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La partenza da Matera |
Scopro che l’Italia è più lunga di quanto abbia sempre creduto.
Lasciate perdere la Transiberiana: la vera storia di treni e bus è qua, nel
tacco della penisola. Invisible TransPuglia Railway. Vi è un reticolo di
corriere, bus e treni che viaggiano nelle strade di questo Sud, ma provate a
cercarne di sapere qualcosa: vi manderanno da un negozio di computer a un’
edicola, da una tabaccheria a un ortolano, ma nemmeno al bar di fronte alla
fermata sapranno dirvi come e dove si compra un biglietto. Mi sento a casa.
Taxi-brousse del Salento.
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La fermata di Laterza |
Giorni fa sono arrivato fino a Matera da Firenze in poco più
di sette ore. Onore alle autolinee Marozzi. Quante ne impiego per andare ancora
più a Sud? Per raggiungere Muro Leccese? Cento e settantuno chilometri da
Taranto mi dice il sito delle Ferrovie del Sud Est. Più settanta, invece, per scendere
da Matera fino alla città più avvelenata d’Italia. Ebbene: un’ora e mezza di
bus da Matera a Taranto. Tre ore e mezza di treno da Taranto a Muro. ‘Lasci
perdere. Non siamo competitivi’, mi dice lo sconsolato capostazione di una
irreale stazione in tufo. E perché, dovrei lasciar perdere? Ho finalmente
trovato un mondo al rallentatore. Mi piace questo viaggio. E smentisco il coro
degli amici di Matera: i mezzi pubblici (treni e bus) ci sono in questo Sud. Viaggiano
come tartarughe migranti. Hanno autisti che dicono ‘ciao’ quando sali a bordo e
ti senti benvoluto. Solo che è quasi impossibile averne notizie. Sono invisibili.
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Avviso sulla finestra a Laterza |
Parto da Matera senza biglietto. La stazione di piazza Matteotti
è priva dei binari di Trenitalia. Una vecchia storia: non sono mai arrivati in
una delle città più belle del nostro paese. Nei giorni di ferragosto, la
biglietteria della Sita è ben chiusa. Non si può acquistare in un’agenzia. Né
via internet. Nemmeno l’autista può venderti il biglietto. Ma è uomo navigato e
con storia sindacale: ci fa salire senza pagare. E che altro potrebbe fare? ‘Se
sale un controllore glielo spiegate’. Siamo in due fra Matera e Laterza. Primo
cambio del mio viaggio. Ci sono 69 chilometri per Taranto. Lascio la Lucania e
il sole diventa di una luce pugliese.
Non so descriverla. I bianchi vanno fuori gamma, la terra si fa color della
ruggine. E’ come se quanto vedo scorrermi addosso riesca a sbiadirsi senza
smarrire lucentezza.
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Il treno per Lecce |
Fermata di Laterza davanti al centro prevenzione socio-sanitario.
Nome da burocrati privi di pudore. E’ una palazzina dall’aria scorticata. ‘Non
gettate rifiuti nel vano della finestra’, scrivono con vana rassegnazione. Deve
essere ritrovo notturno di ragazzi senza un’idea di come passare le ore:
lattine di birra, coca-cola, un Fontafredda stappato e lasciato lì. E la
spazzatura si decompone nel vano finestra. Aspetto assieme a un ragazzo indiano
dai capelli di gel. Anche il secondo autista ci accetta senza biglietto: ‘Lo
compri a Taranto’, mi suggerisce. A un incrocio buttiamo per terra due turisti
in motocicletta ingannati da un semaforo che gioca a rimanere rosso quando è
verde. Almeno così mi spiega un ragazzo. L’autista se la sbroglia con consumato
mestiere.
