L'ingresso a Yavi |
Le nuvole appaiono più vicine. La luna appare più vicina. L’aria è di cristallo e solitudine. Sono spariti gli alberi, poche piante resistono ai venti, al freddo e alla aridità della Puna. Altopiani fra i tremila e quattromila metri. Ana, autista delle Ande, e il suo scassato pulmino ci portano fino a Yavi, l’ultimo paese dell’Argentina. Terra celebre: resistenza indigena contro gli Spagnoli, marchesato importante nelle gerarchie coloniali, regione di ottocenteschi conflitti tragici per la terra. Da qui, nel 1946, partì una marcia di 174 indigeni fino a Buenos Aires per rivendicare diritti sulle terre comunitarie. Ha aspettato per decenni la gente di Yavi prima di ottenere il riconoscimento alla proprietà delle loro terre.
Ombra nella notte |
Il treno fra l’Argentina e la Bolivia , agli inizi del ‘900, ha segnato la condanna di Yavi. Fino ad allora era crocicchio strategico dei cammini fra il Perù., la Bolivia e l’Argentina. Le case di Yavi sono i fango e terra battuta, sono sdraiate su questo deserto di alta quota per non fornire appigli al vento. Nessuno è per strada. E’ estraniante, Yavi. Qualche ombra avvolta in uno scialle appare e scompare. Il vento muove mulinelli di polvere. Una macchina malridotta. Cani trotterellano vicino ai muri. Le porte sembrano chiuse: il mondo è là dietro. Basta avvicinarsi, poggiare la mano sulla maniglia e scoprire che nessuno chiude le porte. Ma bisognerebbe essere nati a queste altezze per poterlo fare. Saper interpretare i silenzi assoluti. Solo gli ubriachi, seduti ai tavolini delle botteghe, parlano e sbandano. Due ragazzi rasta hanno aperto un hostal. Cucinano piatti prelibati, giocano a scacchi e dadi e mettono musica rock di altri tempi e dolcissimi tango. Mi appaiono come due marziani. Marisol, giovane donna, ci accompagna per la Puna , in cerca di pitture rupestri. Dona Costantina ci mostra una libreria popolare eccezionale. La chiesa ha altari barocchi e finestre protette da lastre di onice.
La Puna di Yavi |
Guardo le ombre addossate ai muri. Nessun bambino ci corre dietro. Marisol mi dice che ci sono state lunghissime riunioni per decidere che atteggiamento avere verso il turismo arrivato a questa altezza sette anni fa. Le apertura sono incerte, caute, diffidenti. Eppure tutti intuiscono che è l’unica economia in movimento di queste solitudini. Sono ragazzi delle città più lontane ad aprire strani locali alternativi.
Le ombre continuano a passeggiare addossati ai muri di fango. Non c’è un solo rumore attorno. Terra del silenzio.
Yavi, 25 ottobre
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