mercoledì 18 maggio 2011

Viaggio in Erzegovina

I chicchi del melograno e le mani di Smajo (foto di Mario Boccia)

Venerdì 19 maggio, a Firenze, alla Fortezza da Basso, si apre TerraFutura, fiera delle buone pratiche. Ci sarà spazio per la piccola mostra fotografica 'Viaggio in Erzegovina'. Foto mie e di Mario Boccia. E' il tentativo di raccontare la storia dei contadini dei valloni attorno alla Neretva. La mostra fotografica è figlia di un libro: Mario Boccia/Andrea Semplici Viaggio in Erzegovina, storie di cibi e contadini ed. Okusi Herzegovina, OxfamItalia, BuyBook. Il libro sarà presentato sabato 20 maggio alle ore 13

Un bel viaggio. In Erzegovina. Nome aggrovigliato per la terra di Mostar, per le vallate scavate dalle acque color smeraldo della Neretva. Un viaggio a cercare e scoprire che la tenacia dei contadini e la cultura del cibo sono più resistenti della follia degli uomini. Alla fine ne è uscito un piccolo libro. Un racconto che racchiude le storie di allevatori, casari, pastori, contadini, apicoltori, gente che, ostinatamente, ripianta ciliegi e fiche fra le pietre della loro terra. E’ stato davvero un bel viaggio.  

Il cibo diventa cultura quando entra in rapporto con uno spazio. Lo ha scritto il grande scrittore catalano Manuel Vazquez Montalban. In Erzegovina, come altrove, più che altrove, il cibo è la cultura di una terra e non conosce, lo si voglia o meno, steccati e divisioni. La guerra degli anni ’90 appare ancor più oscena e insensata se si pensa al cibo. La gente dei Balcani si inebria di slijvovica, Ivo Andric ricorda i vini rossi di Mostar e i riflessi di una coppa di zilavka sorseggiata sulle sponde della Neretva. Gli agronomi austroungarici hanno insegnato a fare un buon vino a contadini dell’Erzegovina. Un casaro francese ha vissuto un quarto di secolo nel freddo altopiano di Livno lasciando in eredità sapienti tecnologie di un formaggio alpino. In nessuna casa erzegovinese si comincia un pranzo senza un piattino di kajmak, delizia del palato dalle origini turche. E i bey ottomani, golosi e buon intenditori, pretendevano tributi sotto forma di formaggio nel sacco, il formaggio che è riuscito ad affascinare perfino quei severi gourmet di Slow-Food. In una casa di Ljubuski, terra di croati, colline di Medjugorie, luogo di uno dei più affollati e discussi pellegrinaggi cattolici del mondo, abbiamo assaggiato la perfezione di una baklava inumidita di acqua e miele, squisito dolce musulmano. Abbiamo saputo di Ante, prete francescano, che, senza esitazioni, chiese consiglio ai suoi fratelli ortodossi, molto più esperti di lui sul tema, per sapere dove comprare il miglior formaggio nel sacco. Oggi, Ante, ogni settimana, sale fino alle montagne di Nevesinje, terra di serbi, pur di portare sulla tavole del suo convento questo formaggio dal sapore tosto. Il miglior artigiano del prosciutto dell’Erzegovina occidentale va fino ai confini della Bosnia, nella regione serba, per comprare le cosce di maiale più buone. Zdenko, contadino croato, ha ricominciato a piantare i suoi ciliegi attorno all’ago sottile e bello di un minareto. Enver, agronomo musulmano a Stolac, ci ha condotto ad ammirare il sorbo centenario sul terreno di un vecchio contadino serbo: assieme, attorno a un tavolo minuscolo, abbiamo assaporato la strana dolcezza delle sorbe. Il cibo dei cristiani e il cibo dei musulmani si confonde, smarrisce e ritrova identità, diventa figlio di un’unica storia e di una sola cultura. Quella dell’umanità. Una cultura sensibile e golosa: sa riconoscere ed apprezzare la bontà, è orgogliosa di cucinare il pane per i suoi vicini e di distillare grappa per accogliere gli ospiti che verranno. Il cibo può affratellare, unire attorno allo stesso tavolo.
San Casciano, 18 maggio 




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