Nino 'Pedazzi' Arena mima il lancio dell'arpione |
So che gli occhi di Nino hanno la velocità dello sguardo delle aquile. Non so cosa veda: a duecento metri di distanza, intuisce il movimento di un’ombra, il riflesso di una pinna, il guizzo sottomarino di una coda. Oppure un salto, il balzo improvviso del pesce, il suo gesto di felicità pura. Dura un attimo, ma il pescatore sa afferrare questo istante e guidare la feluca, la sua assurda barca, verso quel punto introvabile delle acque dello Stretto di Messina. L’euforia del pesce è stata la sua condanna.
La costa messinese dello Stretto |
Nino Arena ha 69 anni. Vive in fronte al mare. A Ganzirri, paese di pescatori all’estrema punta orientale della Sicilia. Ogni giorno si sveglia e, dalla finestra, guarda le strisce scure delle correnti che allacciano il Tirreno allo Jonio. Cerca di spiegarmi: ‘Quando, nei giorni d’estate, al mattino, la luna sta per coricarsi, la corrente comincerà a risalire. I pesci verranno in superficie. Sarà una buona giornata di pesca’. Nino è conosciuto come Pedazzi, Grandi Piedi. Non so perché abbia questo soprannome. A me colpiscono le sue mani. Immense e forti come un remo. Erede di una dinastia di pescatori, altri tre fratelli sempre sulla stessa barca (la Simone, ha il nome del padre), Nino Arena è un ‘ntennere, una vedetta, un ‘avvistatore’. Si arrampica lungo il traliccio al centro della barca, sale fino a trentacinque metri e passa la sua giornata a guardare il mare. Fino a quando non scorgerà una vibrazione dell’acqua. E, allora, da lassù, girerà la prua verso il pesce. Nino è l’Imperatore dello Stretto, fra i più celebri cacciatori di pesce spada di Ganzirri. Già, perché la pesca del pesce spada, in realtà è una ‘caccia’. Non si usano esche o reti. Vi è la ritualità antica dell’appostamento, dell’avvistamento, dell’inseguimento, del colpo di arpione. Della cattura. Storia di amore e morte.
Sulla fiancata di una barca |
‘Questa pesca è una pazzia’, mi dice Teresa Romeo, giovane biologa dell’Ispra, centro di ricerche marine e ambientali. Da anni studia i viaggi del pesce spada nelle acque del Mediterraneo. Questa è una storia di migrazioni: passano tutti dallo stretto di Messina, i tonni come i falchi pecchiaioli e, nei mesi del caldo, le coppie innamorate dei pesce spada, nomadi del mare. Vengono fra le rupi di Scilla e le spiagge di Cariddi, per mangiare e amarsi. ‘I pesce spada, di solito, trascorrono i loro giorni nelle profondità – racconta Teresa Romeo – ma , nello Stretto, in estate, cambiano abitudini. Stanno in superficie. Vengono a riprodursi’. Il maschio sfrega il ventre della femmina. ‘Una volta, una sola volta, sono riuscito ad ascoltarne il rumore: era simile al gorgoglio emesso dall’uccello del paradiso quando corteggia la sua compagna’, mi dice Giulio Santoro, medico e vecchio appassionato della caccia al pesce spada.
Ganzirri |
Animali solitari, questi pesci. Ma nella stagione degli amori risalgono lo Stretto in coppia. E i pescatori sono impietosi. Conoscono le rotte della loro luna di miele, sanno che amano le acque di Grotta, di Iutara, di Sant’Agata, riviera del messinese. Qui aspettano a bordo delle loro barche dalla chiglia affilata. Una passerella allunga la prua di almeno cinquanta metri, l’arpioniere è in piedi sulla punta di questo cammino di metallo sospeso sul pelo dell’acqua. L’’ntennere, a sua volta, è lassù, in un cielo privo di vertigini. Ha i comandi del timone. L’ora migliore della caccia è attorno al mezzogiorno. L’ora del seccagno, quando il sole non inganna la vista. Aspettano, i pescatori….
