Una cronaca banale. Accadono cose nella banalità?
Ha importanza che questo viaggio sia verso Sud?
La ricerca di un lavoro a San Casciano |
Ore 12.05.
Piazza della Stazione
di San Casciano.
Pensilina della corriera.
Un ragazzo nero. Forse nigeriano. Con il suo fagotto e le
sue ore passate a cercare di vendere a chi parcheggia in questa piazza. Sale assieme a me. Si rifugia in un Ipod.
Autobus Sita per Firenze |
Sul bus, alcuni ragazzi. Altri giovani neri. Tutti con le
cuffie. Tutti in silenzio. Non mi accorgo del viaggio.
Fa caldo. Sono troppo vestito.
(prezzo del biglietto: euro 2,80. Quaranta minuti)
Stazione di Firenze. Le due famiglie |
Ore 13
Treno per Pisa.
Antropologia della stazione. Conosco i mendicanti, le donne
rom che giocano a guardie e ladri con gli azzimati controllori delle Frecce. Conosco chi cerca di vendermi una copia di 'Fuori binario'. Mi accorgo che la stazione di Firenze è povera di luce.
So che non c’è più una sala d’attesa. Solo chi ha il
privilegio di far parte di un club ha diritto a sedersi al caldo. Gli altri vagano.
La stazioni sono il popolo.
Il passeggero solitario del treno per Pisa |
Nel mio vagone, il primo del treno per Pisa, c’è un solo passeggero.
E’ un treno diretto. Non fa fermate. Il pavimento è bagnato di straccio
maldato. L’uomo ha l’aria del professore o, forse, del creativo. Legge
Repubblica. Mi accorgo di non aver sentito almeno due telefonate. Non ricordo
il paesaggio. Nemmeno una parola in questo viaggio. No, forse il controllore è passato.
(prezzo: euro 7.80. Un’ora)
Gli ippopotami all'aeroporto di Pisa |
Ore 14.
Aeroporto di Pisa.
Adesso devo aspettare. Cambia l’antropologia del popolo in
un aeroporto. Nonostante i voli low-cost, qui sei in un altro universo. C’è
eleganza, qui. Ci sono ragazze che cercano di venderti contratti telefonici,
altre che vogliono proteggerti la valigia. La gente è più bella. Più gentile.
Manda buoni odori. C’è la pubblicità. Ci sono i negozi. Il cibo di plastica a
caro prezzo, ma dall’aria che attira. Ci sono i precari che stanno a fare i
venditori. Le ragazze con i tacchi e un cartellino plastificato appeso al collo.
Scatto una foto agli ippopotami di pietra che stanno fuori
dell’aerostazione. Mi piacciono questi ippopotami.
Ascolto Elena, ragazza dei telefoni, che confessa: ‘Non sono
motivata, non riesco a vendere’. Appare sconsolata. Torna al suo posto dietro al banco luccicante di display.
Quanto guadagni all'ora, Elena?
Attesa a Pisa |
Passo i controlli con il mio eccesso di peso nascosto nelle
tasche del gilet.
E all’improvviso un nuovo cambio di antropologie. Dopo il check-in, appare il
Sud. Le donne di mezza età dall’aria disorientata, l’aereo, anche se è la
millesima volta che lo prendono, non è terra loro. Le coppie con bambino che
già fa di tutto per rendersi insopportabile. Il loro matrimonio è già segnato
dal senso di quella che a me (solo a me, per carità) appare noia, abitudine,
decoro e senso comune. Ci sono gli uomini corpulenti. Gli uomini dell’Est con
computer. Manager di second’ordine che trattano metalli e pesce fin al momento
di salire sull’aereo. C’è perfino una turista con l’aria da turista. Operai in
trasferta. Pendolari dell’aereo. La ragazza che ha un’emergenza e deve correre
a casa e ha pagato 271 euro questo volo e sa che io ho pagato 63 euro. I
professori di università che si fanno una gavetta a Catania. Gli uomini con il
naso da bevitori di vino.
