Qualcuno, in un ufficio protetto dai gas di scarico delle auto di Addis Abeba, avrà una mappa della nuova geografia della modernità agro-industriale dell’Etiopia? Chi conosce quanta terra è passata di mano in questi ultimi anni? Immensi movimenti di popolazioni, migliaia e migliaia di ettari diventati territorio di compagnie indiane, cinesi, canadesi, saudite.
Non c’è società civile, non ci sono forze locali. Caro Latouche, dimenticati la società vernacolare. A pelle di leopardo il grande business (da cui l’Occidente appare escluso) costruisce una nuova carta geografica e fa migrare le popolazioni con un’efficacia che era sconosciuta alla ferocia della tirannia di Menghistu, padrone rosso dell’Etiopia trent’anni fa.
Dodicimila operai nei nuovi condomini di Asayita, terra afar, ai confini di Gibuti. Migliaia di braccianti amhara e tigrini a raccogliere canna da zucchero. Etanolo, nuova energia. Altri saranno lungo le sponde dei nuovi laghi che sommergeranno territori dell’Omo. E poi il sesamo a Humera. Avete presente Humera? Vertice di un rettangolo fra Sudan, Etiopia ed Eritrea. Ci sono stato tanti anni fa ed era una terra desolata. Oggi, quante migliaia e migliaia di persone sono arrivate a Humera dal Wollo? A morire di malaria. Dormono nei campi del sesamo. E poi ci sono i militari. E i campi delle prostitute. Ancora: cammelli destinati allo Yemen. Allevati dagli afar in terre oromo. Migliaia e migliaia di cammelli destinati a varcare il mar Rosso. E poi i trecentomila ettari comprati e affittati dagli indiani nelle paludi di Gambela. Zanzare e malarie per chi raccoglierà cereali, riso e thè. Fiori nella Rift Valley. Gente venuta dall’Olanda, ma soprattutto da Bengalore. Con i loro veleni e la nostra festa di san Valentino. Panorama di serre lungo i valloni che, milioni di anni fa, videro camminare gli ominidi. Che altro? Il potassio dei canadesi e degli indiani nella fossa della Dancalia più dura. Quasi mille persone (e le trivellazioni non sono ancora cominciate) scese dal Tigray e dall’Amahara in una fornace da demolire per fertilizzare i suoli delle agricolture intensive. E cosa dicono i canadesi? Che non c’è niente che abbia valore ambientale in quel deserto.
Qualcuno ha una mappa dei Grandi Progetti in Etiopia? Qualcuno sa immaginare il futuro di questa Africa?
Addis Abeba, 9 marzo
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