mercoledì 22 agosto 2012

Scene da un matrimonio.3/E Nino salì sull'albero

L'attesa della sposa in piazza


Don Anthony e il vento

La preghiera Dietro la Niviera


Don Anthony, il prete venuto dalla Nigeria, quest'anno, ha deciso di dire messa all’alba. Sulla terrazza che dà su via del Maggio. Dodici di agosto, è il giorno del matrimonio degli alberi a Oliveto Lucano. Un giorno di lavoro difficile. ‘Incoraggiate gli uomini del Maggio – dice Anthony – se non potete dare una mano, portate cibo, un po’ d’acqua. Oppure augurate loro un semplice buon lavoro’. Il vento fa volare l’abito del prete e sfoglia le pagine del vangelo. Una donna si inginocchia. 



I lavori del Maggio


Pochi uomini attorno al grande cerro, allo sposo. Sono pochi i legnaioli esperti a Oliveto Lucano. I ragazzi dormiranno tutta la mattina. In queste ore, il matrimonio degli alberi è rito maschile. Bisogna andare a prendere la Cima, l’agrifoglio, la sposa, ha passato la notte nella piazza. Il piccolo albero ha atteso con pazienza. Ora comincia il suo viaggio verso il luogo del matrimonio. Viene portata a spalla dai maggiaioli.

Il viaggio della Sposa
Il viaggio della Sposa

La banda di Vallo di Diano


Nostalgie. ‘Un tempo si andava a rubare l’agrifoglio – ricorda un vecchio – Tutti lo sapevano. Anche i forestali e i carabinieri, ma dovevamo andare lo stesso di notte. Per non farci vedere. Salivamo a piedi dal paese. La festa era fatica, devozione. Oggi è una baraonda. C'era ben poco da mangiare allora. Poco anche da bere. Antonio offriva due litri di vino bianco. Ci si bagnava appena le labbra. Avevamo il pane portato da casa. Tiravamo il Maggio con i buoi. Era roba da uomini. Non c'erano i ragazzi. Era una storia di gente esperta. Proteggevamo i rami della Cima perché non si spezzassero. A sera una donna ci offriva due peperoni, una frittata con il sangue del capretto appena ucciso. C’era il caffè, un pezzetto di cioccolato. C’erano due bande in paese. Erano rivali, si sfidavano con la musica. Venivano i musicisti da San Mauro’.

Gli uomini e la Sposa

La mano e le corde

Lavori al Maggio

La fatica dell'argano

Si alza il Maggio

La fatica dell'argano


Cielo azzurro cristallo sulla vallecola della Niviera. Motoseghe in funzione, un grande trapano per forare i due tronchi già legati, corde a stringere. Maggio e Cima vengono uniti assieme. Ora è tempo dell’argano. La fune si intreccia. Vi è bisogno di molti uomini. Uno sull’altro. I più forti afferrano i legni. Ordini confusi. Alla fine, a strappi, l’albero comincia ad alzarsi. Centimetro dopo centimetro. Gli uomini fanno ruotare l’argano. Lavoro collettivo. L’albero è come sospeso a mezz’aria. Ora bisogna aspettare i due santi. 


Le cente in processione

Questa volta, assieme a San Rocco, esce San Cipriano, il santo africano, venuto da oltre il Mediterraneo, come don Anthony. Sono i due santi a dare l’ultima autorizzazione. Solo in loro presenza, l’albero può essere finalmente innalzato. Ultimi giri dell’argano. Gli uomini del Maggio ora sono tranquilli. Tutto andrà bene. Si regalano una birra felice. Il Maggio svetta nel pendio Dietro la Niviera.




E Nino salì l'albero


Il gioco adesso è aereo. Vedo salire Nicola. Anche mastrò Vitto si arrampica sui pioli della croccia. Salgono altri uomini. Ma è Nino a lanciarsi sulla corda che allaccia il vecchio albero-paranco, al Maggio. Tocca a lui, questa volta. Lo zio Nicola non perde un suo movimento. Nino ha qualche incertezza, ma poi lo vedi che dà forza ai suoi muscoli, sale a scatti, con lo stile degli arrampicatori del Maggio. Ginocchio piegato, piede a sostenersi, gamba che cerca di abbracciare il tronco. Si avverte emozione fra quanti sono a terra, attorno all’argano. Tre anni fa Nino scivolò lungo l’albero. Si bruciò le mani. Ma l’anno dopo vi provò ancora. Salì, assieme allo zio. Quest’anno è salito da solo. Deve ancora affinare il suo stile. Nicola è rimasto a guardarlo. Con orgoglio. ‘Lo faccio per devozione – mi scrive Nino – Grazie agli insegnamenti di mio zio sono riuscito a salire’. Lo vedo mentre volteggia fra i rami dell’agrifoglio. Stacca la fronda con i fiori e la getta in aria. Nella sua caduta mi sfiora. Nino ha festeggiato lo sposalizio degli alberi. Torna a terra. Quasi frastornato. Un abbraccio dei parenti. Degli amici. Nicola mi soprende, mi batte una mano sulla spalla: ‘Ecco, adesso il passaggio delle consegne è avvenuto. Ora tocca a lui mantenere viva la tradizione’. C’è qualcosa di solenne in queste semplici emozioni. Nicola corre ad abbracciare il nipote sotto l’albero.

Nino e Nicola

La devozione di Nino


Ora è tempo di lasciare gli sposi al loro matrimonio. Con lentezza, gli uomini lasciano solo il Maggio e la Cima. Le donne, a casa, hanno cucinato pranzi immensi. Si passeranno ore alle tavole. Il rito del Maggio è storia di uomini  (sono uomini a lavorare al legno, uomini all’argano, uomini a salire), ma, nel pomeriggio, anche una ragazzina di Ferrandina verrà issata con le protezioni fino ai trenta metri della Cima. Il matrimonio diventa sagra di paese. Occasione di tempo giocoso. A sera ci sarà musica. E' venuto il cantante dal Salento. Ci si cambia di abito. Tacchi alti sull’acciottolato delle strade di paese. Parlo con Anna, sindaco (non vuole essere chiamata ‘sindaca’) di Oliveto. E’ tornata da Bologna per fare il sindaco nel suo piccolo paese. A volta capita che stia da sola in comune. Spera che il marito ottenga il trasferimento. Dice: ‘Qua è casa nostra’. 

L'ultima musica

L'ultima musica

Vado a prendere un caffè al bar Italia. La donna del bar è seduta fuori. Ha spento la luce dentro. Come se fosse uscita di casa. Si alza, mi precede, accende la luce, prepara il caffè. Forte. Vicino alla tazzina un bicchier d'acqua. Come si usa al Sud. 
Su una panchina, a notte, guardo un maggiaiolo seduto. Sta lì da solo. Quasi non partecipa alla festa in piazza. Intuisco la sua stanchezza, la sua malinconia. Per tre giorni l’ho visto faticare attorno agli alberi. Ora è finita. La festa è finita.  La vita torna normale. La normalità di Oliveto Lucano, paese solitario.


Oliveto Lucano, 12 agosto


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