giovedì 26 aprile 2012

Zeri/Il dilemma della neve


I faggi al passo dei Due Santi


Montagne fragili. Crinale dell’Appennino. Per tutta la mattina, non passa una sola macchina. Il tempo cambia come in una stagione tropicale. Pioggia a catinelle, sole improvviso, prati che risplendono, poi le nuvole si trasformano in nebbia. Venti freddi. Facile a dire: nessuno cura più i muretti, i canali delle acque, i bordi dei campi. La terra, abbandonata, frana. E porta via strade, pascoli, piccole massicciate. Un inverno dopo l’altro. Crolla il tetto di una cascina e nessuno lo rimetterà a posto. Terre lontane, quelle di Zeri. La gente della montagna vi si aggrappa. Qualcuno è tenace.

Il piazzale al passo dei Due Santi
Il villaggio al passo del Rastrello


Vado al passo dei Due Santi. Frontiera fra Toscana ed Emilia. L’asfalto finisce in un immenso piazzale deserto. Fra i faggi scende solo una strada bianca. Salgo verso una modernità che già è diventata abbandono. Anni ’70, altro secolo, quaranta anni fa. Tardo Novecento dell’Appennino. Allora, Zeri scommise su un’economia da turismo invernale. Sperava nell’eternità della neve. Il futuro era una stazione di sci a 1398 metri. Nessuno immaginava cambiamenti climatici. E così su questa frontiera vengono costruiti una seggiovia,  due skilift,  ottanta metri di tapis-roulant. E ancora: un ostello, un bar, un negozio di sci, un ristorante. Mi dicono: anche due campi da tennis. Viene asfaltato un piazzale da mille auto. Poi, non contenti, ecco un palaghiaccio (senza ghiaccio; usato, qualche anno fa, solo per una festa della birra), una vasca per produrre neve artificiale (mai funzionato). Il nome è da marketing di mezzo secoli fa: ZumZeri. Pista per famiglie. Per la gente del fondovalle. Per chi sale da Massa, da Spezia, da Parma. E poi si costruisce anche un villaggio di 152 case. Che qualcuno pensava anche di raddoppiare. Il villaggio Aracci è la frazione più grande del comune di Zeri, una sorta di condominio alpestre di villette deserte per lunghi mesi. Al vicino passo del Rastrello, crinale con la Liguria, si fa altrettanto: 52 villette di montagna.

Il cartello di benvenuto a ZumZeri



Il PalaZum, il palazzo del ghiaccio

L'interno del PalaZum


Salgo a ZumZeri. E trovo il cartello di benvenuto a pezzi. Il PalaZum, il palazzo del ghiaccio, è un grande capannone da area industriale sorto fra i faggi. Desolato e inutile. Funziona da deposito per i sedili delle seggiovia.
Quest’anno vi è stata neve per dieci giorni. Il ristorante e l’ostello hanno chiuso prima della fine dell’anno e nessuno ha mai più provato ad riaprirli. Sono da neorealismo gli scivoli abbandonati, i giochi per bambini immalinconiti, un cannone per la neve che sta arrugginendo, rottami sparsi come dopo un disastro. Saracinesche mal chiuse. Vetrate che lasciano intravede sale vuote. In questi mesi di primavera appenninica c’è aria di desolazione al passo dei Due Santi.

Cannone sparaneve
Il parco giochi di ZumZeri


Questa stazione da sci non avrebbe potuto nascere. Il crinale non era terra del demanio. Ma era ed è ‘proprietà collettiva gravata da usi civici’. E’ terra dei cittadini di Zeri. Non poteva essere venduta, né lottizzata. Forse, negli anni ’70, nessuno lo immaginava. La Regione Toscana ha atteso la fine degli anni ’80 per regolare gli usi civici. Nel frattempo lassù si era già costruito, venduto, affittato. La neve, allora, era un miraggio dorato. Per venti anni ZumZeri ha dato lavoro a sei persone. Raddoppiavano nei mesi invernali. Poi fallimenti su fallimenti. Cattive gestioni. Gare di concessione andate deserte. Milioni gettati al vento. Infine anche la neve si è stancata di cadere su queste montagne.

Oggi nella campagna elettorale per il sindaco (qui si vota il sei maggio come in Francia e in Grecia), i candidati si rifugiano in un buon proposito: ‘Rilanciare ZumZeri’. Nessuno, mi sembra, dice che cosa ne vuol fare del PalaZum. Solo per abbattere quanto di abusivo è stato costruito occorrono 70mila euro.

Le nuvole stanno salendo verso il crinale. Si sfilacciano in nebbia gelida. Sale una macchina dei carabinieri. La sola che ho visto passare. La modernità, qui, solitario crinale degli Appennini, ha lasciato i suoi detriti.
Zeri, 17 aprile

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