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L'attesa della sposa in piazza |
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Don Anthony e il vento |
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La preghiera Dietro la Niviera |
Don Anthony, il prete venuto dalla Nigeria, quest'anno, ha deciso di
dire messa all’alba. Sulla terrazza che dà su via del Maggio. Dodici di agosto, è il giorno del
matrimonio degli alberi a Oliveto Lucano. Un giorno di lavoro difficile. ‘Incoraggiate gli
uomini del Maggio – dice Anthony – se non potete dare una mano, portate cibo,
un po’ d’acqua. Oppure augurate loro un semplice buon lavoro’. Il vento fa volare l’abito del prete e sfoglia le
pagine del vangelo. Una donna si inginocchia.
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I lavori del Maggio |
Pochi uomini attorno al grande cerro, allo sposo. Sono pochi i legnaioli
esperti a Oliveto Lucano. I ragazzi dormiranno tutta la mattina. In queste ore, il matrimonio degli alberi è rito maschile. Bisogna andare a prendere la Cima, l’agrifoglio, la sposa, ha passato la notte nella
piazza. Il piccolo albero ha atteso con pazienza. Ora comincia il suo viaggio verso il
luogo del matrimonio. Viene portata a spalla dai maggiaioli.
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Il viaggio della Sposa |
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Il viaggio della Sposa |
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La banda di Vallo di Diano |
Nostalgie. ‘Un tempo si andava a rubare l’agrifoglio –
ricorda un vecchio – Tutti lo sapevano. Anche i forestali e i carabinieri, ma
dovevamo andare lo stesso di notte. Per non farci vedere. Salivamo a piedi dal paese. La festa era fatica, devozione. Oggi è una baraonda. C'era ben poco da mangiare allora. Poco anche da bere. Antonio offriva due litri di vino bianco. Ci si
bagnava appena le labbra. Avevamo il pane portato da casa. Tiravamo il Maggio
con i buoi. Era roba da uomini. Non c'erano i ragazzi. Era una storia di gente esperta. Proteggevamo i rami della Cima perché non si
spezzassero. A sera una donna ci offriva due peperoni, una frittata con il
sangue del capretto appena ucciso. C’era il caffè, un pezzetto di cioccolato.
C’erano due bande in paese. Erano rivali, si sfidavano con la musica. Venivano i musicisti da San Mauro’.
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Gli uomini e la Sposa |
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La mano e le corde |
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Lavori al Maggio |
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La fatica dell'argano |
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Si alza il Maggio |
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La fatica dell'argano |
Cielo azzurro cristallo sulla vallecola della Niviera. Motoseghe in funzione, un grande trapano per forare i due
tronchi già legati, corde a stringere. Maggio e Cima vengono uniti assieme. Ora è tempo dell’argano.
La fune si intreccia. Vi è bisogno di molti uomini. Uno sull’altro. I più forti
afferrano i legni. Ordini confusi. Alla fine, a strappi, l’albero comincia ad
alzarsi. Centimetro dopo centimetro. Gli uomini fanno ruotare l’argano. Lavoro
collettivo. L’albero è come sospeso a mezz’aria. Ora bisogna aspettare i due
santi.
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Le cente in processione |
Questa volta, assieme a San Rocco, esce San Cipriano, il santo africano,
venuto da oltre il Mediterraneo, come don Anthony. Sono i due santi a dare l’ultima autorizzazione.
Solo in loro presenza, l’albero può essere finalmente innalzato. Ultimi giri
dell’argano. Gli uomini del Maggio ora sono tranquilli. Tutto andrà bene. Si regalano una birra felice. Il
Maggio svetta nel pendio Dietro la Niviera.
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E Nino salì l'albero |
Il gioco adesso è aereo. Vedo salire Nicola. Anche mastrò
Vitto si arrampica sui pioli della croccia. Salgono altri uomini. Ma è Nino a lanciarsi sulla
corda che allaccia il vecchio albero-paranco, al Maggio. Tocca a lui, questa volta. Lo zio
Nicola non perde un suo movimento. Nino ha qualche incertezza, ma poi lo vedi
che dà forza ai suoi muscoli, sale a scatti, con lo stile degli arrampicatori
del Maggio. Ginocchio piegato, piede a sostenersi, gamba che cerca di abbracciare il tronco. Si avverte emozione fra
quanti sono a terra, attorno all’argano. Tre anni fa Nino scivolò lungo
l’albero. Si bruciò le mani. Ma l’anno dopo vi provò ancora. Salì, assieme allo
zio. Quest’anno è salito da solo. Deve ancora affinare il suo stile. Nicola è rimasto a guardarlo. Con orgoglio.
‘Lo faccio per devozione – mi scrive Nino – Grazie agli insegnamenti di mio zio
sono riuscito a salire’. Lo vedo mentre volteggia fra i rami dell’agrifoglio.
Stacca la fronda con i fiori e la getta in aria. Nella sua caduta mi sfiora.
Nino ha festeggiato lo sposalizio degli alberi. Torna a terra. Quasi
frastornato. Un abbraccio dei parenti. Degli amici. Nicola mi soprende, mi
batte una mano sulla spalla: ‘Ecco, adesso il passaggio delle consegne è
avvenuto. Ora tocca a lui mantenere viva la tradizione’. C’è qualcosa di
solenne in queste semplici emozioni. Nicola corre ad abbracciare il nipote
sotto l’albero.
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Nino e Nicola |
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La devozione di Nino |
Ora è tempo di lasciare gli sposi al loro matrimonio. Con lentezza, gli uomini lasciano solo il Maggio e la Cima. Le
donne, a casa, hanno cucinato pranzi immensi. Si passeranno ore alle tavole. Il rito del
Maggio è storia di uomini (sono uomini a
lavorare al legno, uomini all’argano, uomini a salire), ma, nel pomeriggio,
anche una ragazzina di Ferrandina verrà issata con le protezioni fino ai trenta
metri della Cima. Il matrimonio diventa sagra di paese. Occasione di tempo giocoso. A sera ci sarà musica. E' venuto il cantante dal Salento. Ci si cambia di abito. Tacchi alti sull’acciottolato delle strade di paese.
Parlo con Anna, sindaco (non vuole essere chiamata ‘sindaca’) di Oliveto. E’
tornata da Bologna per fare il sindaco nel suo piccolo paese. A volta capita che stia da sola in comune. Spera che il
marito ottenga il trasferimento. Dice: ‘Qua è casa nostra’.
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L'ultima musica |
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L'ultima musica |
Vado a prendere un caffè al bar Italia. La donna del bar è seduta fuori. Ha spento la luce dentro. Come se fosse uscita di casa. Si alza, mi precede, accende la luce, prepara il caffè. Forte. Vicino alla tazzina un bicchier d'acqua. Come si usa al Sud.
Su una panchina, a
notte, guardo un maggiaiolo seduto. Sta lì da solo. Quasi non partecipa alla
festa in piazza. Intuisco la sua stanchezza, la sua malinconia. Per tre giorni l’ho visto faticare
attorno agli alberi. Ora è finita. La festa è finita. La vita torna normale. La normalità di
Oliveto Lucano, paese solitario.
Oliveto Lucano, 12 agosto
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