mercoledì 12 marzo 2014

Cronache di Gerusalemme.2/Sacro



Mi smarrisco, senza una mappa e senza voler sapere, nel labirinto del Santo Sepolcro. Tutti scrivono e dicono che è una brutta chiesa. E’ vero, a ben guardarla è un patchwork di cappelle assiepate una sull’altra. Un accrocco di ricostruzioni su ricostruzioni. Antica chiesa crociata. ‘Snaturata’, leggo nella guida del Touring Club. Chi ha scritto la guida ha voglia di gridare all’orrore, ma poi si contiene:  ‘Decorazione composita e pesantissima’.

L'Edicola della Tomba di Cristo protetta dalle transenne della polizia


I pellegrini si affollano come sempre. I preti hanno un’aria stanca e arrabbiata. Rassegnati alla folla. Il Santo Sepolcro è un grande business. Sono alluvioni di uomini e donne che si spingono, si intasano all’ingresso dell’Edicola dove si trova la tomba al centro della Rotonda. Spesso, ora che arrivano i passeggeri delle crociere, non si va né avanti, né indietro. ‘Costruzione assai infelice’, annota ancora la mia guida. Mi distraggo. Un prete copto si arrabbia perché lo fotografo. Le transenne della polizia israeliana contengono la fila della gente dentro la chiesa. I preti sono tutti dei colossi e nessuno ti guarda in faccia. La dannazione di Gerusalemme è l’invisibilità.

La Pietra dell'Unzione nel Santo Sepolcro

Le donne lustrano la Pietra dell’Unzione e vi si prostrano sopra. Ho una sensazione: oggi si prega per farsi fotografare. Sei arrivato fino a Gerusalemme e vuoi farlo sapere alla tua gente. Ti inginocchi, tiri fuori un rosario appena comprato da un mercante della Via Dolorosa, fai saltar fuori dalla borsa un crocifisso in ‘vero’ legno d’oliva o semplicemente un pezzo di stoffa  e strofini sulla pietra con un occhio alla tua amica, a tuo marito, a tuo figlio che ti sta fotografando.
Poi ho un ripensamento: vedo gente in estasi, donne che stanno chinate a terre per un’ora, uomini con le lacrime agli occhi. Un giovane dondola su se stesso con le palme rivolte al cielo. E penso all’emozione di questa gente. Questo è un luogo di matti. Con regole da manicomio. Però non credo di avere il diritto di giudicare chi viene fino a qui per inseguire un Dio che gli aiuti a sopportare la vita.

Via Dolorosa

‘Al Santo Sepolcro tocchi con mano lo scandalo della divisione della chiesa’, mi dice un giovane frate. ‘Hai la raffigurazione del peccato dell’orgoglio’. Un altro prete cerca una via di uscita: ‘Verissimo, qui vi è la divisione delle chiese, ma cambiamo punto di vista: è anche la ricchezza di liturgie diverse’.

Davanti al Kotel

A sera, al Kotel, Hakotel Ham’aravi. Il Muro Occidentale. E’ il grande muro di contenimento che sorreggeva le fondamenta del secondo tempio ebraico, distrutto dall’imperatore Tito nel 70 dopo Cristo. E’ il luogo simbolo dell’ebraismo. Qui il Dio degli ebrei aspetta la costruzione del Terzo Tempio. Indosso una kippà di carta ed entro nel recinto. So cosa mi aspetta, ma ora lo vedo e mi azzardo a sfiorarlo. E’ impressionante. Decine e decine di ortodossi, con i loro pastrani neri, i loro cappelli dalle grandi falde, i riccioli che pendono dalle tempie, le barbe ottocentesche, le camicie bianche. Camminano, poggiano la fronte al muro, toccano la pietra con la mano, gridano, cantano, discutono. Dentro il tunnel, è un’altra follia religiosa. 

Preghiera per un matrimonio

C’è chi dorme stremato sul leggio, chi trema di freddo, chi si dondola, chi urla, chi ha il corpo avvolto nello scialle bianco, chi si arrabbia con se stesso per un passaggio troppo difficile del libro. Chi sbatte il pugno sul legno di un bancone, giovani si affollano attorno a un vecchio rabbino che sussurra versetti. Oscillano, dondolano, non mi vedono, ancora una volta sono invisibile, scivolo fra di loro con le mie macchine fotografiche e non mi vedono. Non ci sono. E’ un’estasi di follia. E’ una preghiera urlata. Qui il passato è il presente. Questi uomini pallidi e dagli sguardi che ti attraversano senza vederti piangono un tempio distrutto duemila anni fa.

‘Vedo la storia, il passato immobile’, mi dice una donna cristiana. ‘Penso che il Dio dei cristiani è vivo, è nel presente. Il kotel mi affascina. Ma non potrei vivere sempre nel passato. Ho bisogno di Dio incarnato nella vita di ogni giorno’.



Il grande spiazzo davanti al Muro Occidentale è la plaza. Il 10 giugno del 1967, dopo la guerra dei Sei Giorni, gli israeliani demolirono le case del quartiere maghrebino. 135 edifici distrutti e 650 palestinesi espulsi, scrive lo scrittore William Darl
ymple. Nessuna targa lo ricorda.

La preghiera del barbiere

A sera sono stanco di sacro. Ma è impossibile sfuggirvi, mi riappare subito in maniera inaspettata e quasi mi riconcilio con la santità. Nella minuscola bottega di un barbiere, a pochi passi dalla folla del Santo Sepolcro, a cento metri dall’ortodossia del Kotel, un uomo è in attesa seduto sulla grande e vecchia sedia. E’ paziente. Il barbiere è inginocchiato a terra in uno spazio di un metro per un metro. Il tappetino sotto le ginocchia. La fronte a terra. Prega il suo Dio. Ha interrotto il suo lavoro per pregare. Il cliente del barbiere apre la porta del negozio, mi invita a entrare, non c’è spazio, mi rincantuccio in un angolo. Sì, a sera ho trovato un momento di sacro.
Lunedì, 24 febbraio. Gerusalemme





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