sabato 8 dicembre 2012

Dancalia/3.Notte sull'Erta Ale: 'Inducimi in tentazione'


L'Erta Ale

Gli animali hanno conquistato la caldera del vulcano. Scoiattoli dalla grande coda si aggirano fra lava e igloo di pietra. Scendono nel precipizio dell’Erta Ale. Lo risalgono annusando l’aria, afferrando il vento. Cercano cibo. I turisti hanno cambiato il paesaggio del vulcano. Gli afar non sarebbero mai saliti sul vulcano. Per secoli non si sono mai arrampicati, guardavano da lontano quelle fiamme che, a notte, accendevano un cielo scurissimo. Perché venire fin quassù dove c’è solo il fuoco e i cammelli non hanno pascoli? I tempi cambiano e ora i diversi clan hanno costruito rifugi precari per gli strani occidentali innamorati della lava. Business del turismo, accumulazione primaria istintiva. Se ai bianchi piace la lava, diamogli la lava, hanno pensato e si sono detti nelle interminabili riunioni al buio delle capanne.
Nemmeno gli scoiattoli erano mai saliti fin sul vulcano. Ora sono a decine attorno alle capanne del precario villaggio in vetta all’Erta Ale. Sono arrivati attratti dal cibo, dagli odori, dai rifiuti. Un tam-tam animale. Lo scorso anno, sul bordo del vulcano, un topolino apparve all’improvviso e venne a mangiarsi una barretta di cioccolato sciolta sopra il mio zaino. L’uomo bianco, homo turisticus, ha creato una nuova ecologia: afar e animali arrivano al suo seguito e colonizzano a modo loro.


Alba sul vulcano

Notte sul vulcano

Guardando il vulcano


Sacrifico un calzino al dono di un’acqua fresca. Bottiglia di Highland avvolta nel calzino bagnato e messa al vento sul bordo della caldera. Niente di più dissetante. Un brindisi al fuoco.

Il bordo della caldera

Le praterie metalliche dell'Erta Ale

Praterie di 'capelli di Pele' sul vulcano


Gran movimento sul bordo della caldera, turisti notturni che, scioccamente, se ne vanno all’alba, cammellieri che ridiscendono i sentieri di lava. Rimaniamo ‘soli’. Con soldati, scout, guide….Yussuf, militare afar di Asayta, mi porta davanti alle due capanne di pietra dell’eccidio di gennaio. Allora vennero uccisi cinque turisti da un gruppo di banditi di frontiera. Storia mai chiarita.
Nessuno, questa notte, ha occupato i due rifugi di quella tragedia. E’ un caso, credo. Riconosco le capanne: sono le prime che vennero costruite quattro anni fa. Ho dormito molte volte qui dentro. Yussuf mi dice che gli aggressori sono arrivati alle due del mattino. Mi traducono così le sue parole: ‘Erano pirati, volevano solo rubare, erano afar, venivano dall’Eritrea’. Volevano sequestrare i turisti. Contavano sul riscatto. I turisti delle due capanne si ribellarono, gridarono, accennarono una reazione. Poi il colpo che parte. Nessuno può giurare chi abbia sparato per primo: uno scout della scorta o i banditi? Sono maldestri con le armi da queste parti. Sono colmi di chat, gli uomini di queste violenze in terra di frontiera. Si fa presto a uccidere cinque uomini. Mi guardo attorno. Penso, come sempre, che qualcuno dovrebbe pur ricordare chi morì quella notte. Il vulcano è indifferente.

Il vulcano reclama attenzione

Il gorgo della lava

Il lago è tranquillo

Prove di composizione

Stelle cadenti di lava

Arte contemporanea sul vulcano


Poi è il vulcano che afferra la scena del nostro giorno. Ha le sue abitudini, l’Erta Ale. Centellina le esplosioni. Sono certo che ci sia un ritmo. Yussuf mi conferma: ‘Alle undici, ogni notte, esplode’. In realtà c'è una scansione che si misura nelle ore. Il lago di lava racconta della grandiosità della terra. Illumina i volti, le pietre, il cielo. Disegna i suoi fiumi. L’acqua lavica si apre, diventa marea, inghiotte sé stessa. Si rigenera. Si ferisce. Si ricuce. Finge di solidificarsi. Lascia cicatrici. Che subito si risanano. La lava cerca di essere oceano, mare, onda. Scava grotte con improvvisa violenza. Si intestardisce contro la roccia fino a quando non le trasforma in materiale liquido. Ruggisce, il lago. Lancia sua impotente potenza verso il cielo. Stelle filanti di fuoco. Ipnotizza, l’Erta Ale.

Il piccolo Erta Ale

Il piccolo cono e la sua lava nera


Io amo the small Erta Ale. Il secondo cratere. E’ più grande del pit crater, non ha la sua magnificenza, ma una tranquilla ostinazione. Ho visto nascere questo vulcano, ho ascoltato, anni fa, i suoi primi vagiti. Ora è un piccolo cono al centro di una grande fossa ovale. E’ nero di lava, the small Erta Ale. Si dà da fare, il piccoletto. Dal suo cuore esce un magma nerissimo, una colata lenta, quasi solida, avvolgente, insinuante. Viene voglia di toccarla. Una sorta di schiuma vischiosa che viene avanti a velocità impercettibile. Sta trasformando la geografia della caldera, il piccolo vulcano. Sta cercando un suo mondo adulto. Vuole riempire sé stesso. Vuole seppellirsi sotto un coltre nera. Avvertendo, però, che la sua pancia è di fuoco: la colata si lacera e lascia intravedere la sua potenza, un occhio di fiamma lancia il suo sguardo verso il cielo.

Ipnosi


Il vulcano annichilisce, eccita, costringe al silenzio. E' una prova l'Erta Ale. Della nostra fragilità. Un soldato si genuflette sul bordo della caldera: allah akhbar. Ricordo Deder Eto che pregava, a notte, nella lava. Sentivo il brontolio della sua voce. Le sue parole incomprensibili scavarono nel mio cuore.  Bruck, il cuoco (di lui devo scrivere), prepara thermos di acqua di cardamommo: prendo una tazza e mi siedo sul confine del vulcano. Mi lascio scuotere dal vento. Nessun pensiero. Sento le ondate della lava contro le sponde del lago. Mi viene in mente: ‘Inducimi in tentazione’. Dove l’ho letto? ‘Lasciare fare la bellezza o l’avversità del mondo, fino alla reazione-limite del riso o delle lacrime’. Ci vorrebbe una preghiera a un dio particolare: ‘Inducimi in tentazione’. Questo è il senso che trovo stanotte di fronte alla quieta e violenta indifferenza del vulcano. Vorrei donarvi il rumore delle onde di fuoco che diventano ninna-nanna e l’inevitabilità, immutata e immutabile, della luna.
Erta Ale, 30 novembre



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