giovedì 21 aprile 2011

Primavera a Misurata


Fuori è una primavera magnifica. Mi scaldo al sole. Cammino e ascolto il rumore dei miei passi.

Ha senso la primavera con la guerra alle porte di casa? Ci sono sempre state le guerre alla porta di casa. E c’è sempre stata la primavera. E la guerra di Libia appare ora più come un fastidio, una zanzara che vola nel nostro giardino e vorremmo che nessuno dei nostri ospiti se ne accorgesse. Che la primavera non ne fosse distratta.

Ha senso scrivere un blog (cos’è un blog?) e scrivere di Juliano Mer-Khamis, ebreo- palestinese (ebreo-palestinese, Cristo), uomo di teatro, ucciso a Jenin; di Vittorio Arrigoni, pacifista radicale, ucciso a Gaza, di Tim Hetherington e di Chris Hondros, fotografi celebri, uccisi a Misurata. Ha senso scrivere da questa primavera da meraviglia e mentre stai raccontando di natura, archeologie e uccelletti che cantano? Non dovrei, non dovremmo, essere là invece che qui? Là, a Jenin. A Gaza. A Misurata. Sono luoghi e terre che amo. Ho smesso di scrivere quando ho saputo della morte di Vittorio Arrigoni. Cosa avrei potuto scrivere? Che foto mettere? Eppure non lo avevo fatto quando ho letto della morte di Juliano. E’ solo questione di ‘saperne qualcosa’, di avvertire ‘vicinanza’, che ti fa scattare un dolore? E allora, tutti i cittadini di Misurata di cui non sapremo mai la morte? Io conosco le strade di quella città. Vi ho passeggiato. Ho mangiato kebab e chorba nei suoi ristoranti all’aperto. So di Tripoli Street. Ho dormito al vecchio albergo italiano. Ho felicemente assaggiato pesce in un gran bel posto. Come si chiamava?

Muoiono i ‘visibili’. Muoiono gli ‘invisibili’, ma loro sono senza nome. Il dittatore Somoza venne cacciato dal Nicaragua, solo quando un suo soldato uccise un giornalista americano. Ma erano altri anni. Adesso non sarà la morte di due occidentali a fermare l’odio improvviso fra libici. Non ci sono più regole in questa guerra. Se non quella di ammazzarsi quasi a casaccio. Fra persone che, fino a due mesi, mangiavano assieme l’agnello e mai avrebbero pensato che si sarebbero uccisi l’un con l’altro. Non ci sarà pietà a Misurata. Non ci saranno perdoni semplici, forse non ce ne saranno dopo questa guerra.  

Gioco di fotografie. Il premier italiano Berlusconi tirava indietro la pancia pur di farsi fotografare accanto al pirotecnico, e suo coetaneo (avevano anche lo stesso chirurgo plastico), Muammar Gheddafi. Oggi si bada bene dal farsi fotografare accanto a Mustafà Abd al-Galil, capo degli insorti di Bengasi, presidente del Consiglio nazionale di transizione. Ben si capisce: in fotografia appare un uomo fragile e devoto. ‘Bolla’ islamica in fronte: prova della sua assiduità nelle preghiere. In realtà Abd al-Galil appartiene alla vecchia guardia gheddafiana. Non deve essere fragile: quest’uomo di 59 anni era il ministro della giustizia nel governo di Gheddafi. Provate a leggere l’ultimo numero di Limes: in un articolo Abd al-Galil viene quasi lodato per la sua fama di ‘uomo integerrimo’, definito ‘cooperativo’ nei dispacci dell’ambasciatore Usa a Tripoli. In un altro articolo è liquidato più drasticamente: si dice che ha di fatto ostacolato ogni tentativo riformatrice del regime. E’ accusato da Amnesty International e Human Rights Watch per i soprusi della ‘giustizia’ gheddaffiana. No, Berlusconi ha bisogno di sparring-partner alla sua altezza. E questo ex-giudice cirenaico, non va bene. Oltre tutto, davvero, non sappiamo chi sia davvero e mica si può credere al nostro ministro degli esteri (capace di dire in una intervista da antologia ad al-Jazeera, che per settimane non aveva avuto sufficienti informazioni sulla ribellione libica). Sono certo che il premier rimpiange le grandi parate accanto a Gheddafi. Erano animali simili, si annusarono come cani e si riconobbero all’istante.

Più attento Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni. Dopo aver giocato per settimane su due staffe (mollare o non mollare Gheddafi? Trattare o non trattare con i cirenaici?), si precipita alla Farnesina a incontrare al-Galil. E’ Scaroni che conta, mica Frattini. In Libia, l’Eni era uno stato nello stato. Nessuna foto nemmeno per lui. Non si sa mai. Scaroni ha una gran paura di essere messo ai margini nello scramble for oil della Libia futura. Ne va del 15-20% del fatturato Eni. Ma ci sarà un futuro per la Libia? Alzi la mano chissà come andrà a finire in Libia.

La guerra in Libia è già una delle mille guerre che affiorano dalla loro tragedia solo se viene ucciso un occidentale. Anzi in Afghanistan diventa notizia secondaria anche la morte di un alpino. Chi si ricorda delle guerre in Somalia o in Iraq? Chi ha attenzione per il Libano o la Palestina? Con la tragedia della Libia, con quanto di maligno si tirerà dietro, dovremo fare i conti per anni.   
San Silvestro, 21 aprile


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