domenica 1 dicembre 2013

Il cammino degli uomini del sale

Arhottati nel canyon del fium Saba

Ci sono abitudini in questi viaggi in Dancalia. Abitudini tranquille. Sicurezze, potrei dire. I primi due, tre chilometri della risalita del Saba River, ad esempio. Da qui le auto non passeranno mai, qui contano solo i piedi, questo è il cammino delle carovane del sale, degli arhottai, degli uomini che, da sempre, vanno nella depressione della Piana del Sale a prendere l’unico minerale che l’uomo può mangiare.

Abitudine, immutabile, è la borgutta, il pane del cammino. L'impasto di farina e acqua che si cuoce attorno a una pietra rovente. Poi il fuoco del bivacco a bruciarne la crosta. Pane duro. Adatto per giorni e giorni di un andare a piedi. Pane da inumidire nel tè. Dietro la Grande Pietra Rossa del canyon del Saba River, gli arhottai preparano la borgutta, bagnano le corde, riempiono le otri, sfamano i dromedari: li attende la Piana del Sale.
E allora non chiedo. Conosco le storie, le parole, gli sguardi, so del gioco delle mani che rotea l’impasto. Gli uomini delle carovane appaiono fragili come cartavelina, ma hanno muscoli tirati, flessibili, potenti. Wolde, un giorno, mi disse di avere sette figli. Cammelliere da almeno venticinque anni. Ogni anno ridiscende il canyon del Saba River almeno dieci volte. Vale a dire centoventi giorni di cammino davanti al collo di un cammello. Nella sua vita ha percorso cinquecento volte il canyon del fiume Saba. In discesa. E in salita. Le sue mani sono consumate dal sale e dalle corde. I cammelli hanno cicatrici là dove le funi scorticano la pelle. E gli uomini? ‘Nessuno dei miei figli dovrà fare questo mestiere’, dice Wolde. Silenzio. Faccio una domanda per spezzare un imbarazzo. Per non guardarti negli occhi. Pendolare biblico, Wolde. Una condanna? Una normalità?

Ho scritto la storia di Wolde mille anni fa. Hailè mi ripeterebbe la stessa cosa. Tutti gli uomini delle carovane sono Wolde. Come sempre, qualcuno del nostro gruppo cura la ferita sulla mano dell’uomo. Gesto di aiuto. Per la nostra coscienza. Noi andiamo. Da qualche tempo, ho preso l’abitudine di prendere la corda del primo cammello di una carovana e di guidarli per un tratto del canyon. Loro si lasciano condurre e gli arhottai mi prendono in giro. Questa volta ho trovato tre dromedari che si erano staccati dalla loro fila. Ho afferrato il cordino e ho cercato il cammelliere. Gli animali mi hanno seguito con docilità. L’uomo mi è venuto incontro, mi ha toccato la spalla. Non so come sdebitarmi con questi uomini.


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