Dove sei David Foster Wallace. Ho un bisogno urgente di te.
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Questo vi sembra un buon posto per morire? Dead's man bay a Peter Island |
Alba. Sulla baia a mezza luna dell’
Uomo Morto. Dead man’s bay. Devono avercele piantate queste palme che sono allineate come soldati in parata. Sono perfette. Alba da meraviglia. Il sole e il cielo fanno il loro dovere. Sono
sempre sorpreso dalla indifferenza della bellezza. Anche quando morì quell’uomo, in questa
baia, il sole e il cielo fecero il loro dovere ai Caraibi. Mi sembra strano
bere un aperitivo
painkiller,
ammazzadolori, assieme a un uomo morto. Onore a chi non ha cambiato il nome di
questa baia. E ha rivendicato antiche storie di pirati. Chi se ne frega se oggi è folclore...
Ho scoperto che se alzo la bandierina che sta di fronte alle
poltrone da mare, appare all'istante una cameriera.
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Spiagge di zucchero, scriverebbe David Foster Wallace |
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E direbbe che questa è opera di Photoshop. Ma no: come avrebbe dovuto reagire un mercante i sardine norvegese di fronte a questo spettacolo? Lo avrei comprato anch'io. Chiedo perdono ai beni comuni |
Fu un norvegese, produttore di sardine e petroliere, a
comprarsi Peter Island quasi sessanta anni fa. Raccontano, ma è una storia, che
un americano la ricomprò dai suoi eredi solo perché un maestro di tennis lo
cacciò dal campo di gioco. L’americano era un conservatore (due milioni di
dollari per la campagna di George Bush), un filantropo e un fondamentalista
cristiano a quanto ho capito, e il suo business erano i ‘prodotti naturali’. Fin dal 1949. Precursore di ogni produttore bio. Oggi i suoi eredi guidano una multinazionale di creme e lozioni per il corpo.
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Il biliardino al Caribe |
Nella villa più grande di Peter Island mi commuovo di fronte al vezzo di un biliardino Balilla al centro del grande salone. Sarà in dotazione d'uso o è stato chiesto a comando? Nazional-popolare da casa del popolo in terra d'élite. Ho voglia di giocarci una partita. Ma sto qui da solo, nemmeno uno straccio di compagno di giochi.
Un numero qua è importante. Sono insistenti in questo. Lo
fanno con garbo e discrezione. Ma la carta di credito è più importante del
passaporto e della patente nautica. Ci vuole la carta di credito per guidare
una barca. E ci vuole la carta di credito per varcare il pontile di un resort.
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Le sedie del tramonto. Un'idea per Ikea |
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Champagne al tramonto |
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Ecco, lo champagne |
Tramonto sulla corona delle isole. Sedie multicolorate.
Bellissime. Ci fanno notare che ci sono perfino le capre in questa isola. Moet
Chandon per il tramonto. E da un Iphone, una musica italiana. I ragazzi
scattano foto per gli ospiti. Si torna fanciulli al Caribe. Ma Wilbert,
caraibico di Saint Vincent, è manager serio e dice: ‘Mi piace la natura’. Mi
piace Wilbert. Ha l’aria di un uomo appassionato. Credo che voglia bene a questo posto.
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Wine dinner |
Wine dinner. Parla
troppo il mercanti di vini. Ma la cuoca inglese è simpatica e imbarazzata. Da
venti anni, se ne sta alle isole Vergini e almeno ci mette un po’ di Caribe
nella sua cucina. Mi ubriaco, immagino. Il maestro di cerimonie è attento alla
mia allergia ai crostacei. Di fronte a me, troppo distanti per il mio inglese,
due avvocati inglesi. Da sette anni alle isole. Hanno ufficio per clientela
off-shore. Il 70% degli investimenti che passano attraverso l’economia tax-haven delle isole è storia cinese.
Ma qui approdano le oil company.
Dalla repubbliche ex-sovietiche, dal latinoamerica. Transitano gli affari
cinesi in Africa. Il 41% della finanza di Hong Kong passa per questi mari.
Eppure, in giro, non vedi nemmeno mezzo cinese. Mi dicono che qua ci sono un
milione e ottocentomila società. Le mie statistiche dimezzano questa cifra. Mi
sa tanto che io mi limito a calcorale solo le incorporation bunsiness, le società di diritto locale. Sono oltre
470mila, a dar retta ai report del Register of Corporate Affairs. I due
avvocati, felici e corpulenti, bevono di gusto ottimi vini. Hanno speso 160
dollari per questo wine dinner. Mi
sorprendo a pensare: nemmeno tanto. Complimenti alla cuoca. I vini erano
veramente una delizia. Il mercante avrebbe potuto parlare di meno. Tanto
nessuno ascoltava.
Il ferry se ne va e non c’è tempo per trattenere i due
avvocati. Sorridono ancora: ‘Il lavoro è facile e queste isole garantiscono neutralità e riservatezza’. Rimango con il mio porto e le mie curiosità in mano.
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Pettinano la White Beach |
Colin, il nostro accompagnatore, ha una giacchetta nera e maglietta gialla. Come fa a
non sudare? Sembra uscito da un film dei Soprano’s.
Mi sta simpatico: ogni cinque minuti, dice: Magnifico
e nemmeno si guarda attorno. Mi spiega perché i top-manager dei resort sono
tutti ‘stranieri’. Ne ho incontrati di francesi, americani, caraibici. Nessuno
delle isole Vergini. ‘Chi nasce qua, se ha possibilità di studiare, vuole
lavorare nel financial.
Nell’off-shore. Guadagna di più’. Vogliono il brivido del potere finanziario,
i figli delle isole Vergini. Fin da piccoli frequentano banche e uffici legali.
Non gliene importa niente della bellezza e della natura. Hanno adrenaline
dentro e vogliono diventare ricchi. Dal lunedì al venerdì, stanno di fronte a
un computer. Al sabato vanno a Miami, Portorico o Saint Thomas a fare
shopping, stordirsi, fare festa.
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I bassi della Steel Island |
Sulla spiaggia, suona una steel band. La sua musica mi incanta. I suonatori di bidoni hanno
camicie rosa corrose dal sudore. Si muovono appena e sono serissimi. Ma la loro
musica fa volare. Almeno per un po’. Mi sembra un'orchestra di mille strumenti. Mi piace da impazzire la bassista: non le
sfugge nemmeno un sorriso, il cuore e il talento sono roba seria. Posso venire via con te? Ascoltare ogni sera la tua musica?
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La baia dell'Uomo Morto |
‘Perché non è in spiaggia’, mi dice la cameriera. Già,
perché non sono in spiaggia?
Somewhere in Caribe, 7 di marzo
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