Livorno è una meraviglia in un’alba di ghiaccio
Incerto. Un’ora per uscire da Livorno. Tornare indietro? Vago per una Toscana gelata. Chiusa la superstrada, dirottato su Cascina, una strada lungo un canale, dritto per Altopascio. A dieci all’ora. Il paesaggio di una bellezza irrimediabile. Il sole è magnifico. Code di camion a ogni svincolo. Ingorghi che si aggrovigliano attorno alle rotonde. Arroganza dei Suv.
Una mano si allunga fuori dal finestrino di un camion. Da quante ore cerchi una via di uscita? Un uomo con i baffi senza dire una sola parola. Uno sbuffo del respiro che si congela nell’aria. L’uomo ha un’arancia in mano e la porge a un altro camionista. Un lampo di colore nel bianco e nero del paesaggio. Scambio di gentilezza a mezz’aria. Fra due pachidermi.
A metà pomeriggio arrivo a Firenze. Come se fosse stata bombardata. Almeno nella periferia. Camioncini sbandati, auto in bilico sul bordo della strada, vesponi abbandonati sulle salite del Ponte all’Indiano, pezzi di parafanghi disseminati sull’asfalto, scheletri di catene saltate. Eppure, la città sgangherata sembra percorsa da un soprassalto di vitalità. La gente si incontra, ha cercato rifugio, ospitalità, riscoperte vecchie amicizie. Si è regalata tempo. Ha dormito in altre case, ha ritrovato la dimensione di una solidarietà. Uno dice: ‘Sono tornato a casa a piedi e incontrato persone che non vedevo da dieci anni. Mi ero dimenticato che vivevano a due passi da me’.
Lo scorso anno, in questi stessi giorni, un’altra nevicata inchiodò l’Italia. Allora ero in treno e impiegai mille ore per raggiungere Roma da Firenze. La neve, questa poca neve di ieri, venerdì 17 dicembre, potrebbe ricordarci che non tutto ci è concesso. Che ci sono dei limiti alla nostra potenza sulla natura.
Firenze, 18 dicembre
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