L'antenna della barca |
La femmina è almeno il doppio del maschio. I pescatori sanno di dover colpire lei per prima. Inseguono la coppia. L’arpioniere tende i muscoli. La barca arriva sopra i due pesci. Scatta la spalla dell’uomo, il polso ha una torsione, le gambe puntellano un equilibrio impossibile. La femmina è colpita, schizza via, ma non ha speranze. Muore con ancora negli occhi la felicità di un amore. E il maschio non avrà pace. Non sa vivere senza la sua compagna di una stagione. Non fuggirà. Gira a cerchi attorno alla barca. Sa di essere condannato, non cerca scampo. Si offre all’arpione. Lei, al contrario, non lo farebbe. Se il maschio fosse stato colpito, lei, con rabbia e follia, fuggirebbe via, verso una possibile salvezza. Questa è davvero una storia di amore e morte. Pigghialu, pigghialu, cantava, con voce rotta, Domenico Modugno, che aveva sposato Franca Gandolfi, donna di Messina. Quando il pesce è steso sulla coperta della barca, il pescatore striscia con forza le sue unghie sotto l’occhio dell’animale. Lascia il suo segno, il suo marchio, la cardata da cruci.
Franco Arena sulla passerella della sua barca |
‘Questo mestiere strugge’, sussurra Nino Arena, di fronte a un bicchiere di Jack Daniel’s. Occhi di malinconia. Franco, il più giovane dei fratelli Arena, ha sessantacinque anni. Il più vecchio, Pasquale, ne ha settantaquattro. I figli non faranno i pescatori di pesce spada. Non c’è economia in questo lavoro. I nove gruppi di pescatori di Ganzirri, non si amano. Alle spalle decenni di rivalità. Diffidano uno dell’altro. ‘In dieci anni tutto sarà finito’, mi dice Teresa Romeo. ‘Fine di una storia bellissima che risale almeno al IV secolo avanti Cristo’, conferma Rocco Sisci, autore di un’appassionata storia di questa caccia. I pescatori di Ganzirri sono una nobiltà del mare. Il fiocinatore era addestrato fin da bambino a centrare bucce di arancia che galleggiavano in mare. L’ntennere ha cominciato a scalare il cielo a dieci anni. Nino Donato, 63 anni, è uomo magro, dai piccoli baffi. Anche lui pescatore di fama a Ganzirri. Ha demolito la sua barca due anni fa. Ne conserva un frammento, il graffito di un occhio di legno. Lo ha appeso nel salone di ingresso della sua casa. ‘Ho smesso con dolore. E’ stato come perdere una donna amata’, mi racconta con un sorriso di nostalgia.
Nino Donato con un frammento della sua vecchia barca |
Strana e strappaemozioni, questa storia. Fai il tifo per il pesce: che riesca a scappare agli arpioni del cacciatore. Allo stesso tempo, scrivi: che questo mestiere non finisca. Che i nipoti dei pescatori possano continuare ad andare a caccia. Teresa Romeo vive su questa frontiera fra sentimento e ragione: ‘Nel 2007 furono catturati 950 spada. Un’annata formidabile. Ci fu ricchezza a Ganzirri’. L’anno dopo le prede furono solo 327, anno nero. I pesce spada sono anche indicatori di anomalie climatiche. Teresa vorrebbe la sopravvivenza della caccia e, poi, si lascia sfuggire un racconto: ‘La femmina era stata catturata, il maschio era disperato. Nuotava in tondo, scuoteva la coda. Era bellissimo. L’arpioniere lo aveva a tiro. Lui scartò di lato. L’uomo esitò. Non lanciò. Quella volta, il maschio fuggì. Lo vidi andar via. Con il suo dolore e la sua bellezza. Volevo applaudire il suo coraggio’. Il fiociniere ritrasse la sua arma, l’appoggiò alla spalla e guardò l’orizzonte chiuso dalla costa dove, nei tempi della mitologia, si nascondeva Cariddi.
Testo e foto di Andrea Semplici
Questo articolo è apparso su Qui Touring
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