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L'Ilva di Taranto |
Ecco, l’Ilva. Le ciminiere. L’acciaio. I colori di ruggine
vera e marcia del metallo. Ecco, il mare, splendido e inquinato. Le case sono dipinte
di rosso per nascondere le polveri che la fabbrica, quando soffia la
tramontana, fa volare verso la città. ‘Bisogna andare via da qui’, mi dice
l’amico che mi aspetta al porto. Insomma, benvenuto a Taranto. Voglio andare al
cimitero di San Brunone e ci andiamo. Le ciminiere sono l’orizzonte degli
ossari. Quartiere Tamburi. Una vita fra il polverino sfondapolmoni e le corsie
degli ospedali con il panico delle neoplasie in qualche angolo del corpo. Già,
questa è una storia di corpi. Corpi malati, corpi di operai, corpi di donne che
ritirano i panni dalle finestre e trattengono il respiro. Corpi incerti. Corpi
che maledicono. Corpi rassegnati. Corpi di uomini che presidiano i bar. Corpi
di vecchie che azzardano una sedia fuori dal portone. Corpi che passano
per la vita come se dovesse essere sempre stata così e che non possa mai
cambiare. Mi dicono delle ordinanze che vietano ai bambini di giocare nella
aiuole stremate: troppi veleni in quella sabbia inerte. Sfioro i marmi delle
tombe e rimango con le dita sporche di grigio. ‘Ho pulito quella lapide tre
giorni fa’, mi dice un uomo dall’aria stanca e arrabbiata. ‘Questa città si è
venduta l’anima per due spiccioli’.
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La stazione di Grottaglie |
Devo andare a Muro Leccese. Per avere informazioni decenti mi
consigliano l’edicola della stazione. Il controllore di Trenitalia era
disinteressato al mio problema: non sono fatti suoi gli orari delle ferrovie
del Sud-Est e a Muro i suoi treni non
ci vanno. E’ l’edicolante a farmi il piano di viaggio: ‘Fs fino a Brindisi, poi
hai otto minuti per cambiare di treno e andare a Lecce. Lì sali sulle Ferrovie
del Sud Est, altro cambio a Zollino e ti ritrovi a Muro Leccese’. Io vorrei
scendere a Zollino. E’ un nome da meraviglia. Chissà come è Zollino? Ignoro la geografia del Salento. Mi piace
questo viaggio: un solo vagone sbuffa al binario quattro. E’ il locale per
Lecce. La poltroncina azzurro stinto si sfalda sotto il mio peso. Sono quasi
tutti ragazzi in questo treno. A Grottaglie la stazione abbandonata è un affresco
di writers con suggestioni porno-popolare. Il paesaggio diventa di olivi. La
luce non è bianca, non arrossa, ha un’aria solida. Mi ricorda la Palestina.
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Francavilla Fontana |
A Francavilla Fontana sale una ragazza dalle gambe
abbronzate e un uomo dal viso segnato dalle rughe e l’aria appesantita dal
silenzio. Guardo le gambe della ragazza e le occhiaie dell’uomo. Mi piacciono
entrambe. Un ragazzo con i capelli annodati e un bracciale chiodato si perde
nel suo computer. A Oria scende un nigeriano e svanisce dietro il muro della
stazione. Sopra vi sta scritto: ‘E non mi basta’. Fichi d’India ai bordi dei
binari. Gli alberi spingono i rami a sfidare il treno. I giardinetti sono
sterpaglia.
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Compagni di viaggio |
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Oria |
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Latiano |
Latiano, Mesagne e la stazione di polizia dalle finestre
chiuse. Territorio inselvatichito. Cartacce fra l’erba disseccata. Brindisi è
quasi improvvisa. Il treno per Lecce ci ha aspettato. Corriamo in tanti, ci
spingiamo. Il capotreno fischia e agita una bandiera verde.
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Brindisi al volo |
San Pietro, Squinzano, Trepuzzi e le sue officine
ferroviarie dall’aria desolata. Appare un campo di calcio con l’erba verdissima,
un contrasto da photoshop in una monocromia di gialli-avorio. E’ un atterraggio
in un altro pianeta. Lecce è improvvisa. Folla di ragazzi. Devono essere qui
per la musica. Sembrano convocati per un rave. Stanno seduti sul marciapiede
della stazione. Mi perdo nella loro bellezza.
