I faggi al passo dei Due Santi |
Montagne fragili. Crinale dell’Appennino. Per tutta la
mattina, non passa una sola macchina. Il tempo cambia come in una stagione
tropicale. Pioggia a catinelle, sole improvviso, prati che risplendono, poi le
nuvole si trasformano in nebbia. Venti freddi. Facile a dire: nessuno cura più
i muretti, i canali delle acque, i bordi dei campi. La terra, abbandonata,
frana. E porta via strade, pascoli, piccole massicciate. Un inverno dopo
l’altro. Crolla il tetto di una cascina e nessuno lo rimetterà a posto. Terre
lontane, quelle di Zeri. La gente della montagna vi si aggrappa. Qualcuno è tenace.
Il piazzale al passo dei Due Santi |
Il villaggio al passo del Rastrello |
Vado al passo dei Due Santi. Frontiera fra Toscana ed
Emilia. L’asfalto finisce in un immenso piazzale deserto. Fra i faggi scende
solo una strada bianca. Salgo verso una modernità che già è diventata
abbandono. Anni ’70, altro secolo, quaranta anni fa. Tardo Novecento dell’Appennino.
Allora, Zeri scommise su un’economia da turismo invernale. Sperava
nell’eternità della neve. Il futuro era una stazione di sci a 1398 metri.
Nessuno immaginava cambiamenti climatici. E così su questa frontiera vengono
costruiti una seggiovia, due skilift, ottanta metri di tapis-roulant. E ancora: un
ostello, un bar, un negozio di sci, un ristorante. Mi dicono: anche due campi da tennis. Viene asfaltato un piazzale
da mille auto. Poi, non contenti, ecco un palaghiaccio (senza ghiaccio; usato,
qualche anno fa, solo per una festa della birra), una vasca per produrre neve
artificiale (mai funzionato). Il nome è da marketing di mezzo secoli fa:
ZumZeri. Pista per famiglie. Per la gente del fondovalle. Per chi sale da
Massa, da Spezia, da Parma. E poi si costruisce anche un villaggio di 152 case.
Che qualcuno pensava anche di raddoppiare. Il villaggio Aracci è la frazione
più grande del comune di Zeri, una sorta di condominio alpestre di villette
deserte per lunghi mesi. Al vicino passo del Rastrello, crinale con la Liguria, si fa altrettanto: 52 villette di montagna.
Il cartello di benvenuto a ZumZeri |
Il PalaZum, il palazzo del ghiaccio |
L'interno del PalaZum |
Salgo a ZumZeri. E trovo il cartello di benvenuto a pezzi.
Il PalaZum, il palazzo del ghiaccio, è un grande capannone da area industriale sorto
fra i faggi. Desolato e inutile. Funziona da deposito per i sedili delle seggiovia.
Quest’anno vi è stata neve per dieci giorni. Il ristorante e
l’ostello hanno chiuso prima della fine dell’anno e nessuno ha mai più provato
ad riaprirli. Sono da neorealismo gli scivoli abbandonati, i giochi per bambini
immalinconiti, un cannone per la neve che sta arrugginendo, rottami sparsi come
dopo un disastro. Saracinesche mal chiuse. Vetrate che lasciano intravede sale vuote.
In questi mesi di primavera appenninica c’è aria di desolazione al passo dei
Due Santi.
Cannone sparaneve |
Il parco giochi di ZumZeri |
Questa stazione da sci non avrebbe potuto nascere. Il
crinale non era terra del demanio. Ma era ed è ‘proprietà collettiva gravata da usi
civici’. E’ terra dei cittadini di Zeri. Non poteva essere venduta, né lottizzata.
Forse, negli anni ’70, nessuno lo immaginava. La Regione Toscana ha atteso la
fine degli anni ’80 per regolare gli usi civici. Nel frattempo lassù si era già costruito, venduto, affittato. La neve, allora, era un miraggio dorato. Per venti anni ZumZeri ha dato
lavoro a sei persone. Raddoppiavano nei mesi invernali. Poi fallimenti su
fallimenti. Cattive gestioni. Gare di concessione andate deserte. Milioni
gettati al vento. Infine anche la neve si è stancata di cadere su queste
montagne.
Oggi nella campagna elettorale per il sindaco (qui si vota il
sei maggio come in Francia e in Grecia), i candidati si rifugiano in un buon
proposito: ‘Rilanciare ZumZeri’. Nessuno, mi sembra, dice che cosa ne vuol fare
del PalaZum. Solo per abbattere quanto di abusivo è stato costruito occorrono
70mila euro.
Le nuvole stanno salendo verso il crinale. Si sfilacciano in nebbia gelida. Sale una macchina dei carabinieri. La sola che ho visto passare. La modernità, qui,
solitario crinale degli Appennini, ha lasciato i suoi detriti.
Zeri, 17 aprile
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