venerdì 8 febbraio 2013

Il mistero del pesce spada



Il mare di inverno a Ganzirri

Ho scritto un articolo sulla caccia al pesce spada. Questa storia mi ha preso con una lentezza che conosco. Non ho ‘giusta distanza’ rispetto alle storie. A nessuna storia. Tantomeno a questa. Ho scritto un articolo che deve ancora essere pubblicato. Non posso ricopiare. Credo già di infrangere le regole, pubblicando queste righe. Ma so che da oggi pomeriggio dimenticherò. Le storie durano i giorni del mio articolo. Ora mi occuperò di altro. Di alberi in Lucania. Non voglio dimenticare. Ma così accadrà.

Affresco sulla coperta della Simona, la barca degli Arena

Nessuno sa perché i pesce spada cambiano le loro abitudini nello Stretto di Messina e nei mari vicini. Non ha predatori il pesce spada. L’unico suo vero nemico è l’uomo. Che, da millenni, lo caccia.
Il pesca spada sa di essere al sicuro (non è vero: l’uomo è stato capace di affondare reti pericolose nel suo mare) nelle profondità del Mediterraneo. Solo a notte riemerge in cerca di cibo. Sa che i pescatori non amano la notte. Sa che le ore del buio, appartengono solo a lui.

Nino Arena, Imperatore dello Stretto, insegna a tirare l'arpione

Ma poi arriva la stagione degli amori. E l’amore fa cambiare i propri giorni. L’amore non rassicura. Fa correre rischi. I pesce spada perdono la testa. Lasciano la sicurezza del Tirreno e seguono le correnti che conducono nello Stretto di Messina. Là c’è cibo, là è possibile amarsi. Il maschio sfrega il ventre della femmina. Un vecchio medico mi ha detto che il suo gorgoglio è simile a quello che ascoltò, nelle foreste del Guatemala, durante i corteggiamenti degli uccelli del paradiso. Il maschio feconda le uova. In questi giorni, i pesci sono pazzi di felicità. Dimenticano regole di prudenza. Vengono a galla anche durante il giorno, afferrano correnti che li riporteranno verso il mare aperto. Sono distratti, inebriati, gioiosi. ‘Giocherellano’, mi dicono. Nuotano in cerchi, si avvicinano alla costa, a volte si azzardano a saltare fuori dall’acqua.

Nino Donato, e un frammento della sua barca demolita due anni fa

I cacciatori di Ganzirri, paese di pescatori sull’estrema punta orientale dell’isola, lo sanno. E, allora, aspettano i pesci, tendono agguati alla felicità. Questa pesca è una pazzia. Le loro barche sono assurde: chiglia quasi piatta, affilata, un traliccio alto oltre trenta metri al centro della coperta. Lassù sta la ‘vedetta’, l’’ntennere, l’uomo che, per ore e ore, scruta il mare per cercare il pesce. Questo stesso uomo guida la barca da quel cielo privo di vertigini. Una passerella allunga la prua della feluca di oltre cinquanta metri. E’ come se la barca stessa avesse una spada. In cima alla passerella sta il cacciatore con il suo arpione. Sarà lui a sferrare il colpo mortale. Sono guerrieri del mare, questi pescatori. La caccia è un’epica. Una storia di amore e morte.

La bellezza di Ganzirri

Bisogna colpire la femmina. E’ grossa almeno il doppio del maschio. L’arpioniere deve uccidere la femmina. Il maschio non può vivere senza di lei. Impazzirà di dolore. Non fuggirà. Girerà in cerchio attorno alla barca. La cerca con affanno e paura. Sa che morirà. Non vuole vivere. Offre la sua schiena all’arpione del cacciatore.
La femmina non farebbe altrettanto. Se fosse il maschio a essere colpito, lei fuggirebbe. Con tutta la velocità che ha nelle pinne. Nessuno potrebbe riprenderla. Lei non avrebbe dubbi. Scapperebbe lontano dal quel mare della sua breve felicità.

Il traliccio, la 'ntenna

I biologi marini non sanno spiegarsi questi comportamenti. Non ci sono ragioni scientifiche. Sanno che è vero: così accade. Da sempre e per sempre.

La riviera messinese. Qui il pesce si avvicina alla costa

Ma, una volta, una sola volta, Teresa, donna nata di fronte a questo mare, ha visto accadere qualcosa di straordinario. Il maschio ebbe un’incertezza. La compagna di una stagione era stata colpita, issata a bordo. Era scomparsa. Lui, sconvolto, si avvicinò la barca. L’arpioniere alzò la sua arma. Prese la mira, caricò il braccio. Il pesce scartò di lato all’improvviso. Danzò nell’acqua. Oscillò. L’uomo esitò, non tirò. Il pesce si voltò con un movimento brusco e bellissimo. Disegnò un arco di schiuma. Ruotò. Scappò via con addosso la sua bellezza e il suo dolore. Teresa ebbe un fremito di felicità.

Ho immaginato che anche l’arpioniere sia rimasto incantato da questa fuga. Il pesce infrangeva la regola. L’uomo appoggiò l’arpione alla spalla e rimase senza parole. Ci fu silenzio, per un momento, nelle acque dello Stretto di Messina. 
Matera, 7 di febbraio

L'articolo uscirà a primavera. Uno speciale del Touring Club sulla Sicilia.

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