Sulla scaletta mi chiama G.. ‘Sto per salire in aereo’. ‘Vai
in Messico?’. Perché dici ‘Messico’? Cosa sai tu del Messico?
A bordo dormo, leggo di Tina, poi c’è il tramonto che solo
dal cielo può essere visto. Il bambino continua a essere degno di Erode. La
madre non riuscirà mai a domarlo. Il padre è massiccio e incapace. Cerco di
immaginarmi questi due a letto. Cerco di immaginarmeli al tempo del
corteggiamento di paese. Ho pensieri ingiusti.
L’aereo è veloce. Arriva con forte anticipo.
(prezzo: euro 63,55. Un ora e cinque minuti di volo)
Attesa a Catania |
Geometrie involontarie |
Diversità. I suoi fuseaux, le sue mani |
Aeroporto di Catania
Altra attesa.
Siamo in due, bassi, accanto a una Cucinotta siciliana. Alta, bella, troppo
sfarzosa, giovane. Fuseaux neri, attilati, mettono in mostra la forza delle sue
gambe. Parla al telefono e dice: ‘Se penso a lui, penso a quanto mi fa schifo’.
Ma le sua labbra hanno un sorriso. Io sono alla sua sinistra, il ragazzo alla
sua destra. Entrambi facciamo finta di non guardarla. Di non esserne
affascinati.
Scappa via con la sua valigia celeste. E un uomo come si
deve (ha l’aria dell’uomo come si deve) l’attende là fuori. Si sfiorano le
guance.
‘Hai una sigaretta’, è la prima parola che sento. Ma
risponde l’uomo accanto a me. Risponde con una rabbia inutile: ‘Non ce le ho
più’. Il ragazzo rom se ne va. Le mani nelle tasche del suo giubbotto sporco.
Non riesco a fotografare gli altri che aspettano |
Aspetto il bus della Sais.
Ci sono i fuochi di artificio. Se ne sentono i botti.
‘Qualcuno va a Caltagirone?’, chiede un uomo dall’aria da
pubblicitario. Nessuno risponde.
Un uomo basso è appena tornato da oltreoceano. E’ un anno
che non viene. E ora non sa cosa fare. Passa il suo tempo al telefono. Ha una
voce chioccia. Telefona a una ragazza. ‘Ti sei fidanzata?’. Poi la invita a
vedere Milan-Inter. ‘Ti faccio conoscere El-Sharawy’. No, lei non accetta
l’invito. L’uomo telefona ancora. Cerca appigli, ragioni per essere qua. Ha
atteso per mesi questo momento e ora, ora che è qui, vorrebbe non essere mai venuto. Mi pare preso da panico e adrenalina assieme. Si sente solo. Parla,
parla con velocità. E poi riattacca e si guarda attorno con desolazione.
Chiede: ‘Ma un tempo il bus non fermava dall’altra parte?’. Non so cosa
rispondere. Sto in silenzio. Un uomo grasso dice: 'Sì, hanno cambiato'.
Salgo sull’autobus per Messina.
Una donna di lingua slava parla per tutto il viaggio al
cellulare. E’ la sola voce di questo viaggio nella notte della Sicilia.
Dopo un po’ vedo le luci della Calabria. So che questo
paesaggio è bello. Cerco di leggere Tina nel buio della corriera.
Noto che gli uomini davanti a me hanno tutti la testa rasata
e i colli potenti.
(prezzo: euro 9,80. Un'ora e venti minuti)
Sole dell'inverno sui laghi di Ganzirri e sullo stretto |
Ecco, fermata di Boccetta. Le strade dritte e in discesa di Messina. Scendo. Ringrazio il giovane
autista. Ecco, finito. Ciccio è qui. Dimentico. Un abbraccio. Indulgenza per il
nostro passato. Non avrei mai scommesso che l’avrei rivisto.
In macchina, verso Ganzirri, ci raccontiamo la nostra vita
in dieci frasi. Non ci diciamo tutta la
verità.
Ganzirri, primo giorno
di febbraio
Nessun commento:
Posta un commento