giovedì 26 maggio 2011

Primavera a San Silvestro. Con strani pensieri sui minatori e sulla guerra


La Valle dei Manienti a San Silvestro


La primavera è già diventata estate. I colori si sfiancano, stanno perdendoo smalto e vigore. Affrontano la prima, pigra stanchezza. Il cielo ha l’aria già affaticata. Ma la baracca dei cocomeri della Certosa ha aperto la sua stagione, prova inequivocabile dell’arrivo dei giorni del caldo.

Da mesi sto lavorando in un parco dell’Alta Maremma. Parco archeominerario. Luogo di grande bellezza. A un passo da Campiglia Marittima. La storia mineraria si intreccia con una natura splendida. In questa terra, si chiama San Silvestro, gli uomini, fin dai tempi degli etruschi, hanno cercato di impossessarsi delle ricchezze del sottosuolo. Zinco, piombo, rame, argento. Hanno cambiato la geografia, i minatori. Sono sprofondati sottoterra per quanto hanno potuto. E’ stata una storia lunga duemila e più anni. Le ultime miniere hanno chiuso quasi quaranta anni fa. E’ rimasta la bellezza, figlia di questa immensa fatica.

In realtà, queste colline a ridosso del mare non hanno ancora conosciuto una vera pace. Ci sono ancora cave che tagliano a fette le montagne. Il parco è accerchiato.

Un papavero fra le scorie della miniera novecentesca


Il mio è un lavoro da privilegio. Cammino al mattino. Percorro i sentieri del parco. Registro la mia voce. Seguo una piccola mappa. A volte ho qualche dubbio di fronte a un bivio. Nei file delle registrazione si sentono rumori che nemmeno i miei orecchi, distratti, hanno avvertito: un fruscio di vento, il ghiaino che scricchiola sotto i miei passi, un chiacchiericcio lontano.
Nel pomeriggio ascolto le registrazioni e scrivo. Lavoro fino a tardi. Fuori della casa che mi ospita ci sono decine di gatti che appaiono solo a notte. A volte, qualche amico mi invita a cena. La mia casa è solitaria. Il parco a sera è un deserto. Ci sono solo i gatti e, lontano, l’abbaio di qualche cane chiuso in un recinto. Sono stato qui anche in inverno e cercavo di ignorare i brividi di paura nella notte. Sto bene a San Silvestro.

Il vecchio villaggio minerario inglese della Etruscan Mines
Racconto questo perché, alla fine, questo parco, così amato dagli archeologi e dai naturalisti, ha i suoi ‘non detti’. Noi oggi vediamo la sua sfolgorante bellezza, ammiriamo le rovine di una rocca medioevale, villaggio di minatori del 1200. Ma San Silvestro è una storia di lavoro, di fatica buia, di dolore, di soldi, di morte, di avidità. E’ la storia di una miniera. E nelle miniere si muore. Si muore di lavoro. Mi è venuto in mente che è giusto ricordarlo anche quando si cammina nella bellezza dei giorni nostri (come ci sarebbe apparso questo posto se ci fossimo capitati quando ancora ardevano le fonderie?).. Molti minatori sono morti senza lasciare memoria nelle cronache. Uomini perduti, uomini svaniti. Leggendo le vecchi storie ho trovato questi nomi: Alfredo e Francesco Lagotti, Fioravante Giuntini e Domenico Maccanti, l’ingegner Crowster e l’operaio Gavazzi, Francesco Gori e Luigi Lippi, Primo e Ranieri Lazzerini. Mi raccontano di un camionista delle cave rotolano giù fra gli sterpi non molto tempo fa. Non ne ricordano il nome. Ecco, vorrei che qualcosa ricordasse il passaggio di questi minatori fra le colline di San Silvestro. Vorrei che ci fosse memoria.

E ancora. Mi libero dei pensieri, scrivendoli. Alle miniere di San Silvestro capisco ancor più le ragioni delle guerre. Follow the money e troverai chi sulle guerre guadagna. Erano i primi del ‘900 e il mondo doveva già essere globalizzato. A Londra, quattro gentlemen avevano saputo che in quelle miniere della lontana Toscana si trovava rame. E con il rame si fa l’ottone. E con l’ottone si fanno i bossoli delle munizioni. E nel 1899 era scoppiata, in Sudafrica, la guerra anglo-boera. Triangolazione ardita: Londra (Queen Victoria Street)-Campiglia Marittima (le colline di San Silvestro)-Sudafrica (i campi di battaglia di una guerra assurda). Il prezzo del rame si impenna e gli inglesi decidono di aprire le miniere fra le quali sto camminando.
La Rocca San Silvestro
Guerra troppo breve, peccato. Inglesi e boeri smettono di massacrarsi nel 1902. Il prezzo del rame si dimezza. Gli inglesi sperano nella nuova guerra fra Giappone e Russia per il controllo della Manciuria. I prezzi risalgono ancora. Finchè c’è guerra c’è speranza. Per trafficanti di armi, tycoon del primo Novecento, in fondo, diciamocelo, anche per i minatori di Campiglia che altrimenti rimarrebbero contadini affamati e ammalati di malaria. Ma, una volta tanto hanno sbagliato i conti, nemmeno la Manciuria riesce a salvare i denari degli inglesi. Se ne vanno dalla Maremma e, alle loro spalle, lasciano un po’ di morti e mille e cinquecento contadini che si erano ritrovati a fare gli operai. 

Insomma, vorrei che la bellezza di San Silvestro non fosse turbata. Però questi pensieri di minatori e di guerra, mi sono venuti in mente. Forse, è possibile godersi una bellezza, consapevole che non è solo punto di vista possibile. Continuo a camminare.
San Silvestro, un giorno di maggio




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