Soldati eritrei (fronte di Adi Kwala, 2000) |
Strano mondo, quello del web. E' come se si inseguissero fantasmi.
Per un giorno, lunedì 21
gennaio, gli occhi di chi ha a cuore i destini di un piccolo paese del Corno
d’Africa, l’Eritrea, hanno inseguito blog, tweet, siti di informazione. Ognuno
copiava l’altro o rimbalzava notizie incerte. Era un andirivieni di voci: colpo
di stato ad Asmara, arrestato il presidente Isaias Afewerki, cento soldati e
due carri armati avevano circondato il palazzo del ministero dell’informazione.
Si accendevano le speranze di chi sogna una nuova, possibile libertà per
l’Eritrea. Auspicio frustrato: la ribellione di quei soldati, se così è stata,
si è arresa dopo poche ore. La televisione di stato, avverte la Bbc, in mancanza di altre notizie, ha ripreso a trasmettere, come se niente fosse accaduto, un episodio di X-Files.
Questa è stata la guerra fra Etiopia ed Eritrea. Fronte di Adi Kwala, dodici anni fa |
Da otto anni non ci sono più corrispondenti di giornali
stranieri in Eritrea. Da undici anni non c’è più una sola voce indipendente ad
Asmara. I blogger sono universo sconosciuto nella capitale dell'Eritrea. A quanto pare non ci sono (o è troppo pericoloso usare) nemmeno cellulari con i quali rimandare immagini rubate nelle strade. Non c'è una sola foto dell'ammutinamento di quei cento soldati. Non stupitevi: raccontano che, in Eritrea, sono almeno diecimila i prigionieri politici (altre fonti dicono che sono cinquemila). Storie
normali di tirannia.
Interpretazioni del sollevamento militare: malcontento di
alcuni battaglioni (i soldati ribelli sarebbero stati guidati da Saleh Osman,
uno degli ‘eroi’ della guerra contro l’Etiopia del 1998. Oppure: dietro l'ammutinamento c'è il potente generale Filipos, estromesso dal potere lo scorso novembre), la presunta malattia
di Isaias Afewerki e, come conseguenza, uno scontro fra i
militari che si candidano alla sua successione. Oppure la resa dei conti fra
diversi fazioni del partito unico eritreo e dell'esercito. Tutto possibile. Tutto vero. Tutto falso.
Asmara |
Certamente, qualcosa sta accadendo ad Asmara. Il regime non
appare più così monolitico. Le defezioni si moltiplicano. Alle Olimpiadi di
Londra è fuggito perfino il portabandiera degli atleti eritrei. A dicembre la
squadra nazionale di calcio (sedici calciatori appena sconfitti dal Ruanda) non è tornata ad Asmara dopo una trasferta in Uganda. Da
cinque mesi mancano notizie di uno dei fedelissimi di Isaias: il ministro
dell’informazione Alì Abdu non appare più in pubblico. Voci insistenti lo danno
in Canada. Avrebbe chiesto rifugio e protezione. I suoi familiari sarebbero agli arresti. I media del regime smentiscono.
Hailemarian Desalegn (da www.diretube.com) |
E ancora: a dicembre, il primo ministro etiopico,
Hailemariam Desalegn, ammise apertamente, di fronte ai microfoni di al-Jazeera,
prima volta di un leader di Addis Abeba, di essere disponibile ad andare ad
Asmara per incontrare Isaias Afewerki. Da mesi, in Etiopia, circolano voci di
trattative fra i due paesi nemici. Ad Asmara, è probabile, che il potere
scricchioli fra chi vuole cogliere questa occasione e i fautori della linea
dura.
Nevsun a Bisha, miniera di oro e potassio in Eritrea |
E poi vi è l’oro e il potasso. I canadesi della Nevsun
Resources possiedono il 60% della miniera di Bisha, nel Nord-Ovest del paese. Bisha è considerata fra le più
promettenti miniere (oro e rame) del mondo. La commercializzazione dell’oro
eritreo, cominciata nel 2011, ha fatto compiere un balzo dell’8% al devastato pil di
Asmara. Le azioni della Nevsun hanno perso quasi il 10% alla notizia del colpo
di stato di lunedì. Immediato un tranquillizzante comunicato della
multinazionale mineraria: 'Il nostro lavoro continua normalmente'. La Nevsun sta cercando oro anche in Tigray, regione
del Nord dell’Etiopia. Ci sono, dunque, geologi e prospectors canadesi di qua e di là delle frontiere. Gli azionisti
della Nevsun vogliono un’intesa fra Addis Abeba ed Asmara.
Operai dell'Ethio-Potash nella Piana del Sale in Dancalia |
E la vogliono anche altri canadesi. I padroni dell'Allana Potash, a esempio. Quest’anno, questa compagnia mineraria comincerà
seriamente a estrarre potassio nei deserti della Dancalia. E’ un grande
giacimento. Con un problema ancora apparentemente irrisolto: da dove portar via il potassio? Il mar
Rosso è a un passo dal confine con l’Etiopia. Appena sessanta chilometri. E' la via più diretta, la stessa usata dagli italiani quasi un secolo fa. Perché andare fino alla lontana Gibuti a caricare le navi del potassio? I
canadesi, credo, vogliono che Isaias Afewerki se ne vada, che l'Eritrea apra le sue frontiere, che la guerra-non guerra con l'Etiopia finisca. L'Allana Potash vuole la pace fra Asmara e Addis Abeba in nome dei soldi che loro sono disposti a versare nelle
casse dei due paesi. E, forse, qualcuno ad Asmara non è indifferente a questo richiamo. Come non lo è ad Addis Abeba.
San Casciano in Val di Pesa, 23 gennaio
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