rifiuta il salotto buon del Corriere della Sera di Montanelli, si rintana nel Guerin Sportivo. Ma fu veramente uno spreco? Cerco di adattare i miei passi per le strade di Grosseto al suo camminare. 

Grosseto. La statua a Pietro Leopoldo


Oggi i libri di Bianciardi sono pagine di culto. Ci si appropria del suo mito. Feltrinelli ripubblica, nella sua collana più diffusa, la preziosa biografia scritta da Pino Corrias (compratela, è un 'manifesto'). Ogni sua pagina è raccolta in Anti-meridiani. Quante parole scritte! Quarte cartelle bianche riempite di storie e di traduzioni! Da qualche parte ho letto che sono 25mila....tradurre è un lavoro manuale. 
Bianciardi si ferma a un bar. Lo seguo. Vorrei seguirlo. Fino a dove? Fino alla sua malinconia?

Maremma. Orbetello


So che morì solo, Bianciardi. Quaranta anni fa. C’erano solo ‘quattro persone con i cappotti chiusi’ a salutarlo. E nessuno ricorda chi fossero due di quelle persone.

Oggi vi è folla attorno al suo ricordo. Il Corriere della Sera gli chiederebbe ancora di scrivere per le sue pagine? Lui accetterebbe?

Mi piace la Maremma di Bianciardi. Qualcuno dovrebbe rimettere il moto il furgone bibliobus con il quale Bianciardi andava di paese in paese a offrire libri in lettura.
San Casciano in Val di Pesa, 19 febbraio


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