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Mesagne, forse |
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Mesagne, forse |
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San Pietro |
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Squinzano |
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Officine ferroviarie del Salento |
Lecce, alla fine, nonostante i ragazzi, mi respinge. Un
caffè e una pasta, al bar di fronte alla stazione, due euro e trenta centesimi
e scortesia indifferente. Va peggio al bar della stazione. Ci sono manifesti di
una setta cristiana carismatica: ‘Comunità Gesù Ti Ama’. E’ una grafica tetra,
da Orwell 1984: una croce nera sovrasta una folla di uomini senza volto, mi
appare come una minaccia più che una benedizione o una generosità. E’ un Dio di
vendetta quello che viene venerato in questo bar. Sul frigorifero delle bibite
ci sono quattro manifesti di Mussolini in visita a Lecce. In vendita: tre euro
invece di sei. L’uomo dietro le casse, risecchito nella sua ansia di denaro
(dice ‘prego’ con fare autistico a ogni cliente. Ha una impazienza malata), mi
fa un gesto con la mano per non dirmi dove è la biglietteria delle Ferrovie del
Sud Est. Dovrò tornare a Lecce. Per riconciliarmi.
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'Io sono la via...' |
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I poster di Mussolini in visita a Lecce |
E' introvabile l'ufficio delle Fse: sta ai confini dei binari, le loro banchine sono
al sole, nemmeno un tettuccio a proteggere i passeggeri, la porta della biglietteria si apre solo dopo una battaglia fra spalla e metallo anodizzato, l’impiegato dietro il vetro che non
vuole dirmi delle sue sventure: ‘Non mi faccia parlare. Qui siamo nelle mani
delle Fs’. Sorridiamo del destino. Per uscire riprendo a spinte la porta. Due euro e mezzo
il biglietto del treno per Muro Leccese. Vagone di altri tempi, con tendine
arancioni che svolazzano al vento e il controllore che passa gridando il nome
delle stazioni.
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Il treno delle Ferrovie del Sud Est |
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Zollino |
Ecco Zollino, finalmente. Non scendo, nemmeno mi fanno fare
il cambio, ragazzi nigeriani sulle banchine, questa volta il treno prosegue, diretto verso il Sud estremo. Arrivo
a Muro Leccese. La luce ora è perfetta, le giornate già si sono accorciate e il
tufo della stazione è un quadro di un pittore impressionista. E’ Mediterraneo,
questo. Stazione che è aula per i figli di un capostazione che aspetta, con uno strano sorriso, i treni che
passano da qua. A mano solleva e abbassa le stanghe del passaggio a livello e
aziona i semafori. Fotografo. E lui mi dice che non si può. ‘Ho ricevuto un fax
proprio stamattina. Niente foto nelle stazioni. Sarà colpa di faicebuk….’. Ma
poi lascia che me ne vada con le mie foto della sua stazione. Sono il solo
passeggero a essere sceso dal treno.
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La stazione di Muro Leccese |
Ps: viaggio di
sprovvedutezza. Non ho lasciato briciole di pane per capire come tornare
indietro. A Muro Leccese ignorano di bus e treni. Alla domenica sicuramente non
si va via da qui. Per gli orari devi provare a chiedere al negozio Just in Time
(chiuso), a cercare su internet (ma non trovo nessun computer pubblico), vado
in cartoleria, dal tabaccaio (noi stampiamo i biglietti fatti on-line. E dove
lo faccio on-line?). Chiedo al barbiere, al ragazzo del bar, all’ortolano, ai
ragazzi che mi guidano per il bel museo della piazza, a tre o quattro uomini
che ne stanno sull’uscio di casa…. Sono sorpresi che qualcuno cerchi un bus.
Alle fermate di Salentoinbus ti rimandano a un sito internet (ok, devo comprarmi
un smartphone…).
Alla fine ecco, la
frase che volevo sentire, la dice un uomo in camiciola azzurra e sigaretta che
ondeggia nelle dita: ‘Questa è l’Italia….’. Mi viene voglia di cantare: ‘Viva
l’Italia…’. Torno alla stazione. L’uomo dei treni non se ne è andato, questa
deve essere anche casa sua: ‘Io vi posso dire solo fino a Lecce. Da lì in poi
nemmeno gli orari mi mandano….’. Mi piace questo andare che ti obbliga a
restare.
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Ferrovie del Sud Est |
Ps due importante: Muro Leccese è bella. Con
la sua piazza sguincia e due chiese che si sorvegliano l’un con l’altra in una
sfida di barocchi.
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Muro Leccese |
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